Arte australiana: canguri, paesaggi e artisti contemporanei

Arte australiana: canguri, paesaggi e artisti contemporanei

Olimpia Gaia Martinelli | 21 mag 2023 8 minuti di lettura 0 commenti
 

Ho pensato di affidare la narrazione dei primi anni dell'arte australiana, nonché della sua successiva europeizzazione, al canguro, animale simbolo dell'Oceania che servirà da tramite tra l'espressione figurativa aborigena e quella occidentale...

CANGURO \ KANGOUROUS (2022) Dipinto di Fabien Dreuil.

Storia dell'arte australiana: i canguri

Ho pensato di affidare la narrazione dei primi anni di vita dell’arte australiana, nonché della successiva europeizzazione di quest’ultima, al canguro, animale simbolo dell’Oceania, che verrà usato come tramite tra l’espressione figurativa aborigena e quella occidentale. Di fatto, i primi esponenti della creatività del Continente Nuovissimo furono, durante la preistoria, gli antenati degli aborigeni australiani, artefici, già da almeno 30.000 anni fa, di opere rupestri, le quali, in termini di abbondanza e di datazione, posso essere paragonate ai più celebri esempi europei di Lascaux e Altamira. In realtà, rispetto a quest’ultimi, l’arte aborigena risulterebbe essere ancora più antica, tanto che viene considerata come la più datata al mondo, sviluppatasi in tre stili principali, ovvero quello geometrico, figurativo e figurativo complesso. Tale produzione si legava inesorabilmente ad una visione del mondo religiosa-culturale, volta a pervadere ogni aspetto della vita  con l’esistenza di figure ancestrali, che animavano il creato assumendo spesso proporzioni eroiche e capacità soprannaturali. É bene sottolineare come queste figure fossero ben distinte dagli dei, in quanto esse né controllavano il mondo materiale né erano adorate, poiché venivano solo venerate. Proprio al fine di approfondire a riguardo degli stilemi di tale periodo della storia australiana interviene la figura del canguro, mammifero marsupiale protagonista di un graffito rupestre risalente a 17.300 anni fa, volto a prendere vita in una rappresentazione figurativa stilizzata di due metri, realizzata in ocra rossa sul soffitto di un riparo roccioso situato nella regione di Kimberley, luogo dell’Australia occidentale estremamente noto per le sue pitture aborigene. A proposito dello stile d’esecuzione, l’animale è stato realizzato nel più antico Periodo naturalista, contraddistinto da contorni di animali immortalati a grandezza naturale. Un’interpretazione contemporanea del soggetto appena discusso cel’offre lo stancil di Fabien Dreuil, artista che ha realizzato Kangorros, opera ideata per ricreare l’atmosfera di una grotta decorata dall’arte dei primi uomi presenti sulla terra, proprio come ci rivela l’artista stesso, che ha proposto al fruitore di immaginare di “tornare indietro di migliaia di anni” per scoprire l'arte di persone, che, oltre a vivere nelle caverne, hanno aperto la strada alla creazione figurativa. Ben differente è invece il canguro “realista” realizzato da George Stubbs, pittore inglese che ci porta direttamente nel periodo delle rappresentazioni europee, ovvero nell’epoca in cui gli artisti del Vecchio Mondo realizzarono le prime raffigurazioni artistiche dell’Australia, pricipalmente mediante l’esecuzione di illustrazioni di storia naturale, volte a ritrarre la flora e la fauna più tipica, per fini per lo più di natura scientifica. In questo contesto naque il dipinto del sopra menzionato pittore, ovvero The Kongouro from New Holland (1772), olio volto a raffigure il primo esemplare di mammifero marsupiale della storia dell’arte occidentale, commissionato dal naturalista Joseph Banks e realizzato sulla base della pelle gonfia di un animale, che egli aveva raccolto sulla costa orientale del Continente Nuovissimo nel 1770, ovvero durante il primo viaggio di scoperta del tenente James Cook. In aggiunta, il capolavoro pare aver tratto spunto da un disegno di analogo soggetto di Sydney Parkinson, l'illustratore botanico di Joseph Banks durante il primo viaggio di James Cook. Descrivendo brevemente The Kongouro from New Holland, l’olio raffigura l'animale seduto su una roccia, che si guarda alle spalle, probabilmente per rivolgere il suo sguardo verso uno sfondo animato da alberi e da montagne. Un’analoga visione, anche se in questo caso l’animale in questione si presenta ruotando la testa verso sinistra, invece che a destra, ci è fornita dal dipinto dell’artista di Artmajeur Emilija Šileikaitė, artefice di un esemplare di mammifero marsupiale imponente, forte e fiero, che, dotato di una stravagante zampa metallica, simboleggia i tristi cambiamenti e l'inesorabile estinzione nel mondo animale tanto temute dal pittore.

CANGURO (2019)Dipinto di Emilija Šileikaitė.

LITTLE COVE NOOSA (2022) Dipinto di Helen Mitra.

Storia dell'arte australiana: storia naturale, paesaggi e impressionismo

Il racconto della storia dell’arte australiana prosegue nel periodo della Colonizzazione britannica e nelle successiva corsa all'oro ed espansione, concentradosi principalmente sul genere naturalistico e paesaggistico. A proposito del primo frangente, è bene esplicitare come a partire dalla colonizzazione britannica del 1788 il fucos dell’indagine artistica si spostò sulla resa della luce, in quanto quest’ultima si presenta decisamente diversa in Oceania rispetto all’Europa. Unitamente a questo obiettivo ci fu anche quello di trasformare le idee artistiche provenienti dal Vecchio Mondo, al fine di adattarle ad un nuovo contesto, in cui la ricerca di nuovi significati si presentava come maggiormente affine alla società emergente di una nuova realtà. Tutti questi propositi si realizzarono mediante l’operato di molteplici illustratori di storia naturale, ritrattisti etnografici e artisti paesaggisti, che, come John Glover Thomas Watling, Conrad Martens e William Westall, fortemente influenzati dagli stilemi europei, tra cui sicuramente quelli di Claude Lorrain e Salvator Rosa, catturarono le caretteristiche distintive dei paesaggi dell’Oceania. Esempio di quanto detto è View of Sir Edward Pellews Group, Gulph of Carpentaria (1802) di  William Westall, opera facente parte di una serie di dipinti, che l’artista realizzò riportando il viaggio australiano dell’esploratore Matthew Flinders, immortalando la veduta di una spiaggia con un’altra costa continentale al di là, in cui si distingue, nel primo piano del supporto, un riparo aborigeno costituito da vegetazione, volto ad ergersi su di una struttura arrotondata, che, nei suoi alti oggetti a forma di tamburo presenti all’interno, raccoglie pietre commemorative di antenati della popolazione aborigena locale, ovverto quella dei Yanyuwa. Tale visuale potrebbe essere stata scorta dall’artista presso Observation Island, luogo in cui Flinders sbarcò verso la terraferma. Affine visione idilliaca di un paradiso terreste cel’offre Little Cove Noosa, olio su tela dell’artista di Artmajeur Helen Mitra, in cui si esplicita l’interpretazione degli splendidi colori e della silenziosa tranquillità del Queensland australiano, luogo ricco di una grande varità di flora sapientemente catturata dalla suddetta pittrice, mediante l’uso di una tradizionale tecnica di stratificazione della pittura, che contribuisce a dare profondità e a catturare la luce del sole sull'acqua, sulle rocce e sulle palme.

BELLINGEN GOLD (2004)Dipinto di Leonard Aitken.

OCEAN'S EDGE (2023)Dipinto di Inessa Ivascanin.

Siamo giunti al periodo della corsa all'oro ed espansione, momento in cui, a partire dal 1851, si determinò un enorme afflusso di coloni e di ricchezze, volti a rendere estremamente florido il mercato dei dipinti paesaggistici, principalmente commissionato da ricchi proprietari terrieri o mercanti, che volevano dar forma al loro successo materiale. Tra gli artisti che si distinsero in questo contesto ci sono sicuramente Eugene von Guerard, William Strutt, John Skinner Prout, Knud Bull e Nicholas Chevalier, maestri talvolta influenzati dai modelli della scuola di Barbizon. Per quanto riguarda Nicholas Chevalier, l’artista russo che lavorò, sia in Australia, che in Nuova Zelanda, è artefice di Mount Arapiles and the Mitre rock (1863), olio su tela volto a raffigurare la destinazione che il pittore raggiunse per la prima volta nel 1862, anno in cui accompagnò Georg Neumayer, esploratore e scienziato tedesco, in una spedizione scientifica, poiché l’arte all’epoca era considerata come una fedele ancella della scienza. Il capolavoro del 1863 persegue l’intento d’immortalare la potenza della natura, rispetto all’inesorabile piccolezza umana, volta a decretare la nascita di un timore reverenziale nutrito per il creato, che in parte ci ricorda l’indifferenza e la vastità dell’elemento naturale presente nell’opera di William Turner. Proprio l’artista australiano di Artmajeur Leonard Aitken pare rispondere a quest’ultima concezione tramite l’idillio di Bellingen Gold, opera in cui la natura si propone in tutta la sua quiete come un’ambiente da colgiere in tutti i suoi piacere, e quindi i suoi colori, odori, vastità, forme di vita animali e vegetali, senza tanto pernsare ad una sorta di silente pericolo. Terminato il periodo della corsa all’oro segue l’epoca australiana dell’Impressionismo, tradizione, che, associata alla Scuola di Heidelberg, ha perseguito il principale intento di immortalare le scene dell’Australia pastorale e dell’outback, raffigurando   principalmente il lavoro manuale, la conquista della terra e l'idealizzazione del pioniere rurale. Sicuramente gli artisti di Heidelberg, tra i quali Frederick McCubbin, Tom Roberts, Arthur Streeton e Charles Conder, hanno maturato un debito nei confronti di Millet, Bastien-Lepage e Courbet. Aprendo invece la parentesi di un confronto tra l’Impressionismo australiano di fine Ottocento di Charles Conder, artefice di A holiday at Mentone (1888), e quello di Inessa Ivascanin, artista di Artmajeur che ha realizzato Ocean's edge, appare evidente come la prima opera presenti affinità con i paesagghi marini con figure di Claude Monet, mentre la seconda, a metà strada tra l’Impressionismo e i movimenti successivi, tende maggiormente a realizzare la successiva visione Postimpressionista del primo Paul Cézanne.  

SENZA TITOLO - TUTTE LE RICHIESTE ALLA GALLERIA 444, GRAZIE. Dipinto di William Johns.

Storia dell'arte australiana: dall'era della Federazione ai giorni nostri

Siamo giunti alla parte conclusiva di questo racconto, volta a riassumere le forme che l’arte pittorica australiana ha assunto dall’era della Federazione fino ad oggi. Per quanto riguarda il primo periodo d’interesse, con la nascita della nazione unificata del 1901, la tradizione paesaggistica tornò estremamente in voga, prendendo a modello gli artisti più classici del genere, creatori di visioni pastorali grandiose e nazionaliste. In aggiunta, l’epoca fu caratterizzata dal movimento tonalista australiano, mentre la metà del Novecento si contraddistinse per un ripristino dell’interesse per l’Outback come soggetto dell’arte australiana. Successivamente, se gli anni Sessanta hanno riscontrato la netto popolarità del bushland urbano, con l’arrivo del 1970 si decretò l’affermazione di un’arte dai temi ecologici, ovvero impegnata a portare avanti messaggi di conservazione, per opporsi alle minacce di distruzione dell’ambiente. Infine, per quanto riguarda la produzione dei pittori contempornaei, al giorno d’oggi è decisamente impossibile, sia per quanto riguarda l’Oceania, che qualsiasi altro continente, parlare di una corrente artistica o di un soggetto particolarmente ricorrente, in quanto tutto risulta essere alquanto popolare, proprio come dimostra il dipinto surrealista del pittore australiano di Artmajeur William Johns, che, titolato Untitled, rappresenta una figura umana senza volto in un interno, luogo in cui appare racchiusa in un piccolo recinto, probabilmente volto a simboleggiare i limiti del soggetto, che ben si presta  a divenire rappresentante della piccolezza dell’essere umano.

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