Taxi: frenate tra storia e pittura

Taxi: frenate tra storia e pittura

Olimpia Gaia Martinelli | 7 ott 2023 8 minuti di lettura 0 commenti
 

La tematica in questione riguarda i taxi, nello specifico quelli della città di New York. É possibile approcciare alla materia, rivelando la storia di queste particolari automobili...


Taxi: ostacoli tra storia e pittura Taxi, Dalì, Basquiat, Warhol e Al Held

La tematica in questione riguarda i taxi, nello specifico quelli della città di New York. É possibile approcciare alla materia, rivelando la storia di queste particolari automobili, dando seguito a tale racconto, mediante l’illustrazione di alcune opere d’arte contemporanea a tema, esclusivamente prese in prestito dal ricco database di Artmajeur. È possibile dar forma al proposito in questione  dividendo il racconto in due parti: la prima escluisivamente storica, mentre la seconda esclusivamente pittorica. A questo punto però sorge interrogarsi su una questione: esistono noti capolavori volti a immortalare i taxi gialli? Dato che la risposta è affermativa, nonostante il soggetto risulti essere poco popolare all’interno della storia dell’arte, si può immaginare di mettere le tematiche sopra esposte in un frullatore, volto a creare un mix tra racconto storico e artistico, volto a dar forma a una narrazione, in cui le vicende che hanno segnato la vita del taxi giallo, si interrompono bruscamente per far parlare le opere di grandi maestri, quali Dalì, Basquiat, Warhol e Held, che l’hanno raffigurato. Solo dopo questa mescolanza potremmo parlare con coscienza dell’arte contemporanea, consapevoli di quello che è stato, sia in pittura, sia nei fatti concreti, oltre che databili. Procedo come stabilito, e vi avviso, il racconto subirà delle brusche interruzioni, esclusivamente di natura pittorica, che si imporranno nella struttura del testo storico, come le frenate che spesso accompagnano la frenetica guida del mezzo di trasporto in questione. Partendo dal citare Wikipedia: “I veicoli dei taxi, ciascuno dei quali deve avere un medaglione per operare, viaggiano in media 180 miglia per turno. Al 14 marzo 2014, c'erano 51.398 persone autorizzate a guidare taxi con medaglione. Erano presenti 13.605 licenze di medaglione per taxi. Entro luglio 2016, quel numero era leggermente sceso a 13.587 medaglioni, ovvero 18 in meno rispetto al totale del 2014. La clientela dei taxi è diminuita dal 2011 a causa della concorrenza delle società di ridesharing come Uber.” Quanto riportato ci fa entrare nel vivo dell’argomento, mettendo in evidenza la popolarità, e al tempo stesso le debolezze, che l’automobile in questione presenza nel mondo contemporaneo, nel quale si trova a girare, strade dopo strade, sin dal 1897, anno in cui la prima compagnia di taxi a New York, ovvero la Samuel's Electric Carriage and Wagon Company (E.C.W.C.), iniziò a operare con 12 carrozze. Eccola! Arriva la prima frenata, quando vi chiedo di pensare a come potrebbero essere stati i primi passeggeri del mezzo in questione, e mi viene in mente, con ironia, Rainy Taxi (1938) di Salvador Dalì: opera d’arte tridimensionale, composta da un’automobile reale, che trasporta due manichini, ovvero un autista maschio con testa di squalo che trova posto nel sedile anteriore e una donna, collocata in quello posteriore. Il tutto è reso ancora più surreale e fatiscente dall’irruzione che la pioggia fa nella vettura, presenza dovuta a un sistema di tubature, che provoca una perdita all’interno del taxi. La visione è completata da dettagli alquanto inquietanti, in quanto la donna, che indossa un abito da sera e presenta i capelli arruffati, ospita lumache viventi e striscianti sul suo corpo, che viene circondato da lattuga e cicoria. La corsa del taxi riprende dopo l’arresto, e quindi, come prestabilito, tornaniamo di nuovo alla storia. Sintetizzando un racconto altrimenti troppo lungo e pieno di date, possiamo dire che da dopo la loro nascita, le automobili in questione, nonostante gli alti e bassi di svariato genere, riscontrarono un grande successo e una progressiva diffusione. Pertanto, prendo in prestito un sapiente uso del time-lapse, ovvero della tecnica cinematografica di accelleratura dei video, per giungere sino agli anni Ottanta, periodo in cui la composizione demografica dei tassisti cambiò con l’arrivo di nuove ondate di immigrati a New York City, tanto che l'82% dei lavoratori in questione era nato all'estero, mentre il 23% proveniva dai Caraibi e il 30% dal Sud Asia. Mi sono soffermata su questi dati perché, a dispetto di quanto dichiarato, Taxi, 45th/Broadway del 1984-85 di Basquiat e Warhol è un dipinto che parla di razzismo, poiché raffigura un uomo nero, esplicitamente etichettato come "NEGRO", intento a cercare invano di fermare un taxi, mentre un tassista bianco lo ignora, pronunciando insulti. L’opera, che va contro ogni sopra citata statistica, racconta della realtà effettivamente vissuta da Basquiat, portandoci ad effettuare un’altra fermata del nostro taxi, ovvero l’ultima in questione, che portarà all’esaurisi della tematica storica. La narrazione segue con scioperi, leggi, buoni propositi per aumentere la sicurezza, cambi di modelli o loghi, aggiornamenti tecnologici vari e, in special modo dagli anni Duemila, un discreto calo della presenza dei suddetti mezzi di trasporto, in favore dei sopra menzionati Uber. Nonostante quest’ultimo dato, possiamo ancora immaginare una discreta presenza dei mezzi in questione nel traffico di New York, in particolar modo all’interno di quei chiassosi imbottigliamenti di macchine, forse ricordati dai “disordinati” e “claustrofobici” incastri di figure geometriche di Taxi Cab III (1959), dipinto realizzato da Al Held, mediante l’uso di uno stile gestuale dinamico, reso da colori puri e vernici acriliche Liquidex all’epoca appena sviluppate. Di fatto, anche la descrizione dell’opera fatta dal MET, luogo di conservazione del dipinto, associa l’astrazione in questione ad uno scontro e ad una sovrapposizione di veicoli, pronti ad alludere anche ad una melodia jazz, che si presta ad accompagnare freneticamente il tutto, imponendosi come colonna sonora cacofonica della città natale del pittore.  È arrivato il momento di chiamare un altro taxi, per salire a bordo di un nuovo punto di vista sulla tematica in questione, offertoci dall’operato degli artisti di Artmajeur, quali: Edith Verdickt, Sergio Capuzzimati e Raymond Agostini.

NEW YORK #75 (2019) Dipinto di Sócrates Rízquez.

TAXI GIALLO Dipinto di Edith Verdickt.

Edith Verdickt: Taxi giallo

Attraversi la strada, ti trovi nella sua metà e sotto ai pieni hai la striscia che divide la carreggiata. Sei quasi giunto alla meta, quando ti fermi per completare il tuo tragitto, osservando se, nella nuova direzione, sopraggiungono mezzi. Mentre descrivo ti sei appena girato perché alle tue spalle, ovvero nell’area che hai appena superato, sopraggiunge un taxi e, nello stesso momento, davanti a te, un altro esemplare del genere sfreccia veloce, impedendoti di procedere. Il dipinto di Edith Verdickt pare un’instantanea dell’attimo appena descritto, che, per esprimere il moto nel suo apice, si realizza mediante lunghe pennellate, volte a trovare il loro punto di massima espressione nella più rapida macchina che si presenta sulla destra del supporto. Gli edifici in lontananza, invece, seppur immobili, sono accennati con pennellate veloci e fugaci, pronte a sintetizzare al massimo l’insegnamento dell’Impressionismo, che rende concreta la visione solo se osservata ad una certa distanza. A proposito della pittrice francese, invece, è curioso venire a conoscenza del fatto che, in realtà, Edith Verdickt viva sull’isola di Oléron, luogo dal quale, oltre a catturare principalmente marine, interpreta anche paesaggi urbani, nati probabilmente dall’osservazione di fotografie, cartoline o dalla ricostruzione mentale dei ricordi di cemento.  

VITA IN TECHNICOLOR (2022)Fotografia di Sergio Capuzzimati.

Sergio Capuzzimati: La vita in Technicolor

Anche quest’opera ci offre l’opportunità di osservare il taxi da un punto di vista che percepiamo sicuramente con i nostri occhi, anche solo per brevi istanti ogni giorno, ma, principalmente, senza nemmeno rendercene conto e quindi trascurandolo. Allora interviene l’artista, che, riconoscendolo come un’intuizione, ovvero come un frammento di realtà, e quindi una sorta di testimonianza, lo fissa nel tempo, per renderlo ufficiale. Di conseguanza, Sergio Capuzzimati ha catturato il momento in cui, mentre usciamo dal taxi, guardiamo di fronte a noi, scorgendo anche il tetto del mezzo, oppure quando, velocemente, giriamo la testa per attraversare, intravedendo il dietro delle suddette vetture. In questi momenti però, siamo presi da tutt’altro, quando invece potremo renderci conto di cosa stiamo guardando, per dare un immagine concreta allo scorrere dei nostri pensieri. Allora, in nostro in soccorso, interviene l’arte, che ci da la possibilità, talvolta anche a posteriori, di associare una visione ad un ragionamento o a un ricordo, che, in qualche caso, concidono addirittura con lo stessa sensazione, che l’artista ha provato al momento della realizzazione del suo lavoro. A proposito di Capuzzimati, invece, è bene specificare come il suddetto taxi sia stato immortalato ad Hong Kong, luogo in cui il fotografo ha eletto il mezzo in questione a uno dei suoi soggetti preferiti, che generalmente preferisce catturare durante le ore notturne, dove le insegne luminose di quando sono liberi, paiono dialogare con gli altri neon della città. Infine facendo riferimento alle stesse parole dell’artista, egli rivela come: “Durante una sessione fotografica, ho notato una fila di auto con un taxi in attesa: approfittando di questa fila temporanea, mi sono rapidamente spostato in mezzo alla strada, scattando una foto all'insegna illuminata del taxi il più vicino possibile e sfocando le luci al neon sullo sfondo: il risultato finale è un'immagine cinematografica che dà allo spettatore la sensazione di far parte della scena."

PONTE DI BROOKLYN (2018) Dipinto di Raymond Agostini.

Raimondo Agostini: Ponte di Brooklyn

Fino ad ora abbiamo visto opere assai lontane dal classico, studiato e “in posa” soggetto da cartolina, peculiarità che invece si palesano nel poetico e curato dipinto di Raymond Agostini, volto a catturare un taxi posto, non casualmente, ai piedi dell’iconico ponte di Brooklyn, mentre è immerso nelle luci della notte, venendo rischiarato, pricipalmente, dal fascio luminoso che proviene dal lampione a lui sopra, la cui presenza è accompagnata da piccole lampadine presenti sull’infrastruttura, che paiono, sovrapponendosi al cielo, creare un preciso manto stellato. L’intento dell’artista è proprio quello di mettere in evidenza, illuminandoli, il ponte e il taxi, due simboli della Grande mela per eccellenza. Gli altri elementi che costituiscono la composizione, ovvero le varie macchine e i palazzi, sono invece rischiarati solo in parte, apparendo esclusi dalle luci della ribalta. A proposito del pittore francese, Agostini dichiara di essere effettivamente appassionato di architettura, progettazione spaziale ed estetica, interessi che esprime indagando molteplici tematiche, in cui trovano ampio spazio il genere del ritratto e del paesaggio urbano, talvolta anche abbandonato. Infine, l’artista da anche spesso vita a composizioni volte ad unire i suoi interessi, proprio come quei dipinti che raffigurano nudi all’interno di edifici ormai dimenticati.

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