infinito (2018) Painting by Davide Romano'

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This artwork appears in 3 collections
  • Original Artwork Painting,
  • Dimensions Height 23.6in, Width 47.2in
Hai mai visto l’infinito? E’ laggiù, dove il mio sguardo sfuma, dove il cielo entra nel mare e sfuoca. E’ nella brezza che arriva da non so quale motivo con una strana musica suonata dall’orchestra del silenzio, e scompiglia i pensieri, come capelli. E’ una macchina  che passa tra la terra brulla sulla lingua[...]
Hai mai visto l’infinito?
E’ laggiù, dove il mio sguardo sfuma,
dove il cielo entra nel mare e sfuoca.
E’ nella brezza che arriva da non so quale motivo
con una strana musica suonata dall’orchestra del silenzio,
e scompiglia i pensieri, come capelli.
E’ una macchina 
che passa tra la terra brulla sulla lingua d’asfalto l’unica, cosa qui,
capace di ricordami, dove appoggiare i piedi. 
Passa e va ignarando di sfiorare dove abita dio, 
chiuso nel verde che compare qua e la,
chiuso in una casetta bianca arrampicata sulla montagna,
in una chiesa, 
in un comignolo blu, 
in un battito d’ali di gabbiano che apre e chiude
apre e chiude
e respira respira
e respiro.
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Mi guardo allo specchio ogni mattina, la mia immagine non ritarda mai, è lì ogni volta, mi aspetta, simile ma ben diversa dalla proiezione della mia mente. In fondo anche lei mente ogni volta: quella forma[...]

Mi guardo allo specchio ogni mattina, la mia immagine non ritarda mai, è lì ogni volta, mi aspetta, simile ma ben diversa dalla proiezione della mia mente. In fondo anche lei mente ogni volta: quella forma di luce riflessa è già persa, ma non me ne accorgo. Il tempo in fondo è un sogno.

Ogni volta scrivo e anche se dal vero traballo, fisso me su un foglio. Un po’ mi vergogno di quella sfumatura che solo lì esiste. E’ così, da quanto ho ammesso di essere fragile, da quando, da ogni cosa, mi accorgo, di starne sempre un po’ fuori, ma non è facile gestire quella parte di me che non sa semplicemente riflettere la luce, la trattiene, la lavora, la consola e la restituisce non in forma ma in parola.

Poche sono le cose che so ben spiegare, provo ad arrangiarmi, a gestirmi e forse son diventato bravo a mentirmi, per poter respirare, galleggio per ben qui stare.

Fisso lo specchio per trovare la ruga che fa nascere tutto questo, son diverso? Non credo. Perverso? Solo a volte spero. Bugiardo? Più che con gli altri, con me stesso, e questo è un mistero.

Dove nasce allora la voglia di raccontarsi su un foglio o su una tela, spogliarsi quasi ogni sera, non sono disperato, forse delicato, come il respiro, come quando arrivo al cuore e mi sento vivo.

Vorrei lasciarti senza fiato perchè è così che mi sento.

Davide Romanò

nato a Cantù il 05 agosto 1981

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