The Routes of Mnemosine (2021) Pittura da Paolo Cantù Gentili

Nell'opera di Paolo Cantù Gentili vediamo un'intrigante composizione che evoca l'immaginario digitale e videoludico attraverso un linguaggio pittorico audace e primordiale. Su uno sfondo di un blu intenso e vibrante, l'artista dispone una costellazione di forme che sembrano sospese in uno spazio siderale artificiale. I cerchi rosa-arancio con piccoli punti che ricordano occhi, le forme verdi luminose disposte come frammenti di codice, e i cerchi rossi frammentati creano un dialogo visivo che oscilla tra il nostalgico richiamo ai primi videogiochi e una dimensione quasi mitologica. Il cerchio centrale, con la sua forma rettangolare verde incastonata, diventa un punto focale enigmatico, come un portale o un'interfaccia tra mondi diversi. Cantù Gentili sembra interrogarsi sulla relazione tra umano e tecnologico, creando una cosmologia personale dove elementi che ricordano avatar, power-up e simboli di gioco acquisiscono una presenza quasi sciamanica. Le forme geometriche irregolari in basso a sinistra suggeriscono architetture rudimentali o forse controlli di gioco decontestualizzati. La tavolozza ristretta ma efficace — blu profondo, verde acido, rosso vivo e tonalità salmone — conferisce all'opera un carattere simultaneamente ludico e metafisico. C'è qualcosa di infantile nella semplicità delle forme, eppure la composizione complessiva trasmette una strana complessità, come geroglifici di una civiltà aliena o residui di memoria digitale. In un'epoca in cui il confine tra reale e virtuale diventa sempre più poroso, l'opera di Cantù Gentili si presenta come un'archeologia del futuro, recuperando l'estetica primordiale del digitale per trasformarla in un linguaggio pittorico carico di mistero e possibilità interpretative.

In Paolo Cantù Gentili’s work we see an intriguing composition that evokes digital and video game imagery through a bold and primordial pictorial language. On a background of an intense and vibrant blue, the artist arranges a constellation of shapes that seem suspended in an artificial sidereal space. The pink-orange circles with small dots that resemble eyes, the bright green shapes arranged like fragments of code, and the fragmented red circles create a visual dialogue that oscillates between the nostalgic reference to the first video games and an almost mythological dimension. The central circle, with its embedded green rectangular shape, becomes an enigmatic focal point, like a portal or an interface between different worlds. Cantù Gentili seems to question the relationship between the human and the technological, creating a personal cosmology where elements that recall avatars, power-ups and game symbols acquire an almost shamanic presence. The irregular geometric shapes in the lower left suggest rudimentary architecture or perhaps decontextualized game controls. The limited but effective palette—deep blue, acid green, bright red, and salmon tones—gives the work a simultaneously playful and metaphysical character. There is something childlike in the simplicity of the forms, yet the overall composition conveys a strange complexity, like hieroglyphics from an alien civilization or remnants of digital memory. In an era in which the boundary between real and virtual is becoming increasingly porous, Cantù Gentili's work presents itself as an archaeology of the future, recovering the primordial aesthetics of the digital to transform it into a pictorial language full of mystery and interpretative possibilities.