Claudio Benvenuto Rossi
Claudio Benvenuto Rossi è un artista multidisciplinare pittore, fotografo, disegnatore e praticante di arte digitale. Le sue numerose opere sorprendono per la loro profondità e sottigliezza.
Il suo lavoro ricco ed eclettico che mette in evidenza l'astrazione, il lavoro sull'acqua, la natura… si distingue per una nuova e visionaria illuminazione.
Claudio Benvenuto Rossi è nato a Feltre, in provincia di Belluno, un piccolo paese del Veneto, vicino a Venezia. Vive a Belluno (Italia). Il suo lavoro è presente in molte collezioni private. Nel 1997 ha pubblicato un libro illustrato delle sue fotografie sull'Alpago, una delle zone meno conosciute delle montagne bellunesi: "Colori e profumi dell'Alpago". Il suo lavoro è stato esposto in numerose gallerie (Galleria Cortina, Casa Gaia da Camino di Portobuffolè, Biblioteca Trichiana…)
Scopri opere d'arte contemporanea di Claudio Benvenuto Rossi, naviga tra le opere recenti e acquista online. Categorie: artisti italiani contemporanei. Domini artistici: Fotografia, Pittura. Tipo di account: Artista , iscritto dal 2005 (Paese di origine Italia). Acquista gli ultimi lavori di Claudio Benvenuto Rossi su Artmajeur: Scopri le opere dell'artista contemporaneo Claudio Benvenuto Rossi. Sfoglia le sue opere d'arte, compra le opere originali o le stampe di alta qualità.
Valutazione dell'artista, Biografia, Studio dell'artista:
perle d'acqua • 13 opere
Guarda tuttoAgglomerati • 2 opere
Guarda tuttoquadri • 2 opere
Guarda tuttoLittle red flower • 29 opere
Guarda tuttoAcquarelli e chine soggetto organici • 19 opere
Guarda tuttoscquarelli e chine geometrie astratte • 30 opere
Guarda tuttoacquarelli chien appunti di paesaggio • 11 opere
Guarda tuttoAcquarelli Chine Piccole Geometrie • 19 opere
Guarda tuttoAQUARELLI E CHINE Faces • 28 opere
Guarda tuttochine nere • 22 opere
Guarda tuttoRiconoscimento
L'artista è riconosciuto per il suo lavoro
L'artista è venduto nelle gallerie
Biografia
Claudio Benvenuto Rossi è un artista multidisciplinare pittore, fotografo, disegnatore e praticante di arte digitale. Le sue numerose opere sorprendono per la loro profondità e sottigliezza.
Il suo lavoro ricco ed eclettico che mette in evidenza l'astrazione, il lavoro sull'acqua, la natura… si distingue per una nuova e visionaria illuminazione.
Claudio Benvenuto Rossi è nato a Feltre, in provincia di Belluno, un piccolo paese del Veneto, vicino a Venezia. Vive a Belluno (Italia). Il suo lavoro è presente in molte collezioni private. Nel 1997 ha pubblicato un libro illustrato delle sue fotografie sull'Alpago, una delle zone meno conosciute delle montagne bellunesi: "Colori e profumi dell'Alpago". Il suo lavoro è stato esposto in numerose gallerie (Galleria Cortina, Casa Gaia da Camino di Portobuffolè, Biblioteca Trichiana…)
- Nazionalità: ITALIA
- Data di nascita : 1955
- Domini artistici:
- Gruppi: Artisti Italiani Contemporanei
Influenze
Formazione
Valore dell'artista certificato
Realizzazioni
Attività su Artmajeur
Ultime notizie
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incontri isolati
AL VAPORE
CINQUE FOTOGRAFIE INDAGANO IL SILENZIO DI LUOGHI DIMENTICATI, NELLA CORNICE DELLO SPLENDIDO LOCALE AL VAPORE DI VENEZIA MARGHERA
people/jellyjellyjompers/
large voluminous flesh filled forms lumbering, adjusting position, observed. great freedom(sense) in your work
foto a Milano
questo è il testo per la mostra fotografica di MIlano, tenutasi nell'aimè lontano 1999, ancora in era analogica, scritto per me dalla valente e acuta Cinzio Bollino Bossi,( per non parlare di altre qualità)
Tempo, silenzio, metafisica sospensione di forme, di oggetti, di spazi: questo è ciò che Claudio Rossi immortala e ci restituisce con la sua fotografia,
Una fotografia che si presenta come sequenze di angolature ampie, prospettive accidentali aperte e comunicative, e di primi piani laconici, quasi imprevisti ed inattesi nella loro incisività; una fotografia in cui una luce dagli accenti quasi caravaggeschi si posa sulle cose rivelandole, e dialoga con la sua assenza, con l'ombra, generando contrasti e dando vita alla realtà.
Nelle foto di Claudio Rossi vediamo luoghi deserti e oggetti abbandonati, o particolari di portali, di muri, di finestre, ma è come se l'artista fotografasse l'assenza e forse anche l'essenza delle cose, perché vero soggetto di queste inquadrature e di questi scatti è il tempo, il tempo della materia che pare avere un ritmo diverso rispetto a quello dell'uomo, un tempo che non può essere corretto, alterato, modificato, e che si lascia dietro polveri e detriti, muffe e ragnatele; un tempo che annebbia e consuma i contorni, che crea aperture e screpolature nei legni e nella terra, che tinge di aloni umidi le pareti e che ammucchia negli angoli foglie e festuche.
Una patina pristina e polverosa pare essersi posata non solo su ciò che è stato fotografato, ma sulle foto stesse, al punto che immaginiamo che con l'approccio alla ricerca fotografica Claudio Rossi intenda interrogarsi sul valore di un eventuale confronto con la pittura, in virtù della resa fedele ed attendibile di certi anfratti di realtà - muri, intonaci, pozze - che hanno colori, campiture e grammatiche proprie della pittura astratta ed informale.
Svelare e rivelare, fissare dettagli su cui già si è fissato il tempo, nella solitudine di esplorazioni, di piccoli viaggi: l'occhio del fotografo carpisce porzioni di quel niente che sono le zolle polverose, i pertugi nella terra, i capannoni abbandonati e gonfi di luce irreale, sporcati dalle infiltrazioni delle piogge e dal fiato dei giorni trascorsi. Li isola ulteriormente con il proprio obiettivo e poi, una volta stampati, consente che ne vengano ripercorsi gli sbalzi, le superfìci materiche, permette che ne vengano immaginate le ore e le stagioni passate.
Che siano ampi spazi o frammenti di muri e di grotte, o anfore lasciate cadere e ancora da raccogliere, si ha sempre la sensazione di osservare uno spazio chiuso, che opprime perché obbliga a guardarsi dentro, a percorrere lo spazio altrettanto angusto ed infinito della memoria: lo sguardo, perdendosi nei dettagli, viene magicamente ricondotto a sé stesso, in un altrove tutto mentale, di pensieri e di ricordi, dove il passato riemerge come un fiume in piena. L'esplorazione della realtà diventa esplorazione di sé, la visione dell'esterno genera una visione - o un tentativo di visione - dell'interno e del pensiero, gli sguardi si sommano e si confondono in una girandola in cui il tempo personale e soggetti¬vo della memoria e del vissuto si mescola al tempo degli oggetti.
Ecco quindi che la fotografia di Claudio Rossi diventa strumento d'indagine, dapprima teso a palesare la realtà circostante, infine ricondotto a privato ausilio mnemonico.
Ciò riesce anche perché l'autore gioca da un lato sulla immediata riconoscibilità di certe zone, di certi dettagli, e contemporaneamente sull'impossibilità di una precisa identifica¬zione e collocazione. Ovunque e in nessun luogo, agiti, agibili e tuttavia deserti, quei luoghi, quegli oggetti, sottratti all'oblio e consegnati ad altri occhi, rimangono patrimonio irreale, quasi una sorta di quinta, di scenario cinematografico abbandonato dalla troupe.
Il silente trascorrere del tempo, fissato in questi scatti, genera nello spettatore una sorta di straniamento metafisico, in quanto l'intrusione dell'inedito nella quotidianità, la resa di una dimensione tangibile, ma celata e nascosta, ci viene proposta dalla fotografia, linguaggio della visione che parte necessariamente ed esclusivamente dalla realtà sia essa macroscopica o microscopica, accolta nel suo pieno manifestarsi o alterata e modificata durante il processo di realizzazione e di stampa.
Ma non è lo stupito senso di un'alchimia tecnica ciò che cerchiamo in queste foto, quanto la perplessa identificazione dei luoghi e degli oggetti, e le risposte alle ininterrotte doman¬de sullo stato delle cose: quando il tempo sarà completamente trascorso, che cosa ne sarà di tutto? Abituati come siamo a visioni patinate e a consumi veloci, ci stupiamo, di fronte a queste foto, ci chiediamo dove siano tali luoghi, ci interroghiamo suI loro passato, sul loro perché; ci chiediamo ove conducano quelle scale interrotte dall'inquadratura, a chi o a cosa servissero quei buchi, quei teli di plastica e di stoffa impietrita dalla polvere che mimano venusini panneggi, ci chiediamo chi, prima e dopo l'occhio del fotografo, ha visto, vissuto e visitato quelle porzioni di realtà. Ci chiediamo che ne fu, delle assi piantate nei muri e dei ganci di ferro coperti di ruggine. Perché la fotografia parte sempre dal reale, e questa certezza, superata la contemplazione estetica, ci blocca, ci arresta, obbligandoci a chiederci che cosa c'era prima, come era prima, obbligandoci quindi a fare un percorso a ritroso all'interno del tempo, quello che ha scandito gli attimi delle cose, e quello che ha distillato le nostre esistenze.
La manipolazione del dato reale che altri ottengono attraverso apparecchiature tecnolo¬giche, qui si ha solo ed esclusivamente mediante l'evidenza, sottolineata da viraggi quasi monocromatici e da un uso sapiente della luce e del colore. E in questa riflessione non c'è spazio per il presente che scivola inesorabilmente verso il futuro, perché nei lavori di Claudio Rossi tutto viene inghiottito in un immenso ieri in cui il verde acqua delle muffe si allarga, contaminando l'inquadratura intera, i marroni bruciati delle ruggini ed i grigi argentei ed azzurrini delle ragnatele si estendono a tutto il resto, permeando di sé la-realtà tutta, e la stessa consunzione, lo stesso mutarsi e tramutarsi delle cose si allunga negli occhi dello spettatore, obbligandolo all'identificazione con i luoghi e con gli oggetti, con i soggetti di quel campionario di relitti e di materie consunte, con quelle geografie di luoghi dimentichi che evocano il mistero del passato.
Quasi superfluo è chiederci che ne è dell'uomo, l'assente, colui che lascia traccia di sé ma che mai compare nelle foto, colui che abbandona bottiglie, o schienali di sedie in capanni isolati, colui che scava buche nel terreno e che pianta puntelli e chiodi nelle mura: non c'è spazio per Fattore-uomo in questa sorta di rupestre e fradicia metafisica, traduzione della realtà abbandonata, del perpetuo ed eterno imbrunire vespertino in cui si fa ritorno dai campi, e lì dove c'era il lavoro e la fatica rimane solo il silenzio, a tratti interrotto dalla voce del vento che posa polvere e memoria, o dal percussivo incedere della pioggia, che macera i legni e screpola i muri; non c'è spazio per l'uomo, i luoghi e gli oggetti si sono congedati da lui, negandosi come strumento e suggerendosi come simulacro di narrazio¬ni e di tracce, proponendosi, ora che un soffio che somiglia al sonno eterno li ha resi inservibili, come infinita fonte per chiunque sappia immaginare storie di corpi di azioni di giornate e di scopi, e di tutto ciò che è stato vissuto dalle cose.
Cinzia Bollino Bossi, maggio 1999
Articolo
a proposito di uLTIME tRAME D'eSTATE di Luca Mesini
Dire che questo lavoro è magnifico significa ridurre al nulla la semplicità della bellezza - e qui, la bellezza regna semplice e sovrana - già il bianco e nero prende a scure l'anima, e la perpetra nel vivo lucere dell'intimità più vicina all'estasi, per quanto poche cose muove et, eppure, è l'immensità... il corpo di donna sublime, bello, aggraziato qui in una posa felice e assolutamente speculare al teatro, che in qualche modo l'attrae nella danza di un sole addolorato che, per incanto, ha insistito su tutta la gamma dei grigi ove, la percezione dell'occhio - riveste come di microscopici pizzi, il divenire del bosco che si allontana - dire che questa è una foto significa ignorare che è una fontana, e le fontane più belle son quelle dove sgorga l'acqua - la bellezza di questo tuo lavoro, la sua sovranità d'animo, nello spirito ci tocca - e unisce canto al canto che tu hai espresso nel portare, la natura - a se stessa - questa tua foto basta a sola per distruggere e portare via, con un soffio di vento, tutta la sciatteria che disturba l'innocenza col suo tormento - questa foto ridà gloria alla bellezza salvifica e riporta l'uomo al suo momento - per quanto uomo e donna sia, qui ritratta la gioia di vivere che speranza non si porta via.
Più che una foto - direi un canto - a te vada il mio sincero e sentito complimento, et alla modella che, in regia, hai saputo così darle al sentimento di realizzar la sua natura - bella...
Concordo pienamente - come “canto”, l'opera è anche, allo sguardo, piena della vitalità della protagonista che non può mascherare, ad un occhio attento, la sua preparazione - tal pari preparazione ad un suonator di violoncello che, presto a suonare un'aria di Bach a Teatro - si dimentica dello sapere suonare il violoncello, dando così il massimo di sé e dell'espressione dello strumento - pari alla preparazione del ballerino/della ballerina che si prepara a donarsi anima e corpo alla coreografia di una composizione, gioia o dramma che sia. Si loda, nell'opera, pertanto la sinergia di affetti complementari che - come due scrittori, o due compositori, avete messo in atto raggiungendo lo scopo della trasduzione di un “affetto“ - come fondementalmente è nel dovere e desiderio spontaneo et insistito di ogni artista che cerchi di trovare - alle ragioni di bellezza - una nuova pista aperta da percorrere, un nuovo segnale dove fare scorrere i sentimenti della moltitudine che, per tante ragioni soggettive, riportano sull'immagine - (sul quadro, altrimenti la scrittura, la composizione o la coreografia) il loro vissuto emozionale.
Si loda - di bellezza - tutto l'insieme, il bosco pure che, se letto con rispetto, ci insegna e ci appartiene e, come in queta foto, si presta a darci le linee sulle quali costruire “una foto che sta in piedi“ e qui non solo, ma pure vola sull'ali di quella bellezza che pure Lei, la modella professionista - ci dona.
Multiplo incoraggiamento e generoso, ad entrambi, il mio vivo complimento! ciao :)
LUCA MESINI
Articolo
Nato a Feltre, in provincia di Belluno, cittadina del Veneto vicino a Venezia, sotto il segno dello Scorpione per chi se ne intende.
Vive a Belluno
Nel 1997 esce un libro illustrato da sue fotografie sull'Alpago una delle zone meno conosciute del territorio montano Bellunese: " colori e profumi dell'Alpago"
nel 1999 organizza una personale di fotografie sul tema degli ambienti abbandonati a Milano presso la Galleria Cortina, con buon apprezzamento delle opere
Nel 2001 tiene una personale nella splendida cornice della Casa Gaia da Camino di Portobuffolè
Nel 2005 tiene una personale di fotografie presso la Biblioteca di Trichiana sul tema del crepuscolo nella pedemontana.
Articolo
per il mese di GENNAIO a chi SEMPLICEMENTE me lo chiedesse, invio gratis dei file presenti, uno in formato jpg a 2 megapikel circa
Lo sviluppo della cratività artistica, in ciascun individuo ha dei limiti temporali...
Nell'arte non esistono geni, ma solo persone al massimo molto intellegenti. Il genio è colui che supera l'ordine ordinario delle conoscenze e permette che attraverso la sua conoscenza il resto del genere umano possa modificare il proprio pensiero e le condizioni di vita. Mai nessun artista ha modificato le condizioni di vita di alcuno, al massino pruduce gratificazioni soggettive
L'arte visiva ha moltre affinità con la vita. Essa è spesso legata al potere. Il valore economico che si da ad una pittura ad una foto non è il corrispondente di un sacchetto di monete d'oro pesanti, ma il corrispondente di un valore che si esprime in numeri come un voto a scuola. Quel " mi piace, lo voglio" esprime il valore che si affida all'opera, che in ragione della disponibilità di chi lo dice determina il valore economico dell'opera. Ma quel "mi piace, lo voglio" non è solo e quasi mai un giudizio estetico, emozionale, ma un voto legato a rapporti di potere di chi quel potere se ce l'ha, lo esercita. Il valore di opere di certi pittori morti (Picasso, Van Gogh) non è affatto il valore dell'arte, ma il corrispondente del potere che attraverso quel valore, chi ha la possibilità di possedere quelle opere intende così esprimere. Van Gogh era misero in vita lo è tutt'ora che è morto come nella piena miseria dovuta alla morte vi sta Picasso .
Detto questo sono perfettamente consapevole di non avere alcun potere, ne di essere inserito in alcun sistema di potere, ne di avere interesse ad esserlo.Il fatto di proporre le mie opere secondo valori che corrispondono ad un parametro di successo significa il fallimento ecomico in partenza e la coltivazione di una mera illusione. Invece credo nella possibilità per molti di poter possedere a condizioni ragionevoli qualcosa di bello ed autentico come ritengo siano le mie foto ed elaborazioni. Un grazie a chiunque se è arrivato alla fine del pensiero
30 novembre 2005: non c'è nulla di più diverso di un artista che usa gli stessi mezzi di un altro artista. Due fotografi all'apparenza simili in quanto sostenuti dalla stessa passione e dalla stessa attrezzatura, hanno invece visioni della vita talmente diverse che la comunanza è talmente debole, come due persone che hanno lo stesso nome e sono diversi per tutto il resto. Eppure il fraintendimento che due fotografi, o pittori o scultori siano simili porta a generare confrunti sul nulla, ad innescare gelosie e invidie senza misura, quando la consapevolezza della diversità appienerebbe ogni contrasto.
SPAZIO ESPOSITIVO BELLUNO
dispongo di un piccolissimo spazio espositivo in Belluno, che uso per me, ma nel quale ospiterei volentieri, validi artisti di mio gradimento. Chi interessato si segnali, che provvedo in caso affermativo a dare maggiori ragguagli.
I have of a smallest exspositive space in Belluno, that use for me, but in which I would accommodate gladly, valid artists of my plejur. who is Interested marks them, that I supply in affirmative case to giving greater comparisons.