Noosfera XXVI autoritratto interno (2022) 绘画 由 Paolo Cantù Gentili

Paolo Cantù Gentili – "Noosfera XXVI: Autoritratto interno" Nel tessuto visivo di "Noosfera XXVI: Autoritratto interno", Paolo Cantù Gentili si muove all’interno di un’alchimia cromatica dove il blu, profondo e assoluto, si stratifica in vortici e dissolvenze, evocando una spazialità mentale più che fisica. L’opera diviene una finestra aperta sul subconscio, un’immersione nella sfera del pensiero che Carbone definirebbe "flusso noetico", ovvero quel movimento interiore che organizza le idee in strutture vive e pulsanti. Il contrasto tra la compattezza del blu e la frattura luminosa del giallo – quasi un bagliore di consapevolezza che fende la massa cromatica – è un punto di tensione concettuale e visiva. Il giallo non è solo un elemento cromatico ma una cesura epistemologica, una ferita che si fa epifania, una scheggia di coscienza che si staglia su un mare di percezioni indistinte. Le linee circolari che emergono dall’opacità suggeriscono una gestualità meditativa, un tentativo di delineare l’ineffabile, di dare forma a ciò che sfugge alla cattura del linguaggio ordinario. Cantù Gentili opera in questa tensione, tra l’irruenza materica del colore e la rarefazione simbolica della forma, creando un’opera che si pone come specchio interiore: un autoritratto non del viso, ma dello spazio della coscienza. In questo senso, il lavoro si colloca in una dimensione che si potrebbe definire "metafigurativa": non rappresenta, ma evoca; non racconta, ma suggerisce. L’assenza di una figura esplicita non nega la presenza dell’artista, anzi la amplifica in una dimensione più profonda, dove l’identità si dissolve nel flusso della percezione. È qui che l’opera si fa vera noosfera: non oggetto, ma campo di forze, non semplice superficie pittorica, ma spazio mentale che accoglie e trasforma lo sguardo dello spettatore in un atto di partecipazione attiva. Paolo Cantù Gentili, con questa sua opera, non dipinge il visibile, ma il pensabile. E lo fa con una forza espressiva che richiama gli interrogativi essenziali dell’essere.

Paolo Cantù Gentili – "Noosfera XXVI: Autoritratto interno" In the visual fabric of "Noosfera XXVI: Autoritratto interno", Paolo Cantù Gentili moves within a chromatic alchemy where the deep and absolute blue is stratified in vortices and fades, evoking a mental rather than physical spatiality. The work becomes an open window onto the subconscious, an immersion in the sphere of thought that Carbone would define as "noetic flow", that is, that interior movement that organizes ideas into living and pulsating structures. The contrast between the compactness of the blue and the luminous fracture of the yellow – almost a flash of awareness that splits the chromatic mass – is a point of conceptual and visual tension. Yellow is not only a chromatic element but an epistemological caesura, a wound that becomes an epiphany, a splinter of consciousness that stands out against a sea of indistinct perceptions. The circular lines that emerge from the opacity suggest a meditative gesture, an attempt to outline the ineffable, to give shape to what escapes the capture of ordinary language. Cantù Gentili operates in this tension, between the material impetuosity of color and the symbolic rarefaction of form, creating a work that presents itself as an interior mirror: a self-portrait not of the face, but of the space of consciousness. In this sense, the work is placed in a dimension that could be defined as "metafigurative": it does not represent, but evokes; it does not narrate, but suggests. The absence of an explicit figure does not deny the presence of the artist, but rather amplifies it in a deeper dimension, where identity dissolves in the flow of perception. It is here that the work becomes a true noosphere: not an object, but a field of forces, not a simple pictorial surface, but a mental space that welcomes and transforms the viewer's gaze into an act of active participation. Paolo Cantù Gentili, with this work, does not paint the visible, but the thinkable. And he does so with an expressive force that recalls the essential questions of being.