Alberi solitari, alberi accompagnati, alberi testimoni...
“Certi alberi vicini alle case
sostano in una pace inclinata
come indicando come chiamando
noi, gli inquieti, i distratti
abitatori del mondo. Certi alberi
stanno pazientemente. Vicini
alle camere nostre dove gridiamo
a volte di uno stare insieme
che ha dentro la tempesta
noi che devastiamo facce care
per una legge del pianto.”
-Mariangela Gualtieri
Servirebbero altre mille poesie, perché se quest’ultima colloca gli alberi accanto alle case, altre volte essi paiono da soli, oppure accompagnati da figure o da animali, certe volte anche in qualità di muti e immobili spettatori di eventi “fantastici”, proprio come quelli narrati dal racconto biblico o dalla stessa religione in generale. Ecco allora che interviene l’arte, la quale, al posto della poesia, immortala le situazioni appena descritte, mediante capolavori che hanno trasformato la suddetta pianta in una presenza alquanto popolare nel racconto figurativo. Partiamo quindi dal rivelare alcune opere che hanno come soggetto pricipale l’albero, per poi proseguire aggiungendo le case, le persone e gli animali, culminando in quelle scene in cui la natura si fa testimone degli eventi voluti da Dio…Parlando degli alberi da soli, o in compagnia di altri alberi, iniziamo dal solitario, bianco, secco e terroso protagonista di Small tree in late autumn (1911) di Egon Schiele, dipinto, che, raffigurando una pianta spoglia in cima a una collina esposta ai venti autunnali, trasforma la natura nel riflesso degli stati psicologici dell’artista. Di fatto, se osserviamo con attenzione il tronco, unitamente al ramo che sporge a destra, essi ci ricordano le fattezze di una magra figura, che, apparentemente danzante, o comunque in movimento, decide di isolarsi su di una collina, per opporsi al vento, nonostante la sua naturale e nefasta impotenza. Dando un compagno di avventure al suddetto albero, anzi tre, nasce l’iconico Four Trees (1917), dipinto realizzato dallo stesso maestro, la cui peculiarità è quella di presentare alberi scuri in primo piano, che si stagliano su di un paesaggio illuminato da un tramonto, capace di rischiarare solamente le lontane montagne, oltre che la parte del cielo a loro soprastante. Proponendo nuovamente anche un’interpretazione psicologica di quanto appena descritto, molti storici dell’arte sostengono che i due alberi all’estremità del supporto, risultino essere non a caso più forti di quelli al centro, in quanto essi parrebbero alludere alla convizione del maestro, secondo la quale gli artisti, spesso ai margini della società, risulterebbero essere talvolta più felici di coloro che scelgono forzatamente una strada più conservatrice. É giunto il momento di aggiungere agli alberi la presenza delle case, cosa che farò mediante la chiamata in causa dell’operato dell’iconico Picasso, artefice di La Rue des Bois (1908), paesaggio volto ad immortalare l’omonima località appena fuori Parigi, che, densamente boscosa, è avidamente dominata dalla presenza degli alberi, i quali, accompagnati da forme architettoniche, vengono resi traendo ampia ispirazione della operato di Paul Cézanne, fatto stilistico che si realizza, sia nelle forme, che nelle cromie dell’opera in questione.
SAGA DEGLI ALBERI 1 (2022)Dipinto di Alla Ronikier.
RIFLESSIONE 10 (2020)Dipinto di Ella Joosten.
TORNA A SCUOLA (2023)Dipinto di Alexandra Battezzati.
Sostituiamo adesso le case alla figura umana, buttando alberi e personaggi in un’unica parola chiave per uno specifico database, capace di farci giungere sino alla citazione di Abraham's Oak, dipinto del pittore americano Henry Ossawa Tanner, volto a immortalare proprio il luogo in cui, sotto gli occhi di una quercia, Adamo piantò la sua tenda e costruì un altare a Dio. La località in questione, situata nel Medio Oriente, venne effettivamente visitato dall’artista, che però vi trovò una quercia in grave declino, tanto che per dipingerla egli fece riferimento a un dipinto di Johann Friedrich Perlberg, esempio che interpretò in un notturno, arricchito dalla presenza di due persone catturate mentre camminano al chiaro di luna. Infine, in accordo con a la scrittrice Stephanie Brommer: l’opera “irradia una pace e una spiritualità mistiche con la luce pallida della luna e il simbolismo della quercia, un maestoso ricordo degli anni di Abramo in Canaan secoli prima”. Siamo giunti alla combinazione albero-animali, che non poteva trovare migliore esempio nelle ricche interpretazioni di Jan van Kessel il Vecchio, pittore fiammingo attivo nella metà del XVII secolo, estremamente noto per aver ravvivato gli alberi, poggiando su ognuno dei loro rami un colorato volatile. Di fatto il maestro si specializzò nelle creazione di dipinti di piccola scala, che, ispirati in pricipal modo dalla fauna, erano estremamente dettagliati, in quanto il pittore faceva lago riferimento alla precisione dei trattati scentifici illustrati dell’epoca, volti a trasformare l’arte in uno studio comprensivo anche di insetti e di rettili, olte che di fiori e di oggetti rari provenienti da diverse regioni del mondo conosciuto. Ad ogni modo è importante sottolineare che nella realizzazione di quanto sopra van Kessel si distinse per un approccio più distaccato dai suoi predecessori, in quanto egli, dando una grande importanza alla composizione e all’estetica, soleva disporre le specie come se fossero campioni dell’armadio di un collezionista. L’arte fiammingia ci ha finalmente portato all’esaurirsi di questo racconto, che culmina nell’evento religioso narrato da Giotto in La Predica agli uccelli, capolavoro in cui il santo in questione, ovvero San Fracesco, si ferma nel suo tragitto per Bevagna, al fine di trasmettere la parola di Dio a uno stormo di uccelli, che lo circondò all’improvviso. Il tutto avviene sotto gli “occhi”, o per meglio dire i rami, di due alberi collocati alle estremità del supporto, cancepiti dall’artista per sintetizzare il paesaggio in cui trova collocazione la scena sacra. La narrazione a riguardo degli alberi è infine giunta sino a qui per continuare nella contemporaneità, mediante l’operato degli artisti di Artmajeur...
IBERNAZIONE 2/3 (2023)Fotografia di Bettina Dupont.
Bettina Dupont: IBERNAZIONE 2/3
Un paesaggio nebbioso viene “acceso” dal rosso di un prato fiorito, le cui tonalità si riporpongono nelle foglie autunnali di un albero, che trova collocazione al centro del supporto fotografico, anche se in realtà, la nostra attenzione, viene decisamente catturata dalle immagini delle grandi uova disposte ai suoi “piedi” (radici). Proprio quest’ultimi “contenitori di vita” potrebbero essere caduti dai nidi, probabilmente posti sulla chioma della suddetta pianta, anche se le uova in questione appaiono troppo grandi e pesanti per essere sostenute da tali fragili rami. La visione si arricchisce di ulteriore mistero se, osservando le uova, ci accorgiamo dell’esistenza di quelle aperte, arrivando a domandarci come siano le creature da esse uscite fuori, forse immaginandoci l’avvento di una nuova specie, decisamente imparentata con le più piccole razze di dinosauri. Ad ogni modo, ciò che appare più conoscibile, è il possibile significato della figura dell’albero, che, simbolo di crescita, decadimento e resurrezione per eccellenza, potrebbe alludere all’antico concetto di Albero cosmico, volto ad individuare nella pianta una sorta di collegamento tra cielo e terra, che si realizza mediente le estensioni dei suoi rami (cielo) e delle sue radici (terra). Simile a quanto appena esplicato è la figura dell’albero della vita, emblema di conosceza, del mondo e della vita, che, nel caso dell’opera di Bettina, trova concreta realizzazione nell’immagine natale e prenatale dell’uovo.
PINI SOLE (2020)Dipinto di Gary Westall.
Gary Westall: PINI SOLE
Facendo riferimento alle parole dell’artista, l’opera in questione è nata dall’osservazione dei pini della Bassa Sassonia (Germania), precisamente quelli della riserva naturale dello Kirchdorfer Heide, nella cui prossimità si trova lo studio del pittore. A quanto detto Westall aggiunge che ha voluto ritrarre tale soggetto in particolare, in quanto è stato impressionato da come quest’ultimo venisse “accarezzato” dal sole, generando contrasti cromatici tra il blu del cielo e il marrone, tendente in parte all’arancione, dei lunghi ed alti tronchi. Da parte mia, contemplare quest’opera, a metà strada tra realismo e impressionismo, mi fa pensare alle modalità in cui l’albero è stato raffigurato nel lungo racconto della storia dell’arte, cosa che provo a riassumervi brevemente qui. Allora, se nel Medioevo e nel Rinascimento questa pianta si legò principalmente a temi cristiani, come, in prevalenza, quello del Peccato orginale, durante il XVI e il XVII, invece, nacque la pittura paesaggistica, genere in cui gli artisti iniziarono a prodigarsi per divenire consapevoli delle differenti specie. Successivamente, artisti come Rembrandt, Rubens e Gainsborough affibbiarono all’albero potere drammatico, malinconico, oltre che il più tipico calore autunnale. La struttura dell'albero fu invece utilizzata con grande effetto da Tiziano, tanto che i suoi raggruppamenti di piante furono portati avanti nell'opera di Annibale Carracci, Poussin e Claude, anche se la situazione cambiò drasticamente tra il XVIII e il XIX secolo, quando l’arte iniziò a sfruttare l’immagine della pianta in questione in una miriade di modi diversi...
ENDURANCE (2023)Dipinto di Patrick Egger.
Patrick Egger: RESISTENZA
Le parole che l’artista di Artmajeur sceglie per accompagnare il titolo, già abbastanza rivelatore del significato ultimo del soggetto raffigurato, sono: ”la resistenza di un albero che si ritira nelle poche vecchie branche ancora in vita, nonostante le dure condizioni della montagna... Quanto appena esposto ci fa di fatto riflettere sulla più che nota resilienza della pianta in questione, che, ogni anno, resta in piedi orgogliosa, nonostante la perdita delle sue, forse amate, foglie, consapevole del fatto che i momenti di rinascita arriveranno sicuramente, rendendo ancora verdi i suoi rami spogli. Ad ogni modo, mi sono inventata un trucco per aggiungere altri possibili significati all’opera in questione, che ho deciso di accostare ad un capolavoro della storia dell’arte, facendo in primis riferimento al suo titolo. Di fatto, il dipinto di Egger potrebbe, dato il suo soggetto, cambiare il suo nome in “The Lonely Tree”, assumendo quello attribuito da Caspar David Friedrich ad una sua tela del 1822, volta a raffigurare, in qualità di protagonista, una pianta isolata in un verde e montuoso paesaggio. A rafforzare le affinità tra le opere in questione sopraggiunge anche il significato del dipinto di Friedrich, anch’esso pronto ad alludere al coraggio di sopravvivere di una vecchia quercia, ormai danneggiata, oltre che messa in pericolo da alcune minacciose nuvole, che formano una specie di cupola sopra la sua chioma. Ciò che rende diversi i dipinti, invece, è, oltre alla prospettiva paesaggistica, la presenza, nel caso di The Lonely Tree, di un pastore, che trova riparo sotto i rami coperti di foglie, postazione dalla quale osserva al sicuro il suo gregge.