Dagli occhi alle mani alla bocca: pittura e cibo!

Dagli occhi alle mani alla bocca: pittura e cibo!

Olimpia Gaia Martinelli | 26 lug 2023 9 minuti di lettura 2 commenti
 

Al centro della tela è disposta una realistica cenestra di vimini intrecciati, intenta a "accudire", oltre che a "cullare", i circa dodici esemplari di frutta di vario genere, che custodisce gelosamente al suo interno, raffigurati con l'intento di mostrare loro allo spettatore, che, in ogni caso, deve limitarsi solo a guardare...

BREAKFAST WITH THE ANIMALS (2015)Pittura da Igor Skaletsky.

Dagli occhi alla bocca, passando per le mani....

Al centro della tela si dispone una realistica cenestra di vimini intrecciato, intenta a prendersi “cura”, nonché “cullare”, gli all’incirca dodici esemplari di frutta di vario genere, che custodisce gelosamente al suo interno, raffigurati con l’intento di mostrarli allo spettatore, che, ad ogni modo, deve limitarsi soltanto a guardare, e quindi senza toccare o addentare, tale ricco banchetto di pere, mele, fichi, uva e pesche. Di fatto, la finzione pittorica appena descritta, fecente parte del genere della natura morta di realizzazione caravaggesca, volta ad assumere l’iconico titolo di Canestro di frutta (1594-1598), dimostra come, all’interno del racconto della storia dell’arte, il cibo si sia, in un primo momento, affermato come soggetto esclusivamente da contemplare, spesso evitando ogni qualsiasi tipo di raffigurazione, che accogliesse al suo interno una più intraprendete relazione tra l’uomo e un succulento piatto da consumare. Quanto appena affermato è stato dedotto dal fatto che le prime nature morte si svilupparono addirittura in età ellennistica, mentre le scene di genere, dove spesso rientrano soggetti colti a mangiare nelle loro dimore, presero piede soltanto a partire dall’indagine figurativa dell’Olanda della prima metà del XVI secolo. A questo punto però sorge una domanda più che legittima: cosa a proposito delle opere d’arte raffiguranti banchetti? Questo soggetto, diffuso sin dalle più antiche civiltà, è nato per fornire al pubblico l’immagine di un contesto all’interno del quale si socializza e si consumano cibi e bevande, anche se raramente esso si è prodigato a catturare soggetti colti effettivamente con la bocca aperta, ovvero intenti a ingurgitare prelibatezze, tanto che, nella maggiorparte dei casi, è più probabile vedere i commensali bere, mentre i loro abbondanti piatti restano a dir poco immacolati. Pertanto, al fine di dar voce ad una realistica e più autentica raffigurazione del rapporto tra il cibo e l’uomo, provvederò a costruire un racconto figurativo, che trasformerà la più pura contemplazione caravaggesca, in un pratico percorso, volto a portare il cibo dal mercato, ovvero dal luogo di approvvigionamento per eccellenza, fino alla bocca di un goloso e affamato personaggio, o gruppo di personaggi. Come sopra anticipato, il primo incontro ravvicinato tra uomo e frutta, pesce, carne, etc., precedente a quello successivo, di gran lunga più intimo e saporito, potrebbe avvenire nella Vucciria, noto mercato storico di Palermo raffigurato, nel 1974, dal pittore italiano Renato Guttuso, che ha dato vita, mediante un personalissimo stile e punto di vista, ad una narrazione volta a descrivere dei compratori che si spostano nello spazio ristretto della bancarelle, dove spicca la figura di una donna vestita di bianco, che, procedendo in avanti, si imbatte in un giovane uomo che cammina in direzione opposta. Infine, gli altri personaggi presenti nel capolavoro ricco di roba da mangiare sono, oltre ad altri passanti, i venditori, che sono per lo più impiegiati a sistemare, osservare e vendere la loro merce. Un altro luogo in cui potrebbe avvenire la più moderna e passiva attività di procacciamento del cibo è la Bottega del macellaio di Annibale Carracci, tela del 1585 distinta per la presenza di animali macellati che pendono dai ganci, pronti ad essere sapientamente tagliati e venduti al pezzo.

Vincenzo Campi, I mangiatori di ricotta , c. 1585. Olio su tela, 72 cm × 89,5 cm. Museo delle Belle Arti di Lione, Lione.

Annibale Carracci, Mangiatore di fagioli , 1584–1585. Olio su tela, cm 57×68. Galleria Colonne, Roma.

A questo punto, tra l’azione del comprare e del mangiare, si impone una fase determinante, ovvero quella in cui il cibo viene preparato, per essere pronto ad essere sminuzzato dal nostri denti, impastato dalla nostra saliva e deglutito per raggiungere l’insaziabile stomaco. Pertanto, al fine di descrivere il momento in cui si cuociono, si tagliano, si sminuzzano, etc. le prelibatezze comprate alla suddetta Vucciria, faccio riferimento a Due cuoche in cucina del fiammingo Marten De Vos, opera volta probabilmente a raffigurare due cuoche intente a preparate il pranzo del ricco Epulone. Dopo quest’ultimo capolavoro siamo quindi pronti per illustrare due opere, i cui effigiati, senza pudore alcuno, si scagliano sul cibo aprendo vistosamente le loro bocche, cosa che avviene, ad esempio, in I mangiatori di ricotta di Vincenzo Campi e, anche se in modo molto meno viscerale, nel Mangiafagioli di Annibale Carracci. A proposito del più esplicito dei suddetti capolavori, ne I mangiatori di ricotta si concretizza l’intento del pittore di cogliere l’animo popolare più tipico della tradizione contadina, ovvero quello segnato dall’imporsi di gesti spontanei e volgari, animati da un sano realismo rustico. Inoltre, le quattro figure protagoniste del capolavoro, titolato dallo stesso Campi Buffonaria, parrebbero essere state ispirate dalla tradizione della commedia dell’arte, mentre le fattezze della ricotta sembrerebbero alludere alla più nefasta forma di un teschio, probabilmente volto a ricordare come, un giorno, anche i piaceri legati al cibo troveranno la loro fine. Per quanto riguarda Carracci, invece, il noto olio su tela immortala le fattezze di un uomo, forse un contadino, mentre, seduto a una tavola, consuma un piatto di fagioli, sollevenado il cucchioio per portarlo alla bocca già avidamente aperta. Dettaglio degno di nota è il particolare volto a ritrarre come dal cucchiaio, colmo di cibo, cadono alcune gocce di brodo, fatto inaspettato volto a fare pendant con lo sguardo sopreso dell’effigiato, che si accorge, tutto d’un tratto, d’essere osservato mentre consuma la sua povera pietanza. Infine, dopo aver illustrato i più classici mangiatori della storia dell’arte, proseguirò il racconto con le medesime figure interpretate dei contemporanei pittori di Artmajeur.    

PRIMA DONNA CHE MANGIA LA PIZZA (2023) Dipinto di Ta Byrne.

Ta Byrne: Prima donna che mangia la pizza

Una donna dai capelli selvaggi, pronti a richiamare la criniera di un vigoroso leone, appare mentre è intenta, seduta a una tavola che si confonde con i colori dello sfondo, a gustare una pizza al salamino così ricca di mozzarella, che il filare di quest’ultima rimane vistosamente sospeso tra le sue labbra il saporito pezzo agguantato tra le mani. Questa immagine semplice e immediata va però caricata di significati più complessi, che ci vengono svelati dall’artista stessa, le quale ammette che il suo operato è generalmente frutto di un’attenzione rivolta verso la complessità della natura emozionale umana, resa mediante gli stilemi di un Surrealismo dalle peculiarità altamente riconoscibili, volte a fare appello all’indagine artistica di maestri del calibro di Picasso e Lowry. Sempre a proposito della suddetta emotività, la riflessione sul mondo interiore in questione giunge principalmente dai ricordi d’infanzia e dalle esperienze personali di Byrne, reinterpretate per trasmettere pensieri positivi, in una ventata di gioia e di felicità da riversare ai fruitori per gli anni a venire. Infine, tornando al dipinto in questione, l’accezione prima donna, con cui viene indicata nel titolo dell’opera l’effigiata, ci potrebbe fare pensare, sia a una figura dalla grande personalità, che alla Regina Margherita di Savoia in persona, ovvero al personaggio al quale, nel 1889, il pizzaolo Raffaele Esposito avrebbe dedicato l’iconica e classica nascita della pizza Margherita. In realtà però, l’alimento raffigurato dall’artista di Artmajeur è una pizza al salamino, prelibatezza inventata intorno alla fine dell’Ottocento dagli immigrati italiani in USA, che rivisitarono la ricetta tradizionale con ingredienti locali, creando anche storpiature tra l’italiano e l’inglese. Di fatto, essa utilizza un salame preparato con del peperoncino, parola che in inglese venne tradotta semplicemente con pepper, nominando la nota pizza ai “pepperoni”.  

VEGAN (2022) Dipinto di Artseeker Artists.

Artisti cercatori d'arte: vegani

Guardami come un vegano guarderebbe una bella bistecca di carne cotta al sangue, assaporami con quel desiderio misto all’impossibilità, all’irrazionalità, allo sbaglio, talvota al disgusto, ma forse proprio per questo in maniera molto forte, molto intensa, molto profonda, vera, proibita e irripetibile. Ecco! Proprio ciò che ho descritto parrebbe spiegare per esteso il titolo del dipinto di Artseeker Artists, che si pone in netto contrasto con quanto mostrato: la voglia di divorare uova fritte e pancetta di un piccolo e nero essere peloso, da identificarsi probabilmente nella razza canina dei French bulldog, interprete di un intenso e appassionato amore fatto di sguardi, che precedono, molto verosimilmente, una consumazione nervosa e veloce del pasto, dettata, sia dell’astinenza, che dalla paura di essere scoperti. In aggiunta, al fine di descrivere il legame che sì è istaurato tra quegli occhietti sognanti, birichini e contemplativi e la suddetta pietanza, faccio anche riferimento al contemporaneo termine “food porn”, ovvero quella forma di fotografia di cibo, che, mediante uno stile volto a presentare i piatti in modo accattivante, agisce in modo analogo alla fotografia glamour o a quella pornografica. Nel caso dell’opera Vegan, però, non si tratta tanto dell’apparenza del cibo in questione, ma dell’infatuazione che nasce tra mangiare e chi lo mangia, “legame” pronto a dar vita a un associazione intensamente sessualizzante, che ha le sue origini nel fatto che i dolci, lo zucchero, la carne, etc. sono indelebilmente legati alle esperienze più intimamente piacevoli della nostra vita, che, se non consumate, possono ridursi a un’indulgenza voyeuristica, alla stregua delle più erotiche fantasie sessuali.  

POP BURGER 03 (2021)Dipinto di Miguel Angel Lozano Bonora.

Miguel Angel Lozano Bonora: Pop hamburger

Strisce in bianco e nero, ripetute l'una accanto all'altra, compongono l'immagine di Marion Crane, che, all'interno di un'inedita interpretazione della nota scena della doccia del film di Alfred Hitchcock, titolato Psyco, spalanca la bocca per addentare un cheesburger, piuttosto che urlare al cospetto dell'arrivo della sua dipartita. Di fatto, l'ironia di Lozano Bonora ha cambiato nettamente i connotati della trama della suddetta pellicola, in cui, tutta la prima parte, appare come una sorta di introduzione a ciò che deve realmente succedere, che inizia a palesarsi proprio dall'omicidio di Marion Crane in poi. A proposito invece del rapporto tra arte e ironia, come prende forma quest'ultima nel linguaggio figurativo? É noto come per ironia si intenda quella capacità dell’enunciatario di dissimulare il proprio pensiero tramite parole o frasi, che significano il contrario di ciò che affermano, mediante un tono sarcastico, umoristico ed anche polemico, che, illuminando le intenzioni reali, costringe l’enunciatario a non limitarsi ad una lettura superficiale dell’enunciato, per attuare un ulteriore sforzo interpretativo, volto al fine di conoscere il vero significato di quanto appena affermato. Nell’arte quanto detto si palesa mediante la presenza di simboli contraddittori, e quindi ironici, volti a dissimulare, e allo stesso tempo rivelare, il vero significato morale indicato dall’autore, in un atteggiamento che ha raggiunto il suo apice nel periodo delle Avanguardie e delle Neoavanguardie. A questo punto, pensando alle aspre critiche rivolte alla società, celate dietro l’irriverente ironia di Manzoni, mi sono chiesta: l’humor di  Lozano Bonora nasconde in realtà una presa di giro all'industria cinematografica, ai più noti fast food o forse un'amara presa di coscenza di una società sull'orlo di una crisi di nervi?

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