Lunghi, ultimi momenti (2025) Картина - Marco Bettocchi

"Lunghi, ultimi momenti" – parte della collezione "Il futuro dietro di me" – è nato in un tempo sospeso, quando la memoria e l’intuizione si sono trovate a camminare fianco a fianco.
In questa opera ho voluto raccontare la fragilità di ciò che sta per svanire, ma che ancora resiste. Le superfici spezzate, le cuciture visibili, le crepe tra i materiali: sono ferite che parlano. Mi sono immerso in una tavolozza spenta ma interrotta da squarci di luce—quel giallo, quell’arancio intenso sul lato destro—sono lampi improvvisi di lucidità nel caos di una mente che fatica a trattenere il presente.
Un elemento per me centrale, quasi segreto, è l’inserimento di un frammento di pizzo antico, cucito a mano. Non è lì per bellezza, ma come simbolo. Quel tessuto delicato e resistente è un frammento di memoria concreta: memoria cucita, vissuta, tramandata. Mentre lo integravo sulla superficie della tela, pensavo alle mani che lo avevano lavorato, forse per una dote, forse per un giorno speciale. Ora si trova immerso nei pigmenti, tra fiori bianchi che affiorano come rilievi fossili e tocchi di giallo che sembrano fiammate residue di un’estate passata. È la materia stessa del tempo che si fa visibile, fragile e resistente insieme. Un dettaglio che tiene insieme la pelle della tela come un ricordo che non vuole svanire.
Il titolo non è solo un riferimento al tempo che scorre, ma al tipo di tempo che pesa. Gli ultimi momenti possono essere lunghi come una vita intera quando si ha la sensazione che il futuro stia già tornando alle spalle, diventando passato prima ancora di essere vissuto. E allora cosa ci resta se non la materia stessa del ricordo, distorta, mescolata, incollata?
Nel realizzare questa tela ho strappato, incollato, dipinto con gesti lenti e poi furiosi. Ho inciso linee, tracciato simboli che forse solo io comprendo. Alcuni elementi sembrano simboli, lettere—sono tentativi di trattenere significati, anche quando le parole non bastano.
C’è una tensione tra ordine e disfacimento. Le strutture geometriche in legno che si aprono sull’arancio, come una ferita architettonica, sono lì per ricordare che ogni rovina ha avuto, prima, una forma.
Mi piace pensare che chi guarda questo lavoro possa trovarci un proprio frammento di fine. Ma anche un’apertura. Perché se il futuro è dietro di noi, allora forse possiamo solo guardare avanti per ritrovare ciò che abbiamo perduto.
Hai mai provato quella sensazione? Di qualcosa che finisce mentre ancora lo stai vivendo?

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