Piergiorgio Panelli
PAESAGGIO IN BLUE JEANS
“Qual è il suo colore preferito?” “il blu!”
M. Pastoureau, Blu, storia di un colore
Nel momento in cui si entra in contatto con la pittura di Piergiorgio Panelli, si comprende immediatamente che alla base della sua produzione c’è un’ispirazione di tipo astratto/materica. Nei suoi lavori però sembra prevalere – tra i due – l’aspetto più astratto, condizionato da una forte connotazione coloristica, una connotazione che si evidenzia attraverso il sedimentarsi sulla tela di strati che finiscono per comporre il soggetto – un paesaggismo da Ultimo naturalismo, secondo la definizione di Francesco Arcangeli – sul quale lavora. Gli elementi marterici, invece, sono più nascosti, limitati a spatolature che increspano e induriscono il colore, oppure a qualche “gocciolamento” di materia liquida che invade le campiture sottostanti. In ogni caso, ogni elemento che entra in contatto con la produzione artistica di Panelli sembra “mettersi al servizio” del colore, in modo da iniziare una sorta di scambio mutualistico per il quale – e con il quale – segno e forma subiscono un deciso arricchimento e, di conseguenza, una più marcata presenza estetica.
C’è qualcosa di morlottiano nelle sue scelte cromatiche, soprattutto nella tinteggiatura degli spazi che appartengono al cielo. Il blu è compatto, senza sfumature, un blu che ritorna continuamente nei lavori di Panelli. È probabile che, se si dovesse cercare un leit motiv, uno stilema caratterizzante la sua pittura, esso è proprio il blu.
Il blu è un colore così strano, così contraddittorio, così difficile e, nello stesso tempo, così immediato e presente nella nostra quotidianità. È il colore dei mantelli dei re e delle regine, ma anche del tessuto più popolare, è un colore che ispira serietà, semplicità e nobiltà.
Panelli non si sente condizionato dall’importanza di questo colore. Il suo blu delimita, svolge la funzione di garantire le peculiarità evocative delle altre tinte. Il blu è la certezza dell’esistenza, è la realtà nella quale si sviluppa ogni discorso pittorico di Panelli. Il blu, dunque, ha il compito di far comprendere il vero significato di questi suoi lavori, lavori che rappresentano effettivamente la stilizzazione di paesaggi. Si tratta di visioni collinari nelle quali la natura è elemento primario. Non c’è la definizione tradizionale degli spazi, essi sono ridotti a elementi geometrici, a forme che si giustappongono dando l’idea di una trasformazione continua. È spesso la luce che contribuisce a fare di quel paesaggio un qualcosa in movimento, un qualcosa della quale percepisci il possibile e repentino cambiamento. Ma il cambiamento determinato dall’alternarsi di luci e ombre non è solo nel paesaggio, in fondo il paesaggio è soltanto uno specchio del proprio essere, e, per questo, il cambiamento avviene anche in se stessi. Le tele di Panelli appaiono a tutta prima cariche di un vitale ottimismo, ma quegli stessi colori, quegli stessi spazi, così positivi, possono diventare evocazione simbolica di un momento di sconforto, di scoramento, di tristezza, in quell’eterno rincorrersi d’emozioni che costruiscono l’esistenza d’ogni essere pensante.
Carlo Pesce
Fiori D'acqua Acqui 2011
L’acqua ha da sempre rappresentato per gli artisti un motivo di meditazione. Anche Piergiorgio Panelli in queste sue opere recenti, dopo avere osservato attentamente il paesaggio collinare a lui più caro, ha cominciato a lasciarsi trascinare da quella poesia che sembra aleggiare sulla superficie delle acque.
“Fiori d’Acqua” , come la tradizione artistica ha reso palese, è un titolo che evoca silenzio e contemplazione. Panelli cerca di immaginare un ideale fruitore delle sue opere. Il paesaggio gli piace, ma esige una sua “comprensione”. La sua contemplazione, in termini rigorosi, implica la dimenticanza di se stessi. Un oggetto degno di contemplazione, come uno specchi d’acqua sul quale galleggiano alcuni fiori, è, in effetti, un oggetto che annulla chi percepisce.
Questa è una premessa non per comprendere il lavoro di Panelli, ma per capire lo spirito dal quale esso nasce. A suscitarne il pensiero è la quotidianità, sono gli incontri, con le persone e anche con le cose. egli vede, guarda, registra, non tanto il particolare o l’insieme, ma la sostanza di ciò che vede.
Tutto questo diviene sollecitazione mentale, luogo di pensiero. Così nel tempo matura una visione che prima prende forma di segno sfrondando tutto quanto è superfluo, liberando l’immagine mentale che piano piano si va affrancando da condizionamenti, fino a quando il segno si consolida e diventa di nuovo materia.
Qui il confronto torna a essere fisico. I fiori d’acqua diventano il medium attraverso il quale è possibile tradurre la visione in realtà tangibile.
Carlo Pesce