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Aristides Ureña Ramos

Back to list Added Jan 8, 2005

Aristides può essere definito un artista provocatore. Usa sapientemente lo strumento della manipolazione delle immagini per imprimere nella sua figurazione, con tecnica e raffinatezza innata, i propri significati.
Nel ciclo “I Took Panama” il racconto predominava ed esigeva l’assenza di colore. Le opere monocromatiche azzurre erano affollate di concentriche vicende, di cui si poteva udire quasi il mormorio dei personaggi, a loro volta incorniciate da altre storie e racchiuse in tele-icone; si presentavano come francobolli di cronaca da leggere e da ascoltare, come se l’opera addensata e concentrata divenisse essa stessa simbolo.
Nella coerente logica pittorica dell’artista, il ciclo “Alegorico’s” è la naturale evoluzione di “I Took Panama”, in quanto il simbolo si trasforma in celebrazione.
In questa nuova fase, Aristides ha sentito l’esigenza di aprire l’icona narrativa alla concettualità della metafora.
Le opere di “Alegorico’s” si distendono nella esaltazione della reminiscenza, dissacrando i simboli evocativi della memoria collettiva e trasformandoli in un linguaggio contemporaneo e attuale, che produce un sottile gioco introspettivo.
Diminuisce anche il movimento, quasi a creare il silenzio consono al pensiero.
Nulla è lasciato al caso. Le pose statiche dei soggetti in primo piano, i riferimenti al classicismo greco, al rinascimento e ai racconti tradizionali latino-americani, diventano tutte citazioni da smitizzare.
Anche i marchi delle grandi multinazionali e ogni simbolo che restituisca un pubblico ricordo, vengono rielaborati e stravolti per acquisire inediti valori, come succede per il paio di scarpe nella “Primavera”, per la bambola-principessa a cavallo “La Barbara” e per il piccolo Paperino.
L’utilizzo di questi diversi veicoli narrativi, genera quindi una percezione nuova ed inconsueta del messaggio, una purificazione creativa del simbolo attraverso l’allegoria metaforica, una sublimazione del significato intrinseco dell’opera.
Senza mai perdere l’armonia ripetitiva delle sue cornici, che ormai rendono inconfondibili le sue opere e che mantengono il costante contatto con la sua terra, Aristides consolida il segno, la scrittura.
Le tele in “Alegorico’s” sono spesso guarnite con morbidi drappi intrecciati di parole, come voci fuori campo che guidano l’osservatore alla lettura, come in “El Heroe herido” y “El Espejo de Narciso”;
oppure le frasi sono esse stesse sdrammatizzate, rovesciate e private del proprio significato reale lasciando spazio all’intuizione come in “Coco Pritis” e “Iyo Gan Gan”.
In “Mirror” e “Nacimiento de Venus”, come una punteggiatura fra le parole che inquadrano la tela, vediamo rotolare bizzarre coppie di innamorati, strette in abbracci carnali volutamente vaghi.
In “Hellenico alegorico” e ancor di più in “El Heroe herido” sono state riprodotte, per contrasto, le decorazioni a mezza luna e rettangolari tipiche dei rigorosi palazzi in stile classico.
“Alegorico’s”, con questa simbologia esasperata ed alterata, fa riconoscere nell’artista l’esplicita provocazione: l’intenzione di rivelare la sofferenza del luogo comune, il disagio della carenza di stimoli culturali, la disapprovazione del conformismo delle mode e del consumismo imposto, e quindi il desiderio di recupero dei valori veri e consolidati.
Non ultimo, va evidenziato il piacere dell’artista nel collocarsi talvolta all’interno delle proprie opere, non per protagonismo ma per modestia, facente parte anch’esso del mondo che va narrando sulle tele.
A.Pagliarello – Firenze giugno 2004

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