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Luigi Torre

Back to list Added Dec 15, 2007

Retrospettiva dell'artista

Una vita d’artista.
Retrospettiva di Luigi Nicola Torre.

Immaginate un bambino dotato di talento artistico: vive negli anni cinquanta e sui banchi di scuola scopre l’amore per l’arte; non frequenta accademie ne’ gallerie ma, nel tempo, da autodidatta vanterà una copiosa produzione .
Nasce nell’arte informale , si evolve nell’arte ecologica, si amplia nell’arte materica, si consolida nella trans-avanguardia .
In mostra permanente, sul web, le opere realizzate con tecnica mista, sembrano pagine del racconto della sua vita descritte con sensibilità moderne che illustrano i moti dell’animo senza nulla nascondere all’occhio dello spettatore. Dalle sue tele si intuisce quanto grande sia il mondo nel quale l’artista non mette ordine ma distingue le parti salienti.
Quando si accinge a dipingere, il quadro è potenza” in fieri”rivelatrice di chi cerca il sole nelle tinte forti o esprime inquietudine nelle campiture violente, prim’ancora di anelare alla spiritualità con atmosfere rarefatte ed estetica. Senza pretesa artistica o estetica diventa un capolavoro.
La teoria che discende dalla filosofia dell’arte contemporanea induce il nostro artista a privilegiare tematiche della tradizione figurativa e ad elaborare un linguaggio pittorico nuovo, seppur riconducibile al “già visto”. Ritrae alberi, cespugli , fiori, paesaggi, nature morte e icone sacre: non c’è nulla di egocentrico nella sua opera, solo contemplazione dell’incanto della vita nella sua infinita mutevolezza secondo cui ogni elemento del creato ha in sé la scintilla dell’universale. L’uso magistrale della tecnica policroma è talento elaborato “en plein air” o sfumato.

Il suo percorso espositivo si apre con un vero e proprio giardino e si snoda, con un sottofondo di suoni e rumori della natura, in diverse sezioni dedicate all’immanente e al trascendente.
Una sezione a parte testimonia l’influsso che l’artista ha sull’immaginario dei fotografi, dal taglio delle inquadrature alla scelta dei luoghi resi famosi da scatti spontanei. In questa lezione l’universo resta muto se interrogato con mente logica; può trovare risposte solo aprendosi all’infinita bellezza della natura e sentirsene parte. Torre considera aberranti i paesaggi alla moda: non è tempo di schiamazzi ma di pace, quella che trasmettono paesaggi bucolici o agresti veicolando un naturalismo che usa l’arte per trasformare le emozioni in colore e immagini.
Grande impatto emotivo offrono le proiezioni della felicità, che accolgono lo spettatore in un habitat nuovo ma antico: dotato di un eccezionale senso visivo riesce a liberare la tela dai rigidi schemi del formalismo classico in una rappresentazione erudita di richiami filosofici così da essere concepito nel suo aspetto migliore. Eliminato ogni richiamo superfluo, l’artista tende ad una rigorosa essenzialità che si sviluppa gradualmente in piccoli capolavori d’arte in mostra permanente.

IL VEDUTISMO raggiunge in lui un’estensione senza precedenti: il borgo e la campagna continuano ad essere le mete preferite del suo percorso: l’opera di Torre si qualifica come momento di sintesi e di passaggio tra maniera tradizionale e ipotesi futura.
Alle vedute legate alla tradizione, condotte, spesso, in materia cromatica ricca e pastosa alterna vedute di maggior adesione allo spettacolo urbano, in accordo perfetto tra architettura e natura, che gli permettono di sfruttare anche le capacità di scenografo.
L’occhio penetra nel paesaggio fissando il continuo variare degli effetti cromatici e talvolta ne amplifica la visione con esiti di grandiosità che, improvvisamente, si miniaturizzano nella restituzione di elementi risolti in interventi astratti.
Descrive, con dovizia di particolari, gli scorci paesaggistici ed impiega la camera ottica con estrema monumentalità; nel rappresentare le residenze rurali, affina la capacità stilistica che raggiunge una straordinaria sintesi formale: la connotazione della parte contrapposta alla stesura di campiture, stravolge persino il rapporto prospettico con risultati sorprendenti.

LA RITRATTISTICA indaga la specie umana, maschile e femminile, poichè per lui bellezza o bruttezza significano “etica”. Quanto alla scelta dei soggetti, egli accetta persone che siano degne del ritratto e preferisce ispirarsi a canoni estetici classici. L’età anagrafica non conta, vale il messaggio che sprigiona l’umanità di ciascuno: l’ espressione del volto e la nobiltà d’animo , le pose pudiche e benevoli, l’incarnato pallido o sfumato nella tavolozza dei colori tenui, l’acconciatura raccolta o libera, il neo o le efelidi, la corporatura ricurva o eretta, la libertà dell’abbigliamento, propugnando quel nuovo realismo che si sta diffondendo in questo secolo.
Le composizioni , a volte, sfuggono alle ombre ed i soggetti sono avvolti da luce ferma. Preziosi fasci luminosi identificano le superfici investigate con attenzione al particolare, lasciando da parte orpelli che distruggerebbero un formula già scontata. Così il temperamento dell’artista trova nel pennello il mezzo espressivo più idoneo a collegare la fisiognomica classica all’espressività dei tempi moderni, memore della “lectio magistralis” di insigni pittori italiani.

L’ICONOGRAFIA SACRA investe il ciclo religioso ed affronta il tema del cristianesimo.
Il messaggio si concentra su figure costruite con resa chiaroscurale che dà mordente all’immagine mediante accentuazioni fisiche, tali da attribuire spessore reale al contesto e si consolida con un tono di pateticità reso ancor più drammatico dall’impostazione monumentale del Cristo sulle figure-sfondo.
L’atmosfera solenne è quella della “pittura di storia” di grande levatura e fascino: ritroviamo le sagome allungate e atteggiate in sinuosità prima di arrivare al più marcato plasticismo del corpo e notiamo la consistenza del panneggio delle vesti dismesse sull’addome, che avvicinano il nostro artista ai pittori del periodo gotico-trecentesco. Ma, in realtà c’è molta fede e adorazione che rendono il prodotto unico, autentico e personale.

Non va sottaciuta, a questo punto, la CONTAMINAZIONE MATERICA.
L’apertura all’informale da parte del nostro artista presenta caratteri comuni ai pittori che vantano una febbrile attività nella metà del secolo scorso. Ma, Torre, sarebbe da collocare in un “ultimo naturalismo”, appendice dei suoi primordiali lavori ovvero in un ambito di rappresentazione finale della natura in decomposizione, laddove essa si disfa delle convenzioni e perde i suoi segni originari.
Egli è ben consapevole che “la ragione non crea” e che l’estro si dispiega sullo spazio della tela e nel tempo dell’azione ; quindi si avvale dell’uso di materiali impalpabili o di residui di sostanze che nel loro silenzio, spesso, parlano del cambiamento dell’artista il quale si cimenta in nuove esperienze pittoriche.
In tale ottica, la personalità poliedrica del Torre e il patrimonio culturale diventano aspetti importanti di happening : in un contesto GLO-CALE si crea e si fruisce il messaggio del “pensare globale” ed “agire locale”.
E’ l’auspicio di solidarietà che consegna agli spettatori, suoi attenti critici. Ma, al di là dei giudizi di merito, egli attende l’attribuzione di expertise con una duplice valenza: da un lato la valorizzazione dell’ingente produzione artistica e dall’altro la divulgazione della disciplina tra le nuove generazioni.

Dr.ssa Lucia Magaldi

Artmajeur

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