Il frutteto (2020) Schilderij door Yūrei

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Original watercolor on Arches fine art paper 300 g / m, grain Torchon rough, cold pressed, 100% cotton. Format 21x14.8 cm Signed on the back by the author. Over dit kunstwerk: Classificatie, Technieken & Stijlen
Original watercolor on Arches fine art paper 300 g / m, grain Torchon rough, cold pressed, 100% cotton.
Format 21x14.8 cm
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Yurei è il nome con cui ho scelto di firmare le mie opere di Arte Figurativa. Non credo sia stata una casualità, anche se tutto nella mia vita è apparso nella prima forma di gioco. “Per gioco” è[...]

Yurei è il nome con cui ho scelto di firmare le mie opere di Arte Figurativa.

Non credo sia stata una casualità, anche se tutto nella mia vita è apparso nella prima forma di gioco.

“Per gioco” è stato anche l’approccio alla pittura: un lungo periodo di convalescenza, il desiderio di avere “qualcosa in comune” con la persona che mi era accanto, la curiosità di cimentarmi con un linguaggio che da sempre mi affascinava ma che pure temevo; l’incapacità di raccontare attraverso i pennelli, e il colore – io da sempre innamorato del bianco e nero – , e i tratti sulla carta, le cose che premevano dentro di me e che avevo voglia di dire. Ancora di più allora, perché erano giorni durante i quali fortemente vivevo i postumi di una degenza che rivelava il suo profilo più invalidante.

Fu per il mio compleanno che mi regalai un piccolo set di acquerelli, i più economici tra i pennelli, un blocco di carta.

Non servì altro a cominciare a ritrovare quell’ “io bambino” che mi aveva tenuto per mano dentro il Teatro, la Scrittura, la Fotografia, e che ora tornavo piano a carezzare.

Cominciai a risollevarmi.

I colori, i pennelli, la carta; erano stampelle.

Le giornate non erano più “infinite”.

Ricominciavo a camminare.

Senza alcuna meta, sì. Ma camminavo.

E la vita al tempo stesso, come avvertisse il fruscio dei passi, il ritmo lento dell’incedere, l’adagio sulla terra, rivelava sconosciuti ostacoli che si paravano innanzi al mio tracciare un sentiero. Condurmi. 

Iniziavo a vedere con uno sguardo che era mutato e toccavo l’essenzialità dentro la quale ricomponevo i tasselli dei miei giorni, gettati via, alla rinfusa, da un “inaspettato” che mi costringeva come lacci ai polsi, alle braccia, ai piedi, dentro un mare senza scorgere riva: i miei affetti più cari, il mio essere ciò che amo, la mia arte. Ove “arte”, lentamente, assumeva di nuovo il suo significato più nobile, più antico: l’Arte del maniscalco, del falegname, del contabile, del commediante, del pittore. Mestiere.

Non ho avuto una “bottega” dove formarmi. L’unica è stata il palcoscenico. E i miei Maestri. Senza mai dirmi nulla. Ma nel loro silenzio e nel mio osservare, mi hanno trasmesso l’essere Teatro che ogni giorno ritrovavo tra pennellate sbilenche e colori inventati, accanto alla curiosità, a un “colmo” mai sazio, alla voglia di sbagliare in maniera sempre diversa. Alla necessità di dire, accanto. 

L’ “io bambino”.

Uno che per mestiere racconta e per arnesi ha una curiosità senza punto.

Così nasce Yurei.

E viaggio, ogni nuovo giorno, non è ancora finito.

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