Rafferoico, l'equilibrio compositivo

Rafferoico, l'equilibrio compositivo

Olimpia Gaia Martinelli | 23 nov 2022 8 minuti di lettura 0 commenti
 

In principio creare opere non é stata una decisione deliberata per Rafferoico, infatti, egli ha solo dato seguito a un'attitudine involontaria e spontanea, che si é manifestata nella sua infanzia con il disegno, prima ancora prima ancora di poter essere concepita come “arte”...

Cosa l'ha spinta a creare arte e a diventare un artista (eventi, sensazioni, esperienze...)?

In principio non é stata una decisione deliberata, ho solo dato seguito (o sono stato inseguito da) un'attitudine involontaria e spontanea che si é manifestata nell'infanzia con il disegno, prima ancora che potessi concepire parole come “arte”. Poi crescendo questa predisposizione é stata indirizzata verso le applicazioni pratiche della grafica e della comunicazione visiva in genere. Solo successivamente, in seguito a riflessioni sul mezzo fotografico che era intanto diventata la mia professione, mi sono rivolto molto alla ricerca prettamente “artistica”.  

Qual è il suo background artistico, le tecniche e i soggetti che ha sperimentato finora?

Le mie esperienze formative sono state la grafica e soprattutto la fotografia praticate in un'epoca ancora totalmente analogica dove si lavorava ancora solo artigianalmente. Poi é arrivato il pixel (che é stato anche soggetto d'indagine nella omonima serie di immagini “transmediali” realizzata nel 1996)* e con esso photoshop e cioè la fine di un'epoca.

Ho sperimentato trasversalmente diverse possibilità trovando poi la sintesi nella pittura ad olio e nel formato quadrato derivato dall'esperienza fotografica poiché privilegiavo il 6x6. In questo quadrato può accadere di tutto poiché procedo per intuito e quindi non c'é l'illustrazione di un soggetto, ma  la teoria di una composizione fotografica immersa nell'espressività del gesto e nell'effetto pittorico, ritornando alla elementare manualità del disegno e della pittura votati alla figurazione. Dopo qualche anno di sperimentazione sono rimasto concentrato sulla fenomenologia della materia organica, animale e corporale immersi in una dimensione atemporale. Ma più concettualmente inteso il soggetto di fondo é l'arte visiva tradizionale in sé, nel complesso del suo bagaglio che reinterpreto mediante le sensazioni, gli umori, le fascinazioni (sempre mutevoli) che mi attraversano, qui ed ora. Ultimamente sto cercando di indagare qualche possibile idealità alla ricerca di un equilibrio armonico tra materia e spirito.

Quali sono i 3 aspetti che la differenziano dagli altri artisti, rendendo il suo lavoro unico?

Probabilmente potrebbero essere l'equilibrio compositivo appreso in fotografica,  la sincrasi delle istanze stilistiche, ovvero la fusione tra le più disparate suggestioni offerte dalla storia dell'arte, il segno calligrafico che é reminiscenza della mia esperienza da grafico. Ma credo che l'identità si manifesti per l'insieme di più fattori combinati: é infatti di difficile commercializzazione perché non reitera un cliché evidente al primo sguardo, e forse dipende da questo che una caratteristica che accomuna i miei collezionisti ed estimatori é la loro profonda cultura visiva libera dai pregiudizi.

Da dove viene l'ispirazione?

Dall'istinto, dal subconscio, dall'intuito. Sono intuizioni visive. Mi sottopongo all'osservazione di una miriade di immagini, spesso del tutto casuali e caotiche. Poi per processo intuitivo lascio elaborare al mio subconscio la loro sintesi e ne concepisco un'immagine compiuta ed originale, progettata e sviluppata poi come opera.

Qual è il suo approccio artistico? Quali visioni, sensazioni o sentimenti volete evocare nello spettatore?

Ricerco l'autenticità. Evito la retorica del “contemporary” anche se me ne informo,  privilegio cioè un approccio atemporale, che prescinda l'attualità. Osservo, rispetto e cerco di innovare la tradizione senza però cedere al nostalgico anacronismo del tradizionalismo. Seguo e mi fido unicamente del mio istinto, dei miei umori, evocando visioni. Mi farebbe piacere che lo spettatore possa essere interpellato dalle immagini ed attraversato dalla loro espressione pittorica.

Qual è il processo creativo delle sue opere? Spontaneo o con un lungo processo preparatorio (tecnica, ispirazione da classici dell'arte o altro)?

In origine c'é il disegno in cui le intuizioni visive sono tradotte in segno, studiate e composte in linee e volumi, come potrebbe essere per una partitura musicale. Questo viene poi riportato sommariamente sulla tela dove la composizione é eseguita con l'energia plastica della pittura consentendomi gesti molto spontanei, istintivi, perché liberati dalla ricerca di forme e volumi precedentemente disegnati.

Utilizza una tecnica di lavoro particolare? Se sì, può spiegarla?

Privilegio l'olio su tela, cioé la tecnica più tradizionale possibile : proprio perché scontata e poco originale la considero  la migliore soluzione per concentrare l'attenzione sulla ricerca segnica ed intellettuale del mio lavoro. Non uso l'olio per le morbidezze di una riproduzione realistica, ma per la sua plasticità e per la ampissima gamma delle tonalità di colore.  

Ci sono aspetti innovativi nel suo lavoro? Può dirci quali?

L'innovazione che ricerco consiste nell'approccio : ho scelto la manualità e la semplicità come sovversivi ed antitetici della tecnologia : la mia é un'avventura nella quale esprimo l'intelligenza animale ed organica, un percorso esistenziale in cui il prodotto, l'opera, ne é episodio, documento e testimonianza unica. Non vi sono infatti titoli, bensì numeri.

Avete un formato o un mezzo con cui vi sentite più a vostro agio? Se sì, perché?

Il quadrato.

Dieci anni di fotografia praticate quotidianamente sono un'esperienza che influenza inesorabilmente L'atto di inquadrare è già una scelta creativa ed io privilegiavo il formato quadrato.

Anche simbolicamente é una struttura razionale dove la linea orizzontale, lo sguardo dell'immanenza e il riferimento spazio-temporale, hanno lo stesso valore, la stessa lunghezza della linea verticale, ovvero il senso della trascendenza e della spiritualità. La figurazione e le sue pulsioni contenute in questo “hortus conclusus”, si  liberano in questa scena dove si combina e si dispone la cadenza dei segni.

Dove produce le sue opere? A casa, in uno studio condiviso o nel proprio studio? E in questo spazio, come organizza il suo lavoro creativo?

Lavoro dove vivo anche se non necessariamente nella mia abitazione. Piuttosto mi adatto a vivere dove lavoro perché devo essere libero di poter intervenire in quello che sto facendo in qualsiasi momento. Ho lavorato in molti luoghi ed ovunque abbia lavorato e vissuto per un certo periodo di tempo sono quasi sempre riuscito a far coesistere armoniosamente gli spazi poiché non separo il lavoro dal mio vivere quotidiano.    

Il suo lavoro la porta a viaggiare per incontrare nuovi collezionisti, per fiere o mostre? Se sì, cosa ne ricava?

No. Eventualmente mi porta a viaggiare per residenze.

Come vede il suo lavoro e la sua carriera di artista svilupparsi in futuro?

Vorrei solo dare al mio lavoro una certa continuità sviluppandolo coerentemente con il percorso intrapreso perchè ho un gran desiderio di vedere dove si arriva seguendo questo principio di intuizioni e istinto guidati dall'esperienza dell'occhio. Sarebbe importante riuscire a fare interpretare la mia attività non sulla base delle singole opere ma (secondo i principi della teoria della gestalt) sulla percezione dell'insieme più che nelle soluzioni formali di ogni singolo “episodio visivo”.  Una personale antologica rivelerebbe questo... Forse, un giorno..


Qual è il tema, lo stile o la tecnica della sua ultima produzione artistica?

Nel ciclo “Let it be”   (2022)  mi muovo in una dimensione più mentale e meno organica rispetto al passato, dove cerco attraverso i segni, immagini che parlino al subconscio. Atmosfere psichiche al confine con una vaga spiritualità comunque certamente laica.  

Ho poi in progetto un ciclo sulla evanescenza dei corpi e sulla psicologia femminile ed un altro in cui mi muoverò intorno al tema del paesaggio. Ma le sorprese e le deviazioni sono sempre possibili e considerate se non anche auspicate.

Può raccontarci la sua esperienza espositiva più importante?

Nel 2014 fui invitato ad una residenza dal DaWang Culture Highland di Shenzhen, in Cina. Non é molto saputo in Europa quanto sia considerata la pittura ed i pittori in Cina : sono delle celebrità, e sebbene con caratteristiche diversissime c'è lì una tradizione millenaria ben più antica di quella europea.
 Alla fine della residenza di tre mesi era prevista l'esposizione del lavoro svolto. Lo spazio era immenso e l'occhio ci si perdeva. Mi misi quindi a lavorare forsennatamente con l'intento di completare un ciclo di 30 tele in cui non potevo fare altro che manifestare sinceramente tutta la mia occidentalità, aliena in quel contesto. Riuscii a finirne 21 e furono distribuite radamente nello spazio espositivo.

Il vernissage, come usa in Cina, era previsto per il primo pomeriggio verso fine agosto. Con 38 gradi di caldo umidissimo, mi attardavo in camera al riparo dell'aria condizionata per cercare di arrivare a ricevere il pubblico il più fresco possibile.

Quando sono sull'ampio piazzale antistante la galleria noto strani movimenti e una certa agitazione dalla quale si palesa una camionetta militare : la polizia. Con la giovane interprete in lacrime ed io che non capivo cosa stesse accadendo mi vollero interrogare. Nel mentre rispondevo al poliziotto in borghese e con un pass al petto da cui si stagliava una grande stella rossa, vidi uno dei poliziotti abbassare la saracinesca dell'accesso alla galleria. Dacché iniziai a perdere la calma, ma prima che accadesse l'irreparabile fui tirato via dal direttore artistico (inglese) che mi avvertì che stavo rischiando una settimana di prigione ed il sequestro delle opere, e che se ciò non era già avvenuto era in virtù del fatto che non fossi cinese...

Alla fine la mostra fu censurata (posso solo sospettare per motivi di pudore pubblico ma non mi fu permesso di fare domande) .  

Se potesse creare un'opera famosa della storia dell'arte, quale sceglierebbe? E perché?

L'Apollo e Marsia di Jusepe de Ribera.

Avendo vissuto a Napoli ho avuto occasione di poterlo ammirare più volte e ne conosco tutta la potenza visiva. E' secondo me un momento di pittura altissimo dove la studiatissima composizione scenografica é resa vividissima dalle pennellate veloci, vibranti, che rendono le anatomie palpitanti, organiche. La resa dei chiaroscuri é un capolavoro di profondità, il panneggio del mantello di Apollo é poi in sé un'opera di fascinazione atemporale. Non si può dimenticare.

Se potesse invitare a cena un artista famoso (vivo o morto), chi sarebbe? Come suggerisce di passare la serata con loro?

Mi sarebbe piaciuto poter spiare in presenza Gian Lorenzo Bernini mentre scolpisce l'Apollo e Dafne, ma degli artisti famosi (più morti che vivi) prendo il loro meglio dalle loro opere.

Le serate preferirei passarle con le poche persone che amo.


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