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Sergio Carcereri

Back to list Added Jun 1, 2014

Sergione è il nome d'arte di Sergio Carcereri

Sergione è il nome d'arte di Sergio Carcereri, nipote di Bruno Carcereri che gli ha trasmesso, ( con il solo esempio di pittore e di uomo ) l'amore e il rispetto per la pittura.
Per me la parola artista è un aggettivo che si aggiunge solo quando il pittore eccelle nel suo mestiere; purtroppo, in questa epoca, la si è adoperata molto a sproposito.
Per questo motivo ho cercato durante tutta la mia vita di imparare bene il mestiere di pittore ; non so se ci sono riuscito, sta a voi giudicare, per questo ho creato questo sito, grazie ad Artmajor.

Sono nato nella bellissima città di Verona nell'anno 1945, ora risiedo in Liguria, vicino alla Riviera
per avere vicino l'azzurro di cielo e mare. Per presentarmi riporto qui poche righe scritte in occasione dell'ultima esposizione che ho organizzato nella mia città nello spazio dell'Arsenale nel Dicembre 2003 :

"Nella problematica storia della pittura contemporanea vi sono pittori» tradizionali»
che la disgregazione delle forme e dei colori non scalfiscono nemmeno.
Simili ad un placido fiume e maestoso che un sasso lanciato da un ragazzetto
turba un istante percorrendone la superficie, ma subito scompare,
in rapida fuga al suo fondo e lascia intatta la placida corrente che lo
porta a morire verso il mare.

Allo stesso modo la lezione dei veri maestri mai non si perde.
Negletta invece quella di chi vorrebbe imporre le sue banalità d’irriverente epigono
e s’abbandona alla moda come se fosse una strada obbligatoria. Ma vivere è
innanzi tutto opporsi alle mode, pensare da se e, talvolta, contro di se.
Meglio abbandonarsi alla propria sensibilità, sicuri che là dove essa ci conduce,
se non vi sono folle di variopinti bigotti ad attenderci, ci saranno almeno
accanto ai veri conoscitori, gli umili ma autentici critici, quelli che
giudicano con i loro occhi e s’abbandonano talora a un placido sogno.
Gioia degli occhi, dei sensi, esaltazione dello spirito, nella visione di una festa
di colori discreta e persistente, permanenza della memoria che trionfa
d’un universo unicamente preoccupato di produrre novità, «nate al
mattino e ai vespro già vecchie» come ha detto il poeta.

Siffatte considerazioni mi sembrano necessarie per capire il filo che
percorre -en pointillè - per così dire, l’ arte di due pittori che quì si presentano,
Bruno e Sergio Carcereri. Lo zio ed il nipote. L’uno ricco di intuizioni di qualità
alle quali una modestia eccessiva non permise, forse, di esprimersi al massimo
delle possibilità; l’altro, capace di più ampia visione della realtà, chiara e distinta,
ma che nuoce, almeno in parte, alla sua vena più intima, piuttosto serena
e conciliante, fino, talora all’ingenuità quando si lascia andare alle sue
inclinazioni. Perche, se l’arte dello zio è tutta percorsa da una complessa,
inconscia inquietudine, nel tratto deciso del pennello di solida tempra,
dove talvolta, e nei quadri migliori, la realtà si decompone fino a restar nuda
e quasi reietta e vigile nella sua essenza, quella del nipote ricompone quel
medesimo mondo, di tratti leggeri, discreti, sognanti. Diverse, son quindi,
malgrado tratti d’apparente somiglianza, le strade percorse da Bruno e da Sergione.
Sergione è lontano dall’irrequietezza di Bruno. Il suo pennello è
leggero ma sicuro; qui non vi sono forzature di scuola o nostalgia di vani
sperimentalismi.Il paesaggio lacustre è uno squarcio di vita ove stanno leggeri
in gioia tranquilla i bagnanti.La natura è sempre presente. E i visi delle donne di
Sergione splendono di poesia dove alla gioia d’ esistere si mescola come una vaga
malinconia che prende l’anima quando la bellezza femminile ci si svela
sorprendentemente viva e tuttavia effimera, ricca di speranza fallace.
L’opera di Sergione si direbbe come percorsa da un’ingenua coscienza
d’appartenere ad un mondo che si interroga e che ci interroga. Sorprendente e
profonda ingenuità dove le tensioni, che pur esistono, vengon risolte nel tratto
leggero, che s’apre su spazi d’ infinita libertà.

Lo zio, riservato e addirittura schivo, fu il primo maestro del nipote;
se gli offrì la visione naturale di una vita baciata dalla tormentosa ebrezza
dell’arte, gli offrì anche i primi strumenti onde esprimersi e quindi liberarsi
dalla tormentosa inquietudine di chi resta, per mancanza appunto di validi
strumenti, al di qua della creazione, nel mondo ahimè vastissimo,dei
dilettanti da strapazzo, dei pittori della Domenica."
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~ Il testo non è firmato per espresso desiderio di chi l’ha scritto
ed è convincimento di Sergione che un rimedio contro la mercificazione
dell’arte consisterebbe proprio nel non firmare i quadri.Questo darebbe, tra l’altro,
ai critici, l’opportunità di svolgere più onestamente il loro mestiere.E non si
presterebbero più ne all’adulazione degli uni, ne allo sdegnoso oblio in cui tengono
quegli artisti che un carattere schivo e l’alta consapevolezza dell’opera loro
tiene lontani dal rumore e dalla confusione del mondo.

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