La città Celeste in Orbita (2025) Digital Arts by Neo Immortals

Un giovane architetto – manto turchese, volto sereno – tiene un ologramma di pianta geometrica. Alle sue spalle s’innalza una città-spirale fatta di logge, cupole e giardini pensili, percorsa da rampanti viali ad arco. Velivoli alati, derivati dagli studi leonardiani di ornitottero, solcano un’alba color oro-rosa; le luci calde si fondono nello sfumato con azzurri e verdi dell’atmosfera.

Dettagli stilistici

Prospettiva centrale con linee che convergono sul nucleo del palazzo-torre, in puro spirito leonardesco.

Sfumato evoluto: decine di velature assottigliano i contorni, creando transizioni eteree tra pietra, cielo e luce.

Palette delicata: ocra-miele e turchesi avvolti in nebbiolina mattutina, distante dai contrasti caravaggeschi che avevamo esplorato prima.

Tecnica e supporto (ipotetici)
Olio a velature sottilissime su tavola di nanovetro-grafene, 120 × 180 cm. I pigmenti contengono microcapsule fotoniche che, sotto luce UV, emettono bagliori verde-oro sui riflessi metallici delle architetture e lievi scintillii turchesi sulle nubi.

Descrizione visiva
Figura principale

Il giovane architetto (idealmente un discepolo di Leonardo nel 3000) indossa un manto turchese dai riflessi iridescenti. Il volto, reso con sfumato morbidissimo, trasmette concentrazione e meraviglia.

Nelle mani regge una tavoletta olografica piegata come pergamena, sulla quale pulsa il diagramma di una sfera inscritta in un cubo (eco del pensiero vitruviano). Linee di luce ciano scorrono lungo il disegno, come coordinate dinamiche di un progetto in tempo reale.

La città-spirale

Alle sue spalle si eleva una metropoli a sviluppo elicoidale: rampe che avvolgono torri cilindriche, porticati sovrapposti, cupole geodetiche rivestite di vetro-giardino.

Vegetazione pensile – cipressi scuri e cedri argentati – interrompe la pietra rosata, suggerendo un equilibrio fra architettura e natura.

Archi e logge presentano ombre morbide, sfumate, che virano dal verde-salvia al grigio-azzurro sotto la luce dell’alba.

Cielo e volo

In alto, ornitotteri antigravità planano fra nubi dorate: vele translucide, telai di titanio leggero, ali a membrana ispirate alle bozze leonardiane ma mosse da propulsori ionici.

L’intera atmosfera è attraversata da toni caldi di sole nascente (oro-rosa) che si fondono con azzurri lattiginosi; ne nasce una nebbia luminosa che avvolge l’intero paesaggio.

Stile pittorico
Sfumato evoluto – decine di glissature trasparenti creano bordi senza contorno, con micro-sbriluccichii dati dai pigmenti interferenziali.

Prospettiva aerea – le distanze si percepiscono attraverso viraggi cromatici (freddi verso il fondo, caldi in primo piano) e una leggera foschia dorata.

Tavolozza – predominano turchesi, verdi salvia, ocra miele e rosa aurora; i contrasti sono armonici, lontani dai chiaroscuri forti caravaggeschi.

Linea serpentinata – il percorso a spirale della città guida l’occhio dallo sguardo del giovane, lungo la rampa ascendente, fino alle vele che planano in quota.

Lettura critica
La Città Celeste immagina un Leonardo proiettato nell’anno 3000 che esplora l’utopia urbana: una civiltà capace di fondere arte, tecnologia e natura in un unico organismo vivente. L’architetto-inventore assume il ruolo di mediatore fra terra e cielo, mentre la città-spirale allude a un progresso che non è conquista aggressiva ma elevazione armonica. Le velature luminose e i colori pacifici esprimono un’idea di sviluppo sostenibile, in cui la conoscenza scientifica – incarnata dall’ologramma vitruviano – si mette al servizio della bellezza e del benessere collettivo. Leonardo, anche nel 3000, rimane fedele al suo principio cardine: osservare la natura, comprenderne le leggi e riproporle in forme che esaltino la dignità umana.

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