Céline Ouimet, L'incontro, 2021. Olio su tela, 60 x 60 cm.
Siete sicuri di sapere tutto sui cani?
È ormai noto come, tra i maggiori fenomeni che si sono sviluppati durante la pandemia del Covid-19, ci sia stato anche quello del "cucciolo pandemico". Se ne avete preso uno, è sicuro che la vostra vita si sia ormai arricchita di un enorme mole di coccole e affetto! Ma ora che siete diventati amanti dei cani, siete sicuri di sapere tutto sul loro grande ruolo all’interno della storia dell’arte? Infatti, proprio questo animale, simbolo vivente di protezione, lealtà e amore incondizionato, è stato il più rappresentato all’interno delle arti figurative, in cui è apparso sin dalle più remote rappresentazioni rupestri. Successivamente, e durante quasi tutta la storia umana, i cani hanno continuati ad essere, oltre che guardiani, aiutanti e compagni, delle vere e proprie muse, divenendo i soggetti di iconici dipinti, sculture, stampe, fotografie e opere monumentali.
James Shang, Portrait pet dog 001. Olio su tela, 50 x 60 cm.
Ac1, Boy with dog, 2018. Acrilico / vernice spray / stencil su tela, 100 x 110 cm.
I cani nell’arte: molteplici punti di vista
La storia del cane nell’arte inizia molto tempo fa, quando, nelle caverne e nelle tombe dell'età del bronzo, essi furono i protagonisti di disegni, statue, giocattoli per bambini e i modelli in ceramica. Successivamente, nel mondo egizio, greco e romano, i suddetti animali, visti come fedeli e coraggiose guide, custodi del prezioso collegamento tra il nostro mondo fisico e l’aldilà, apparvero di sovente in dipinti e rilievi. All’interno della civiltà greca, questi ultimi, di frequente immortalati sui vasi, furono apprezzati per la loro fedeltà, proprio come testimonia il cane Argo dell’Odissea, unico personaggio che fu in grado di riconoscere il padrone, dopo lunghi anni di attesa. Nel mondo romano, invece, esistevano tre tipi di cani: quelli da caccia, ovvero i segugi, quelli da guardia, tipo il mastino napoletano e quelli giocattolo, che, come il maltese, servivano principalmente per fare compagnia alle donne. Per quanto riguarda la storia dell’arte però solo le prime due razze furono largamente immortalate, perché, essendo utili nelle battaglie e nella caccia, erano più apprezzate. Infatti, esempio di quanto detto, è il mosaico di Pompei risalente all’incirca al primo secolo a.C., che, ritrovato nella Casa del Poeta Tragico, immortala, insieme alla scritta “Cave Canem” (attenti al cane), il prezioso guardiano della dimora. Durante il Medioevo, i cani furono sempre considerati simbolo di fedeltà e lealtà, tanto che in molteplici occasioni accompagnarono i dipinti aventi per soggetto coppie sposate, proprio come nel popolare Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck (1434). In aggiunta però, sempre in questo stesso periodo, tale animale apparve anche in altri due contesti: nei ritratti di vedove, rappresentando il simbolo della fedeltà verso il defunto marito, e nelle sculture lapidee, al fine di lodare la costanza coniugale della persona morta. Per quanto riguarda le scene di caccia, invece, l’arte medievale soleva raffigurare immagini di uomini con i loro cani, al fine di conferire una dimostrazione tangibile dell’alta posizione sociale del proprietario, intento a svolgere un divertimento prettamente aristocratico.
Il mosaico "Cave canem" nella Casa del Poeta tragico di Pompei. @__cripto__
Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434. Olio su tavola, 82 cm x 60 cm. Londra: National Gallery. @fineartcatalog
Nonostante l’importanza che i cani ebbero nei secoli finora trattati, la loro presenza all’interno delle arti figurative si affermò ulteriormente durante il Rinascimento. Infatti, i suddetti apparvero di sovente nei ritratti degli aristocratici italiani, perseguendo la finalità di simboleggiare l’agiatezza di questi ultimi. Esempio di quanto detto è uno degli affreschi del Mantegna, che, realizzato all’interno della Camera Picta di Mantova, immortala il marchese Ludovico di Gonzaga con Rubino, il suo cane preferito, comodamente sdraiato sotto la sua sedia. Anche per Tiziano, altro grande maestro del rinascimento italiano, questi animali rappresentarono un soggetto importante, proprio come dimostra il dipinto che immortala Clarissa Strozzi in compagnia del suo fedele Papillon (1542).
Tiziano, Ritratto di Clarissa Strozzi, 1542. Olio su tela, 115 × 98 cm. Berlino: museo Gemäldegalerie. @guyboyer58
Cassius Marcellus, A Friend in Need, 1903. @dionisioarte
Jeff Koons, Baloon dog (red), 1994-2000. Acciaio inossidabile lucidato a specchio con verniciatura trasparente, 307,3 x 363,2 x 114,3 cm. Collezione privata. @agnese_montanari
Per quanto riguarda invece i secoli XVI e XVII, durante questo periodo i cani furono immortalati per lo più in scene di caccia o in grembo alle loro dame. È bene sottolineare che, soltanto a partire dal XVIII, si affermarono con forza i ritratti dei cani a pieno titolo, ovvero aventi per soggetto soltanto l’animale. Quanto detto trova riscontro nel cane Bob, famoso soccorritore Terranova, immortalato da Edwin Landseer nel dipinto A Distinguished Member of the Humane Society (1831). Durante il XX secolo tale modalità di rappresentazione si affermò ulteriormente, tanto che tali animali apparvero in nuovi ed inediti contesti, proprio come nell’iconico dipinto di Cassius Marcellus, A Friend in Need (1903), dove dei cani umanizzati sono intenti a giocare a carte fra di loro. Inoltre, altri grandi famosi maestri del Novecento immortalarono innovativamente questi animali, tra di essi, Pablo Picasso, Giacomo Balla, Francis Bacon e Keith Haring. Infine, il fedele amico dell’uomo continua ad essere un popolare soggetto anche nell’arte contemporanea, come dimostra, ad esempio, sia l’operato di Jeff Koons, che quello degli artisti di Artmajeur.
Igor Skaletsky, Girl on dog, 2015. Acrilico / collage su tela, 100 x 110 cm.
Igor Skaletsky: Girl on dog
Il dipinto realista dell’artista di Artmajeur, Igor Skaletsky, ripropone un’atmosfera, dai soggetti e dall’eleganza, quasi “rinascimentale”, in cui, in un contesto bucolico contemporaneo, si consuma una dolce “storia d’amore”. In questo ambiente, tranquillo e defilato, i protagonisti dell’opera godono della presenza reciproca, provando un muto trasporto tale, che li porta a guardare nella stessa direzione. Questo dipinto potrebbe essere paragonato, per i soggetti raffigurati e la loro complicità, ad A Young girl with her dog di Herkomer Sir Hubert von (1910 circa). A differenza di quest’ultimo però, nel dipinto dell’artista di Artmajeur il legame tra cane e padrone si fa ancora più intenso e stretto, poiché la ragazza, come da titolo, è letteralmente seduta sul proprio animale.
Ilya Volykhine, Glitter, 2018. Olio su tela, 120 x 120 cm.
Ilya Volykhine: Glitter
Nel dipinto ad olio di Ilya Volykhine, artista di Artmajeur, il realismo lascia spazio ad una visione personale, creativa e unica della realtà, che genera una inedita versione della razza canina del Dalmata, arricchita da inedite e divertenti macchie colorate. Tale personalissimo punto di vista porta avanti, in modo del tutto originale, una visione del mondo di tipo novecentesco, a cui hanno aderito, ad esempio, maestri come Paul Gauguin, che, in Still Life with Three Puppies (1888), ci ha fornito la sua personale interpretazione del cane. Pertanto, la ricerca figurativa di Glitter, affine alla più alta sperimentazione artistica, ha generato un raro e gioioso esemplare a quattro zampe, che trova collocazione all’interno della nostra fantasia.
Tomasa Martin, Pasaba por Allì, 2021. Olio e acrilico su tela di lino, 40 x 40 cm.
Tomasa Martin: Pasaba por Allì
Lo sfondo verde, e indefinito, su cui si stagliano soltanto i due protagonisti della scena e le loro ombre, contraddistingue il dipinto dell’artista di Artmajeur, Tomasa Martin, che rappresenta un’istantanea della nostra epoca. Infatti, l’opera immortalata una ragazza, che, camminando da sola, e a testa bassa, riflette totalmente il moderno senso di isolamento. Tale solitudine viene però spazzata via in parte dalla presenza di un simpatico, dolce e fedele amico a quattro zampe, che, intento a seguire la padrona, è felice soltanto di essere in sua compagnia. Pertanto, il dipinto fa emergere tutti i privilegi della vita da cani, tra i quali, c’è sicuramente quello di non comprendere il mondo degli umani.
Turgut Aygün, African dog’s ‘dancers’, 2019. Acrilico su tela, 100 x 140 cm.
Turgut Aygün: African dog’s ‘dancers’
La gioia e la spensieratezza del mondo animale, colta proprio nel suo apice, è stata catturata dal dipinto dell’artista di Artmajeur, Turgut Aygün, intitolato African dog’s ‘dancers’. Tale opera ricorda nei colori, e nel movimento circolare dei suoi protagonisti, La Danza di Henri Matisse, capolavoro indiscusso del mondo dell’arte, datato 1910. Se però nell’iconico dipinto del maestro francese la danza appare studiata e più controllata, in quello di Aygün è letteralmente istintiva, primitiva e selvaggia, sicuramente guidata da quella grande gioia, che di sovente anima, talvolta quasi senza motivo, l’umore dei nostri più cari amici pelosi.