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R. V. Mariani

Ritorna alla lista Aggiunto il 29 lug 2006

Disegno e dipingo da sempre, con contadina ostinazione e riservatezza, unendo l’attività di architetto alla passione per il lavoro d’artista.

La formazione scientifica e accademica affina e stimola il mio interesse per i materiali e il loro impiego. Pur nascendo come artista autodidatta, a partire dalla fine degli anni '80 frequento corsi di pittura, scultura e arti musive a Venezia.
Dopo varie esperienze giovanili in ambito figurativo, riconosco nel linguaggio geometrico-astratto il mezzo espressivo più efficace per raccontare la mia principale fonte di contenuti: Venezia e il suo fare. E la mia principale fonte di metodo: i rapporti geometrico-matematici.
Astrazione al quadrato, dunque, sia tecnica che concettuale, mutuata sempre però dal gesto concreto, dalla manipolazione della materia, da quel genere di lavoro che aumenta l’entropia.

Sono le suggestioni della città lagunare e delle sue “arti minori” – con il fondamentale incontro dell'opera del Maestro Vittorio Zecchin - che, dopo anni di ricerca, permettono di definire la mia personalità, e mi fanno ripercorrere, rigorosamente in punta di pennello, le tessiture dei vetri e degli smalti, dei broccati e dei legni, delle pietre e dei merletti, in una caleidoscopica astrazione.
I rapporti matematici e le figurazioni geometriche ben si prestano a trasporre questa molteplicità, questo ambiente estremamente costruito, antropico, artefatto, in cui nulla apparentemente è “naturale”. Salvo poi scoprire che, come la Natura osservata da vicino, il tutto si compone di parti sghembe, asimmetriche, diseguali eppure in sorprendente equilibrio. Ed è così che la Città acquisisce valenza simbolica e universale.

Dal punto di vista tecnico, l’astrattismo geometrico con connotazione marcatamente optical - nella sua forma più concettualmente spinta della Hard Edge - mi permette di interpretare, con l’accostamento puro di colore/forma/texture, gli effetti di luce, cinetici e prospettici altrimenti frustrati dalla bidimensionalità degli elementi compositivi.
La sintesi optical contiene però un altro aspetto fondamentale e indispensabile nel trattare i miei temi veneziano-universali: l’ambiguità. Così come Venezia appare ambigua nel suo riflettersi e rimbalzare da una superficie all’altra, solida e fluida, allo stesso modo l’optical ha la capacità di innescare i meccanismi illusori e di contraddizione che derivano dalle diverse percezioni dell'opera, secondo gli spostamenti del punto di vista dello spettatore e con il variare della luce.

Ma una volta definito un progetto, calcolata una struttura, una volta che mi sono appropriata di una solida costruzione iper-razionale, si risveglia un’ineffabile levità.
E comincio a gironzolare scalza tra il rigore delle matematiche e l’arbitrio dell’istinto, tra l'artificiosa umana ricerca della perfezione e la naturale irregolarità del reale, tra compostezza e sberleffo, in un continuo e divertito inciampo che non permette e non vuole alcuna compiutezza formale, quasi a voler riscoprire un'impulsività fanciullesca che interviene salvifica nella rigidezza dei modelli convenzionali.

Attualmente vivo e opero tra Dolo, sulla Riviera del Brenta, e la Serenissima. Vedi:

Artmajeur

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