L'inquinamento nell'arte: Turner, Monet e Boccioni “precursori” dell’arte ambientale

L'inquinamento nell'arte: Turner, Monet e Boccioni “precursori” dell’arte ambientale

Olimpia Gaia Martinelli | 5 feb 2023 9 minuti di lettura 0 commenti
 

La realtà ottocentesca e novecentesca, raccontata da artisti che, come Turner, Monet e Boccioni, hanno documentato, senza alcuna pretesa di denuncia ecologica, degna della più contemporanea Arte Ambientale, Land Art e Arte Ecologica...

Vincent Bardou, Save the Planet , 2022. Vernice spray/acrilico/inchiostro/lacca su tela, 100 x 70 cm.

Turner, Monet e Boccioni "precursori" dell'arte ambientale

La realtà Ottocentesca e Novecentesca, raccontata da artisti, che, come Turner, Monet e Boccioni, documentarono, senza alcuna pretesa di denuncia ecologica, degna della più contemporanea Arte ambientale, Land art e Arte ecologica, l’impatto dell’industrializzino sull’ambiente, può essere riletta mediante il coinvolgimento dei una sensibilità più moderna, in grado di riconoscere in queste opere, che semplicemente mostrano i fumi delle fabbriche e delle ferrovie, un prezioso documento dei primi cambiamenti imposti dall’uomo sull’ambiente. I suddetti maestri approcciarono al progresso mediante differenti modalità ideologiche e stilistiche, proprio come si evince dall’analisi di alcuni dei loro capolavori, primi fra tutti Pioggia vapore e velocità (1844) di Turner, La Gare di Saint Lazare (1877) di Monet e Gli addi (1911) di Boccioni. Cominciando dal primo capolavoro, esso è stato realizzato mediante un turbine di pennellate, volte a mettere in evidenza il rapido e dinamico passaggio di un treno, che, affrontando il cadere della pioggia, si oppone allo staticismo del suo stesso vapore rilasciato nell’atmosfera. L’opera, che rappresenta il treno della Great Western Railway di passaggio sul ponte ferroviario di Maidenhead, è un documento capace di dimostrare come l’artista britannico subì il fascino della “neonata” locomotiva Ottocentesca, tanto da arrivare ad omaggiarla in un’opera, che, oltre a raffigurare il poco comune soggetto pittorico del treno, celebra la potenza dell’ingegno umano, in quanto la locomotiva non si azzarda a cedere di fronte alla pioggia incessante, ma pare quasi sfidarla, dando un anticipo del futuro della tecnologia, nel tempo sempre più riconoscibile come una forza in grado di contrastare e sovrastare la natura. Turner celebrava questa nuova “entità” senza però essere consapevole degli aspetti nocivi di quest’ultima, in quanto, all’epoca, si sapeva poco o niente dell’inquinamento, tanto che le fabbriche e i treni nascevano e si diffondevano senza sosta. Un'altra opera del maestro, volta a farci conoscere il volto del progresso e dell’industrializzazione dell’epoca è An Industrial Town at Sunset, Probably Birmingham or Dudley (1830 circa), studio a colori contraddistinto dalla presenza di una “pesante” atmosfera, in cui si fondono il rosso del tramonto, la fitta nebbia e i fumi di un a città industriale della Midlands, probabilmente Dudley, luogo in cui fu messa in funzione per la prima volta una macchina a vapore. 

JMW Turner, Rain, Steam and Speed – The Great Western Railway , 1844. Olio su tela, 91 x 121,8 cm.

Umberto Boccioni, Gli addii , 1911. Olio su tela, 70,5 x 96,2 cm. New York: Museo di Arte Moderna (MoMA).

Passando alla Francia, è d’obbligo parlare di Monet, maestro che, in modo analogo a Turner fu affascinato dal progresso, tanto da raffigurarlo in una serie di quattro dipinti aventi lo stesso soggetto, ovvero la Gare di Saint Lazare, all’interno della quale si manifesta l’inno alle sue locomotive e i loro corrispettivi fumi, che in questo caso, vengono rappresentati come una sorta di nubi distinte nell’atmosfera, piuttosto che ben amalgamate ad essa e ai suoi molteplici fenomeni. A proposito de La stazione di Saint-Lazare (1877), l’olio su tela raffigura il tratto di arrivo dei binari della sopra citato luogo parigino, mettendo in evidenza la “scura” presenza, quasi una sorta di sagoma, di due motrici che avanzano verso la stazione passando al di sotto del ponte di comando, immerse tra i fumi del vapore, che, nonostante la sua insistente presenza, lascia intravedere alcuni grandi palazzi della città, sapientemente disposti sullo sfondo. Una serie di opere successive di Monet indagano, invece, il ponte di Waterloo a Londra, e forse un po' per la simile location, subiscono l’influenza delle atmosfere di Turner, in cui il paesaggio “velato” rivela l’inevitabile fusione tra agenti atmosferici e inquinamento. Un approccio invece più “sintetico” e meno realistico a questo soggetto ci è fornito dal pastello del 1899, che, titolato Il ponte di Waterloo a Londra, rilega i fumi delle industrie solo nella parte superiore dell’opera, ovvero quella del piccolo cielo situato appena sopra il ponte. Per quanto concerne lo stile del pastello, le campate del ponte sono state disegnate con linee spesse e accostate, aventi la finalità di creare una massa architettonica compatta. Il flusso dell’acqua, invece, è frutto di linee morbide ed ondeggianti, più accurate rispetto ai pochi segni verticali ed orizzontali che caratterizzano la città sullo sfondo. Al fine di concludere con la Francia, è bene menzionare anche il punto di vista sull’inquinamento di Gustave Caillebotte, reso da Il ponte dell’Europa, dipinto che, avente la finalità di catturare uno dei luoghi più moderni della Parigi degli anni Settanta dell’Ottocento, situato sopra la brulicante Gare di Saint-Lazare, dispone le tracce del vapore sullo sfondo, privilegiando una veduta della città, volta a mettere in luce il passeggio dei parigini dell’epoca, ancora lontani dallo scoprire i nefasti effetti del progresso sull’ambiente. A conclusione giungiamo nell’Italia di primo Novecento, nazione in cui, a differenza di quanto sopra, il movimento Futurista arrivò a celebrare la macchina, la velocità e il progresso, portandoli ad uno stato superiore della semplice ammirazione, ovvero trasformandoli in veri e propri oggetti di culto, volti a creare un punto di vista artistico drasticamente schierato contro la stasi e l’immobilità. A sintetizzare quanto detto è il punto di vista espresso da uno dei più celebri futuristi, Umberto Boccioni, maestro che in Gli addi, tela del 1911, conservata al Moma (New York) e facente parte della serie Stati d’Animo, raffigura una locomotiva, che, avanzando velocemente, genera un groviglio di linee circolari, che si intersecano con le altre orizzontali. Questa visione, in cui si distingue il “6943”, cioè il numero di identificazione del treno che genera fumo dalla sua ciminiera, è probabilmente frutto del tempo che l’artista trascorse ad osservare le scene di saluti, arrivi e partenze presso la stazione di Milano, città raffigurata in un altro capolavoro dell’Italiano, sempre di argomento “ecologico”. L’opera in questione è Officine di Porta Romana, che ambientata nell’attuale quartiere della moda e del lusso, adiacente alla Fondazione Prada, è stata dipinta dal maestro, che, dalla sua casa di Via Adige, soleva trarre ispirazione ammirando dalla finestra i lontani fumi di una città sempre in fermento. Infine, contemporanei punti di vista sul binomio inquinamento-arte ce l’offre l’indagine figurativa dei pittori di Artmajeur, quali, ad esempio, Ronald Houriez, Anita Kaufmann e Victor Molev.

Andrea Vandoni, All'orizzonte , 2010. Olio su tela, 50 x 100 cm.

Edith Donc, Respira! , 2010. Acrilico su tela, 92 x 73 cm.

Ronald Houriez, Planet A , 2022. Olio su tela di lino, 116 x 116 cm.

Ronald Houriez: Pianeta A

Questo dipinto, che inquadra una lattina di coca cola spiaccicata su di uno sfondo celeste indistinto, è stato concepito per avere un forte impatto emotivo, in quanto, senza tanti giri di parole, l’osservatore si trova faccia a faccia con uno di quei più classici rifiuti, che, per colpa della “spensieratezza” umana, incontriamo di sovente mentre passeggiamo per nostre città, ci bagniamo nelle acque del mare o godiamo dei piaceri della vita di campagna. L’artista stesso, al fine di descrivere Pianeta A, esordisce con chiare, dirette, sintetiche ed inequivocabili parole, secondo le quali, l’opera rappresenterebbe l’“archetipo dell'incuria e del disprezzo per l'ambiente”. Questa frase, che risuona come uno schiaffo, volto a colpire un volto di chi, quasi stupito, ha a lungo perseverato nel disinteresse, riporta alla realtà anche i più recidivi, rendendoli consapevoli del bisogno di un drastico cambiamento. A questo punto, la storia dell’arte si presenta come una sorta di impavida paladina dell’ambiente, che ricca di opere “eco friendly”, ci permette di associare, in modo alquanto fantasiosi e azzardato, l’opera di Houriez a Bounty, Pilfered di Pam Longobardi. Infatti, dato che il dipinto Pianeta A è privo di sfondo, possiamo, lasciando operare la nostra fantasia, immaginarlo mentre esce dalla cornocupia inquinata della sovra menzionata eco-femminista artista americana. A proposito di quest’ultima, la sua Houriez con Bounty è stata concepita con l’intento di fornire un’inequivocabile dichiarazione visiva sul consumo globale e sull’impatto degli oggetti di plastica sui luoghi e creature del mondo. Tale messaggio ha trasformando per sempre il valore simbolico della cornucopia, che in qualità di antico manifesto dell’abbondanza, ha di sovente fatto capolino nelle opere d’arte greche e romane, alludendo ai più benefici significati mitologici di prosperità, abbondanza e fortuna.

Anita Kaufmann, Salviamo il nostro oceano n. 1722 , 2022. Acrilico su tela, 70 x 100 cm.

Anita Kaufmann: Salva il nostro oceano n. 1722

L’astrattismo e il concettuale si fondono nell’opera di Anita Kaufmann, in cui, il significato del “rebus”, composto dall’apparente sequenza di parole senza senso, ci viene rivelato dall’artista stessa, la quale ammette di aver ricorso all’alfabeto ICAO, al fine lanciare un importante messaggio di denuncia: “Difendi e proteggi il nostro oceano”. A questo punto il fruitore può domandarsi: perché Kaufmann ha scelto un linguaggio poco “accessibile”, al fine di esprimere un concetto che deve assolutamente essere comprensibili da tutti a prima vista? In realtà, è spesso proprio ciò che è comprensibile a non favorire l’interesse e l’attenzione del fruitore, che, quando è invece stimolato e coinvolto in un profondo tentativo di interpretazione, non scorderà facilmente il messaggio decifrato con tanta fatica. Per quanto riguarda la storia dell’arte, invece, un capolavoro, “in parte Pop in parte astratto”, avente intenti affini, è Last Turn - Your Turn (1991) di Robert Rauschenberg, composizione ideata dall’americano a sostegno dell’Earth Summit (Rio de Janeiro, 1992), Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, ch’ebbe la finalità di portare l’attenzione sui danni al nostro pianeta dovuti all’inquinamento e al consumo eccessivo delle risorse. Proprio in questo contesto, l’opera di Robert Rauschenberg perseguì il fine di sensibilizzare l’opinione pubblica a proposito delle suddette tematiche ambientali, diffondendo un messaggio volto a mettere in evidenza come, oltre all’importanza delle iniziative dei governi, sia necessaria l’azione del singolo. Al fine di promuovere l’impegno di quest’ultimo, unico capace di rendere i provvedimenti legislativi effettivamente efficaci, Rauschenberg dette il buon esempio arricchendo il capolavoro di una scritta carica di personale responsabilità: "Mi impegno a rendere la Terra un luogo sicuro e ospitale per le generazioni presenti e future".

Victor Molev, Safari , 2008. Olio su tela, 51x76 cm.

Victor Molev: Safari

Di solito, quando ci immaginiamo un omicidio, pensiamo a un uomo, o una donna, munito di un’arma da scaraventare contro un povero e innocente malcapitato, un temibile aggressore, etc. Adesso, se, in modo analogo, ci immaginiamo di vedere un animale soffocare nel petrolio, notiamo come, in realtà, l’inquinamento sia un killer silenzioso e senza volto, capace di presentarsi nella moltitudine delle forme delle conseguenze dell’azione umana. Esempio, fortunatamente meno letale, di quanto appena affermato ce lo offre il gabbiamo vomita rifiuti di Plasticide, parte dell’installazione del 2016 di Jason deCaires Taylor, artista britannico che nel volatile tristemente costipato ha voluto riassumere questo concetto: “i nostri oceani, e la vita marina che li abita, non possono letteralmente digerire altra plastica". Come anticipato, nella suddetta opera non appare l’uomo, causa della deriva del mondo, ma i rifiuti, suoi diretti discendente, mentre, invece, nell’opera dell’artista di Artmajeur ai probabili fumi dell’inquinamento si palesa anche la presenza devastatrice del genere umano, volta ad accanirsi sulle più disparate specie viventi. Riprendendo le parole dello stesso Molev: l’opera “riflette il tema dell'ecologia, della protezione dell'ambiente e dell'atteggiamento sconsiderato dell'uomo nei confronti dell'estinzione di specie animali rare”.


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