Tinto
TINTO
Verona non è una metropoli. Eppure tra i tanti artisti che vi sono nati e vivono, ve ne è uno che sente fortemente il peso del vivere in un alveare metallico, come se tutto il mondo fosse diventato un’unica, uguale, omologata metropoli.
Tinto si avvicina all’arte per rispondere a un bisogno di recupero del tempo, della lentezza. Non crea ossessionato dal produrre, ma con un respiro salvato al quotidiano scorrere che pure esiste e deve esistere come spinta emozionale e creativa.
E’ un grido, l’opera di Tinto. Il grido di un uomo che sa di essere legato a una corda nel vuoto, assicurato a qualcun altro anch’esso legato nel vuoto, e sale e scende per sfuggire/rincorrere le proprie contraddizioni e la propria solitudine, sempre alla ricerca di quella forza che apra gli occhi alla felicità dell’esistere.
In alcuni casi il colore brillante e acceso ci acceca, privandoci della sicurezza dell’appiglio, facendoci comprendere il pericolo del non vedere lo spazio dove aggrapparci.
In altri ci troviamo di fronte un vero e proprio percorso visibile da lontano dove il monocromatismo e l’uso di piccoli oggetti di uso comune ci portano ad intuire quanto siamo prevedibili nelle dinamiche organizzate e catalogate del moderno vivere.
Se guardando le opere di Tinto ci lasciassimo andare ad immaginare il movimento del corpo, vedremo un uomo in ascesa sulla roccia: sulle sue tele così piene di volume, così materiche scorgiamo dei vuoti, delle fessure dove infilare mani e piedi senza far rumore, per tirarci su fino alla cima, dove sbattiamo e torniamo indietro in continuo divenire.
Isabella Dilavello
Note biografiche.
Nato a Verona nel 1967, Enrico Tinto si dedica all'arte in modo impegnativo dal 1991. Sono del 1993 le prime mostre collettive in cui presenta opere ad olio incentrate sul paesaggio metropolitano interpretato con largo uso del colore.
Le "città vuote" sono parte di questo periodo. In esse l’assenza di vita in paesaggi ridenti e brillanti di colore è quasi una ricerca della vera anima della città, in alcuni casi assediata o racchiusa da mura. Spesso nelle tele è presente la serialità di immagini affiancate e diversificate solo nella cromia.
Comincia ad essere presente nella poetica dell'artista la denuncia verso alcuni simboli della società dei nostri tempi, una denuncia sempre sottile e non eclatante che connota alcune opere (Tastiera a schiera, made in Taiwan...) e che sarà sempre presente nello stile di Tinto.
Nel 1998 Tinto partecipa ad un concorso europeo indetto dalla città di Nimes e vince il premio della stampa con una grande tela ora di proprietà del Comune della città provenzale. Circa dal 1999 comincia anche ad apparire nelle opere la materia come parte preponderante dell'opera. I quadri non sono più semplici tele ma prendono volume di pari passo alla scomparsa del colore che si attenua in molti casi...
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Valutazione dell'artista, Biografia, Studio dell'artista:
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Biografia
TINTO
Verona non è una metropoli. Eppure tra i tanti artisti che vi sono nati e vivono, ve ne è uno che sente fortemente il peso del vivere in un alveare metallico, come se tutto il mondo fosse diventato un’unica, uguale, omologata metropoli.
Tinto si avvicina all’arte per rispondere a un bisogno di recupero del tempo, della lentezza. Non crea ossessionato dal produrre, ma con un respiro salvato al quotidiano scorrere che pure esiste e deve esistere come spinta emozionale e creativa.
E’ un grido, l’opera di Tinto. Il grido di un uomo che sa di essere legato a una corda nel vuoto, assicurato a qualcun altro anch’esso legato nel vuoto, e sale e scende per sfuggire/rincorrere le proprie contraddizioni e la propria solitudine, sempre alla ricerca di quella forza che apra gli occhi alla felicità dell’esistere.
In alcuni casi il colore brillante e acceso ci acceca, privandoci della sicurezza dell’appiglio, facendoci comprendere il pericolo del non vedere lo spazio dove aggrapparci.
In altri ci troviamo di fronte un vero e proprio percorso visibile da lontano dove il monocromatismo e l’uso di piccoli oggetti di uso comune ci portano ad intuire quanto siamo prevedibili nelle dinamiche organizzate e catalogate del moderno vivere.
Se guardando le opere di Tinto ci lasciassimo andare ad immaginare il movimento del corpo, vedremo un uomo in ascesa sulla roccia: sulle sue tele così piene di volume, così materiche scorgiamo dei vuoti, delle fessure dove infilare mani e piedi senza far rumore, per tirarci su fino alla cima, dove sbattiamo e torniamo indietro in continuo divenire.
Isabella Dilavello
Note biografiche.
Nato a Verona nel 1967, Enrico Tinto si dedica all'arte in modo impegnativo dal 1991. Sono del 1993 le prime mostre collettive in cui presenta opere ad olio incentrate sul paesaggio metropolitano interpretato con largo uso del colore.
Le "città vuote" sono parte di questo periodo. In esse l’assenza di vita in paesaggi ridenti e brillanti di colore è quasi una ricerca della vera anima della città, in alcuni casi assediata o racchiusa da mura. Spesso nelle tele è presente la serialità di immagini affiancate e diversificate solo nella cromia.
Comincia ad essere presente nella poetica dell'artista la denuncia verso alcuni simboli della società dei nostri tempi, una denuncia sempre sottile e non eclatante che connota alcune opere (Tastiera a schiera, made in Taiwan...) e che sarà sempre presente nello stile di Tinto.
Nel 1998 Tinto partecipa ad un concorso europeo indetto dalla città di Nimes e vince il premio della stampa con una grande tela ora di proprietà del Comune della città provenzale. Circa dal 1999 comincia anche ad apparire nelle opere la materia come parte preponderante dell'opera. I quadri non sono più semplici tele ma prendono volume di pari passo alla scomparsa del colore che si attenua in molti casi...
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Nazionalità:
ITALIA
- Data di nascita : data sconosciuta
- Domini artistici:
- Gruppi: Artisti Italiani Contemporanei
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Articolo
TINTO
Verona non è una metropoli. Eppure tra i tanti artisti che vi sono nati e vivono, ve ne è uno che sente fortemente il peso del vivere in un alveare metallico, come se tutto il mondo fosse diventato un’unica, uguale, omologata metropoli.
Tinto si avvicina all’arte per rispondere a un bisogno di recupero del tempo, della lentezza. Non crea ossessionato dal produrre, ma con un respiro salvato al quotidiano scorrere che pure esiste e deve esistere come spinta emozionale e creativa.
E’ un grido, l’opera di Tinto. Il grido di un uomo che sa di essere legato a una corda nel vuoto, assicurato a qualcun altro anch’esso legato nel vuoto, e sale e scende per sfuggire/rincorrere le proprie contraddizioni e la propria solitudine, sempre alla ricerca di quella forza che apra gli occhi alla felicità dell’esistere.
In alcuni casi il colore brillante e acceso ci acceca, privandoci della sicurezza dell’appiglio, facendoci comprendere il pericolo del non vedere lo spazio dove aggrapparci.
In altri ci troviamo di fronte un vero e proprio percorso visibile da lontano dove il monocromatismo e l’uso di piccoli oggetti di uso comune ci portano ad intuire quanto siamo prevedibili nelle dinamiche organizzate e catalogate del moderno vivere.
Se guardando le opere di Tinto ci lasciassimo andare ad immaginare il movimento del corpo, vedremo un uomo in ascesa sulla roccia: sulle sue tele così piene di volume, così materiche scorgiamo dei vuoti, delle fessure dove infilare mani e piedi senza far rumore, per tirarci su fino alla cima, dove sbattiamo e torniamo indietro in continuo divenire.
Isabella Dilavello
Note biografiche.
Nato a Verona nel 1967, Enrico Tinto si dedica all'arte in modo impegnativo dal 1991. Sono del 1993 le prime mostre collettive in cui presenta opere ad olio incentrate sul paesaggio metropolitano interpretato con largo uso del colore.
Le "città vuote" sono parte di questo periodo. In esse l’assenza di vita in paesaggi ridenti e brillanti di colore è quasi una ricerca della vera anima della città, in alcuni casi assediata o racchiusa da mura. Spesso nelle tele è presente la serialità di immagini affiancate e diversificate solo nella cromia.
Comincia ad essere presente nella poetica dell'artista la denuncia verso alcuni simboli della società dei nostri tempi, una denuncia sempre sottile e non eclatante che connota alcune opere (Tastiera a schiera, made in Taiwan...) e che sarà sempre presente nello stile di Tinto.
Nel 1998 Tinto partecipa ad un concorso europeo indetto dalla città di Nimes e vince il premio della stampa con una grande tela ora di proprietà del Comune della città provenzale. Circa dal 1999 comincia anche ad apparire nelle opere la materia come parte preponderante dell'opera. I quadri non sono più semplici tele ma prendono volume di pari passo alla scomparsa del colore che si attenua in molti casi fino al monocromatico. La materia passa brevemente da texture dell'opera a narrazione.
Le forme sono più dure di un tempo, l'amena (ma vuota e angosciosa) città dei primi tempi si svela e diventa pesante. La vita è solo ipotizzata in queste metropoli e il concetto di serialità della vita moderna viene espresso con l'introduzione in molte opere o solo come firma del codice a barre, simbolo della catalogazione a cui nulla ormai sfugge (codice isterico metropolitano, dalla finestra di casa mia).
Il paesaggio diventa grigio e materico quindi, vera rappresentazione, se pur mediata dalla poetica dell’artista, del sentimento della realtà metropolitana, ricettacolo di solitudine, di forti contraddizioni ed oblio dei sentimenti.
Il recupero e l'introduzione nelle opere di piccoli oggetti, in parte trasformati ma sempre riconoscibili nel loro uso originario non fa che ribadire il concetto di mondo schiavo di se stesso: il sole è un tappo di lattina, il telefono cellulare diventa simbolo di immobilità (marzo 3039,telefonia immobile).
Nel 2000 Tinto con l’amico artista Tagetto inaugura a Verona una significativa mostra dal titolo “Legami” in cui compaiono i primi lavori che si discostano dal figurativo ed in cui cerca di esprimere concetti che vanno al di là della semplice rappresentazione.
Ecco la serie di scatolette legate alla tela (emobox, contiene cocaina, nero…) cellule legate che esprimono svariati concetti o che tendono alla provocazione; e le prime opere in cui l’intreccio di legami si inserisce nella metropoli aggredendola come un virus (ciclo di meatropoli).
La fine del 2001 e l’inizio del 2002 vedono l’artista impegnato nella preparazione di una personale dal titolo “Towers and flowers”, inaugurata ad aprile 2002 in cui molte delle opere offrono una rappresentazione in stile Tinto della tragedia dell’11 settembre 2001. Un punto di vista da parte di un artista che ha fatto da sempre della metropoli e delle sue torri un soggetto privilegiato. Torna l’uso del colore sulla materia e tutto il lavoro di ricerca stilistica e concettuale degli anni precedenti si fonde nella visione della città ancora integra o gia ferita.
Negli ultimi lavori l’artista si dirige verso uno stile più concettuale in cui la cellula base è la scatoletta di latta che diventa in vari modi vita o anima o morte (tutto il ciclo di prima della vita).
Parallelamente a ciò e con la stessa ricerca stilistica Tinto sta lavorando anche ad una rivisitazione delle “Città invisibili” di Italo Calvino, traendo dal testo vere e proprie visioni rappresentative.
Le opere di Tinto fuggono quindi dalla bidimensionalità della tela per creare emozioni visive quasi a tutto tondo.
La ricerca di risposte nell’emozione della materia recuperata, lavorata e trasformata alimenta il processo creativo dell’artista nell’interpretazione del suo pensiero visionario della realtà dei nostri giorni
Mostre personali.
- Tinto e Tempesta – dicembre 1995, Manerbio (Bs). (con Franco Tempesta)
- Tinto – febbraio 1999, Galleria Frà Giocondo, Verona
- Riflessi Metropolitani – luglio 1999, S. Giovanni Lupatoto (Vr)
- Tinto – ottobre 1999, Invidia Pub, Verona
- Legami – marzo 2002, Incorniciarte, Verona
- Towers and flowers – aprile 2002, Incorniciarte, Verona
- …città, anime, sabbia ed altre storie… - aprile 2004, barcone Scimmie, Milano
- Prima della vita – maggio 2004, bar Samo, Verona
- Penultimo piano, città invisibili – febbraio 2005, e:internoquattro, Verona con Tagetto I.
- Due - marzo-aprile 2006, Opera caffè -Roma
Incisioni - febbraio-marzo 2007 La Gioiosa Guardia, Parona, Verona
Mostre collettive.
- Dalla platea al palcoscenico - settembre 1993, Verona
- Giovani artisti in piazza – maggio 1994, Verona
- Garda Arte ’94 – luglio 1994, Garda (Vr)
- Emergenze – aprile 1995, S. Lucia, (Vr)
- Seconda rassegna dei giovani artisti – ottobre 1995, Verona
- Terza rassegna dei giovani artisti – luglio 1996, Verona
- II° Artfestival – luglio 1996, Settimo di Pescantina, (Vr)
- Arte per la vita – ottobre 1996, Officina d’arte, Verona
- Arte per la vita – febbraio 1997, Villa Guarina, Montorio, (Vr)
- Féri’art’ 97 – maggio 1997, Nimes (Francia), premio della stampa
- Quarta rassegna dei giovani artisti – dicembre 1997, Verona
- Arte per la vita – gennaio 1998, Nuova Officina delle arti, Verona
- Féri’art ’98 – maggio 1998, Nimes (Francia)
- Tinto, Tagetto, Rosa – maggio 1999, Verona
- 20 x 20 – settembre 1999, Incorniciarte, Verona
- Spazio Libero Espone – novembre 1999, Il Posto, Verona
- Due-milla – dicembre 1999, Linea 70, Verona
- 44 gatti – aprile 2000, Incorniciarte, Verona
- Artisti in Festa – agosto 2000, Area ex Magazzini Generali, Verona
- Il cerchio – ottobre 2000, Incorniciarte, Verona
- Alberi di Natale – dicembre 2001, Incorniciarte, Verona
- Strega comanda color ! – aprile 2003, Incorniciarte, Verona
- Spaventapasseri e uccellini – giugno 2003, Incorniciarte, Verona
- Ninos – dicembre 2003, Palazzo della Gran Guardia, Verona
- Le città invisibili – febbraio 2004, Incorniciarte, Verona
- Arsenale di Verona – gennaio 2005 Arsenale di Verona
- Monocromi – febbraio 2005, Incorniciarte, Verona
- Un arsenale per la pace – maggio-giugno 2005, Arsenale di Verona
- Altre vie, percorso fra i segni e i colori del ‘900 - ottobre 2005, Incorniciarte,Verona
- Arsenale di Verona - gennaio 2006, Verona
Bibliografia.
- Quadri d’autore per aiutare l’infanzia che soffre – Rubrica “dentro la città” de L’Arena quotidiano di Verona del 4 ottobre 1996
- Le figure di Tinto dai “colori assoluti” – Recensione a cura di G. Trevisan. L’Arena di Verona del 22 febbraio 1999
- Rosa, Tagetto e Tinto diverse ispirazioni – A cura di G.Trevisan, L’Arena di Verona, maggio 1999.
- Linea 70 – Periodico Non capovolgere numero di maggio 2000, catalogo della mostra Due-milla alla galleria Linea 70.
- Legami artistici di Tinto e Tagetto – A cura di G. Trevisan, L’Arena di Verona del 23 marzo 2000
- Pittura e scultura in evidenza agli ex magazzini generali – A cura di G. Trevisan, L’Arena di Verona del 2 settembre 2000
- Tinto ripercorre nei quadri la tragedia dell’11 settembre – A cura di G.Trevisan, L’Arena di Verona del 25 aprile 2002
- Mostra per il progetto Roberto – Rubrica “dentro la città”, L’Arena di Verona del 31 maggio 2004
- La città di V. ovvero dove incontrammo i cubicoli psicocotropi – Di Tinto Enrico, racconto breve con immagini, ed.tintofactory prima edizione dicembre 2004.
- Le città dei rottami di Tinto e Tagetto – A cura di C. Bretoni, L’Arena di Verona anno 140 n°54 del 23 febbraio 2005
- Arte a Verona – vent’anni di una tipografia – A cura di Enzo e Raffaello Bassotto, Edizioni dell’Aurora 2004, pag.315
- Si chiude all’arsenale la mostra per la pace – A cura Di C. Bretoni, L’Arena di Verona anno 140 n°153 del 5 giugno 2005
- Percorso fra i segni e i colori del ‘900 – A cura di V. Meneguzzo, L’Arena di Verona del 27 ottobre 2005
