Vincent van Gogh, Campo di grano con corvi , 1890. Olio su tela, 50,2 cm × 103 cm. Museo Van Gogh, Amsterdam.
A partire da Vincent van Gogh...
Su un campo di grano maturo vola uno stormo di corvi, che, osservando con cura il manto dorato, pare quasi dirigersi verso quella stradina, che appare in primo piano del supporto, volta a fendere gli steli gialli per poi perdersi nella natura stessa. Il confine di quest’ultima è determinato, nella sua parte inferiore, da bordi di erba verde, oltre che da un abbondante terreno argilloso, il quale trova collocazione sotto un cielo scuro, in cui vorticano nubi nere, che paiono riproporre lo stesso moto dei volatili in questione. Bene, il tema dell’articolo sono proprio questi ultimi animali all’interno del racconto della storia dell’arte, argomento che potrebbe essere affrontato facendo solamente riferimento al dipinto sopra descritto, nientemeno che l’altamente noto Campo di grano con volo di corvi (1890) di Vincent van Gogh, proseguendo la narrazione con gli altrettanto celebri L’albero dei corvi (1822) di Caspar David Friedrich e I santi Antonio Abate e Paolo Eremita (1634–1660) di Diego Velasquez. Volendo però saltare argomenti ampiamente sfruttati, procederò ad illustrare altri dipinti sui corvi, eseguiti da grandi maestri, sicuramente meno noti di quelli mainstream sopra citati. Allora, nel rispetto di quest’ultimo intento, vi farò conoscere l’operato in materia di Alexei Kondratievich Savrasov, Vasily Vereshchagin, August Friedrich Schenck, John William Waterhouse, Marie Spartali Stillman e Lovis Corinth, partendo dal capolavoro del primo pittore in questione: The Rooks Have Returned (1871).
Alexei Savrasov, I corvi sono tornati , 1871. 62 cm × 48,5 cm. Galleria Tretyakov.
Alexei Kondratievich Savrasov: The Rooks Have Returned (1871)
Prima di tutto è bene introdurre l’artista (Aleksej Kondrat'evič Savrasov; 1830-1886) , dicendo semplicemente ch’egli è stato un pittore russo principalmente paesaggista, che si è distinto per aver dato vita allo stile lirico del genere in questione. A propisito di The Rooks Have Returned (1871), invece, l’opera, conservata presso la Galleria Statale Tretyakov (Mosca), è considerata essere il lavoro più noto di Savrasov, oltre che un dipinto necessario per lo sviluppo della pittura paesaggistica russa. Inoltre, The Rooks Have Returned è stato il frutto di un lungo studio dell’artista, che ha avuto luogo tra Yaroslavl e nel successivo spostamento presso il Governatorato di Lostroma, dove, nel villaggio di Molvitino, egli ebbe modo di trarre ispirazione dalle fattezze della Chiesa della Resurrezione. Ad ogni modo l’opera fu completata a Mosca, capitale in cui il capolavoro riscosse grande successo, in quanto fu subito riconosciuto come un’opera in grando di dar voce all’anima semplice dell’artista, inequivocabilmente sensibile e vicino alla realtà della natura e ai suoi cambiamenti. Di fatto, il dipinto coglie il momento in cui, ogni anno, i corvi tornano ai loro nidi in prossimità della primavera, precisamente prima che la neve dell’inverno sia completamente scongelata, istante alquanto scontato e ripetitivo, che, mediante il miracolo dell’arte, si trasforma in un rito sacro da contemplare silenzionsamente, nonchè con grande e inedita attenzione.
Vasily Vereshchagin, L'apoteosi della guerra , 1871. Olio su tela, 127 cm × 197 cm. Galleria Tretyakov, Mosca.
Vasily Vereshchagin: The Apotheosis of War (1871)
Il pittore russo Vasily Vasilyevich Vereshchagin (1842-1904) fu un artista di guerra, che, fecente parte dell’Ordine di San Giorgio, è stato celebre principalmente per la natura grafica delle sue scene realiste, le quali, proprio per tali peculiarità, subirono l’ostracismo di una parte dell'intellighèntsija russa, tanto da non essere in parte mai stampate o esposte. Per quanto riguarda The Apotheosis of War, invece, il dipinto raffigura una pila di teschi umani, probabilmente risultato di una battaglia o di un assedio, che trovano collocazione all’interno di un paesaggio desolato, posto al di fuori della mura della città di Samarcanda, luogo in cui l’artista si trovò in precedenza a combattere per l’esercito Imperiale Russo, in quelle che furono le operazioni di conquista del Turkestan Russo. A quanto appena descritto mancano però le scure presenza di uno stormo di corvi, giunti, o ancora in arrivo, al sopra citato e lugubre bachetto, mentre le mute montagne osservano la scena, fungendo da linea divisoria del dipinto, e quindi separando le steppe vuote dall’immensità del cielo. Infine, la descrizione termina con le stesse parole dell’artista, che, sul telaio dell’opera, scrisse: dedicò il dipinto "a tutti i grandi conquistatori, passati, presenti e futuri", volendosi probabilmente oppore alla sopraggiunta della morte, che, personificata dai teschi e dai corvi, si presenta da sempre come la più tragica nemica del ricordo della vita umana.
August Friedrich Schenck, Angoscia , 1878. Olio su tela, 151 cm × 251,2 cm. Galleria Nazionale di Victoria, Melbourne.
August Friedrich Schenck: Anguish (1878)
August Friedrich Albrecht Schenck (1828-1901), pittore principalmente attivo in Francia, è nato nella città di Glückstadt, comune tedesco all'epoca danese. A proposito di quest’ultimo maestro, è importante rendere noto come la sua opera più conosciuta sia proprio quella che ha, tra l’altro, raffigurato uno stormo di corvi, ovvero: Anguish (1878). La tela in questione immortala, in qualità di soggetto principale, una madre pecora angosciata per la morte del figlio, il cui corpo senza vita è circondato da un gruppo di uccelli neri, pronti ad aspettare di poterlo divorare. Importante è l’osservazione dei dettagli dell’opera, quali l’aria che si condensa in prossimità della bocca della mamma agnello, animale che aveva appena terminato di emettere uno straziante lamento di dolore, mentre un rivolo di sangue avanza nella candida neve, diffondendosi a partire dalla bocca del piccolo mammifero deceduto. Il cielo sotto il quale avvengono tali eventi nefasti presenta le più tristi peculiarità del periodo invernale, mostrandosi grigio e nuvoloso, come un volto che da un momento all’altro può scoppiare in una pioggia di pianto. Infine, è curioso sapere come esiste un’altra versione dell’opera, ovvero L'Orfano, ricordo dell'Alvernia (1885), dipinto che, custodito al Musée d'Orsay, presenta l’agnello sopra al corpo senza vita della madre.
John William Waterhouse, Il cerchio magico , 1886. Olio su tela, 183 cm × 127 cm. Tate Britain, Londra.
John William Waterhouse: The Magic Circle
Il Preraffaellita moderno John William Waterhouse (1849-1917) fu un pittore britannico, il cui lavoro, nato qualche decennio dopo lo scioglimento della confraternita dei Preraffaelliti, presenta, sia l'influenza di questi ultimi, che quella degli impressionisti a lui contemporanei, fatto che ha generato lo sviluppo di stilemi "borderline", che si realizzano pricipalmente in soggetti mitologici o arturiani. La sua opera in cui si concretizza la necessaria presenza dei corvi è The Magic Circle, olio volto a raffigurare una maga intenta a usare una bacchetta per disegnare un cerchio infuocato sulla terra, mediante il quale si persegue l'intento di dar vita a uno spazio rituale, dove possa prendere forma un'evento cerimoniale. La donna è sicuramente il personaggio pricipale del dipinto, che viene accompagnata da corvi e da un rospo, presenze dipinte in qualità di simboli popolari delle attività di stregoneria, che trovano collocazione all'interno di un paesaggio nebbioso, alquanto irreale, mistico e, senza ombra di dubbio, magico. Il soggetto di The Magic Circle non deve stupirci, in quanto il maestro ricorse di sovente, all'interno del suo operato pittorico, all'esplicitazione di tematiche riguardanti la magia e il potere della profezia, indelebilmente legate all'immagine di una donna incantatrice, sempre pronta a rievocare la celebre Circe dell'Odissea.
Marie Spartali Stillman, Antigone che compie i riti funebri sul corpo di suo fratello Polinice (data sconosciuta), olio su tela, ulteriori dettagli sconosciuti.
Marie Spartali Stillman: Antigone (data sconosciuta)
Maria Eufrosyne Spartali (1844 – 1927) è stata una delle modelle predilette della Confraternita dei Preraffaelliti, associazione artistica influente per la pittura vittoriana, che la vide, successivamente, formatasi anche in qualità di pittrice, la cui longeva carriera fu stimata da grandi del "genere" quali, ad esempio, Dante Garbiel Rossetti. A proposito invece della sua opera che ci parla di corvi, essa è Antigone Giving Burial Rites to the Body of Her Brother Polynices, olio tra i primi della pittrice, che proprio in quel periodo stava imparando la tecnica in questione da uno dei maggiori esponenti dei Preraffaelliti, ovvero il maestro britannico Sir Edward Coley Burne-Jones. Tale dipinto raffigura una scena della tragedia greca Antigone, precisamente quella in cui quest'ultima eroina è intenta a piangere il fratello morto Polinice, mentre egli è disteso su di una roccia battuta dal vento, all'interno di un paesaggio desolato. Antigone, che proprio in questo contesto prova a seppellire il corpo del fratello, va contro il volere del re Creonte di Tebe, il quale impose un decreto specifico, mediante il quale Polinice non doveva essere addirittura pianto. Quest'ultima decisione è dovuta al fatto che Polinice, che voleva salire al trono di Tebe, morì assediando la città, comportandosi alla stregua di un nemico, al quale Creonte non voleva rendere gli onori funebri. Di conseguenza, il dipinto raffigura il momento in cui Antigone si oppone alla sopra menzionata legge, cercando di dare degna sepoltura al fratello, fatto che, quando venne scoperto, le costò la libertà e, successivamente, la vita, in quanto la donna, una volta imprigionata, decise di impiccarsi, evento che portò all'estremo gesto di Emone, figlio di Creonte, nonchè promesso sposo della donna. Allora i corvi dell'opera potrebbero rappresentare anche una sorta di provvidenziale alternativa salvifica ai danni implicati dalla sepoltura, in quanto se solo loro avessero avuto il piacere di divorare il corpo di Polinice non ci sarebbe stati ulteriori spargimenti di sangue.
Lovis Corinth, Paesaggio con un grande corvo (1893), olio su tela, 96 × 120 cm, Städelsches Kunstinstitut und Städtische Galerie, Francoforte.
Lovis Corinth: Landscape with a Large Raven (1893)
Lovis Corinth (1858-1925) è stato un pittore, incisore e scrittore tedesco, il cui operato ha dato vita a una sintesi tra impressionismo ed espressionismo, inizialmente originati da un approccio all'arte principalmente naturalistico, che si è successivamente evoluto mediante l'uso di colori vividi, volti a interpretare pricipalmente ritratti, nudi, paesaggi e scene bibliche contraddistinti da una straordinaria vitalità e potenza. A proposito dei paesaggi, a questo genere appartiene Landscape with a Large Raven (1893), dipinto che ben rappresenta il periodo degli anni '90 dell'artista, in cui egli cominciò a dedicarsi assiduamente a tale soggetto, che, nel caso del capolavoro in questione, pare "rievocare" il vicino esempio del Campo di grano con volo di corvi (1890) di Van Gogh. Allo stesso modo di quest'ultimo dipinto, in Landscape with a Large Raven i suddetti animali rappresentano dei nefasti, inequivocabili e imminenti presagi di morte, catturati mentre si librano in cielo, dove costituiscono gli unici esseri viventi ad animare una campagna altrimenti deserta. Adesso, se nel caso di Vincent siamo perfettamente consapevoli del suo disagio interiore, che è stato sempre pronto a palesarsi nella sua pittura, è bene rendere noto di come anche Corinth fosse effettivamente affetto da una malinconia cupa, che, protagonista dei suoi momenti di depressione, è stata spesso celata dall'immagine più tradizionale della sua vita sociale, oltre che da quella sostanzialmente più positiva del suo operato. Infine, è impossbile chiudere questa "rassegna" di opere sui corvi senza citare altri esempi, quali: Ruin by the Sea (1881) di Arnold Böcklin, Crows Before the Sleigh (c 1900) di Stanislaw Siestrzencewicz, The Last Journey di Jakub Schikaneder, Landscape with Ravens (1911) di Egon Schiele e The Pilgrim Folk (1914) di Marie Spartali Stillman.