Francesco Dezio: versatile, ironico e curioso

Francesco Dezio: versatile, ironico e curioso

Olimpia Gaia Martinelli | 8 apr 2023 7 minuti di lettura 0 commenti
 

"Provengo da studi tecnici, quindi la mia formazione è da autodidatta. Da ragazzo ho sempre amato disegnare, imitando lo stile di alcuni disegnatori della Marvel o, crescendo, quello della scuola argentina di autori come Enrique Breccia, Juan Zanotto, Juan Giménez."…

Cosa ti ha spinto a creare arte e diventare un artista? (eventi, sensazioni, esperienze...)

Provengo da studi tecnici, quindi la mia formazione è da autodidatta. Da ragazzo ho sempre amato disegnare, imitando lo stile di alcuni disegnatori della Marvel o, crescendo, quello della scuola argentina di autori come Enrique Breccia, Juan Zanotto, Juan Giménez… per citarne alcuni. Durante l’adolescenza, ad impartirmi alcuni segreti della pittura ad olio (“alla prima”) fu un mio lontano parente, un pittore naif (dipingeva paesaggi e quadri a tema religioso, perché quella era la committenza di riferimento): da lì è iniziato tutto… Poi, ho continuato da solo, avvicinandomi al genere surrealista. Lavoravo come operaio e nel tempo libero dipingevo, senza particolari pretese o velleità. Faccio notare che questa esperienza (difficile, devastante), l’ho poi raccontata in un romanzo uscito per Feltrinelli Editore nel 2004, intitolato Nicola Rubino è entrato in fabbrica e divenuto un caso letterario – Roberto Saviano fu tra i primi a recensirlo e ne fu entusiasta: a tutt’oggi, quel testo è considerato un riferimento imprescindibile per la narrativa di fabbrica e sul precariato. A partire dal 2014, in parallelo all’attività di scrittore, ho iniziato a collaborare con vari piccoli editori come grafico e illustratore (qui un esempio; tutte le copertine realizzate per questo editore sono mie: https://www.terrarossaedizioni.it/) … Ma il richiamo verso tecniche pittoriche più tradizionali (come, ad es. la pittura ad olio) non era più eludibile ed eccomi qui.

Qual è il tuo background artistico, le tecniche e le materie che hai sperimentato finora?

Considerando i classici, senz’altro Klimt, Schiele, Caravaggio, Velasquez, Dalì, Magritte, Freud, i preraffaelliti ma anche un pittore figurativo molto bistrattato dalla critica (e, invece, amatissimo da Salvador Dalì): William Adolphe Bouguereau. Devo molto anche all’approccio sperimentale, in letteratura, di uno scrittore come William Burroughs, inventore del cut-up e il cui equivalente, in pittura, è la pareidolia, un automatismo istintivo di cui faccio uso nelle mie creazioni, a livello subcosciente… Senza disdegnare ciò che è considerato “basso”, kitsch, o di arte lobrow, mi riferisco al pop surrealism proposto da riviste alternative come Hi Fructose e Juxtapoz. Dei contemporanei adoro Jenny Saville, Paul Laurenzi, Michael Carson, Alex Canevsky, John Currin, Eric Fischl, così, giusto per citare i primi che mi vengono in mente e che, indubitabilmente, mi strapiacciono. Essendo anche un illustratore, apprezzo moltissimo (e sono sensibilmente influenzato) da illustratori americani “dell’età d’oro” come Robert McGinnis, Norman Rockwell, o di genere pulp o fantasy (Frank Frazetta). Sono un cultore del fumetto erotico italiano (Milo Manara, Vittorio Giardino, Crepax, Paolo Eleuteri Serpieri, Baldazzini, ecc.)… Le tecniche che prediligo sono Olio, acrilico, acquerello e matita. Di recente ho comprato un set di pastelli ad olio e spero di poter iniziare a sperimentare anche con quelli… staremo a vedere.

Quali sono i 3 aspetti che ti differenziano dagli altri artisti, rendendo unico il tuo lavoro?

Penso che tre segni distintivi siano la versatilità (o poliedricità), la curiosità (senza la quale nulla di quanto faccio potrebbe sussistere), l’ironia (e certo gusto per la provocazione).

Da dove viene la tua ispirazione?

Mi lascio invadere (nel tentativo di cifrare, reimpostare, sequenziare, ricomporre o perfino scomporre) da ogni tipo di messaggio visivo, sia che provenga dalla realtà che dal mondo dei media (social, blog, ecc.). Non secondari, gli stimoli che mi fornisce la letteratura (Burroughs, Volodine, Jeauffray, Houellebecq, Easton Ellis…) e, dicevamo, delle sottoculture (fumetto, alternative rock).

Qual è il tuo approccio artistico? Quali visioni, sensazioni o sentimenti vuoi evocare nello spettatore?

fondamentalmente mi definirei un pittore figurativo (e ne vado fiero, le avanguardie e ogni forma di dispregio per l’artigianalità nell’arte, sono diventate inattuali, museali, quindi, tanto vale tornare alle origini, tentando, se possibile, di reinventarle), ma il mio non è un realismo puro, spesso inserisco elementi di astrazione o disgrego e frammento l'immagine per scongiurare l'iperrealismo (o ogni tipo di spersonalizzante ricalco fotografico): il virtuosismo fine a se stesso non mi interessa.

Qual è il processo di creazione delle tue opere? Spontaneo o con un lungo iter preparatorio (tecnico, ispirato ai classici dell'arte o altro)?

Direi che entrano in campo entrambi i fattori. A volte la fase progettuale occupa più tempo di quella realizzativa (il che significa, a monte, fare continue ricerche iconografiche per arrivare a concepire un’idea valida). Ho un catalogo sterminato di immagini a cui attingo (o da cui mi lascio affascinare) e che reinvento assecondando una mia estetica (non mi limito ad un solo tentativo, faccio più prove e scelgo quella che più mi convince); va quasi sempre così… comunque può capitare che ci arrivi in modo più diretto (o spontaneo), ma non è la norma. La parte ideativa non si vede, ma è quella che fa la differenza, tra me e gli altri pittori…

Utilizzi una particolare tecnica di lavoro? se si, me lo puoi spiegare?

Se parliamo di pittura su tela, l’iter è consolidato: la fase preparatoria (abbozzi e prime stesure) le realizzo ad acrilico e poi – quando la materia diventa poco gestibile – passo alla pittura ad olio, che avendo tempi più lunghi di asciugatura mi consente di poter sfumare-rifinire con maggiore accuratezza quanto iniziato (e, talvolta, di rimediare ad alcuni errori di impostazione).

Ci sono aspetti innovativi nel tuo lavoro? Puoi dirci quali?

È difficile (se non impossibile, mi sa) inventarsi qualcosa di nuovo ai giorni nostri (e ciò che ieri era avanguardia oggi è da considerarsi retrò). Mi piace creare alchimie con la mia arte - che, come avrete inteso, è molto contaminata da influssi musicali, dal fumetto popolare e underground, dalla psichedelia, dal cinema, dalla narrativa – se vi è qualcosa di originale nella mia opera risiede nel fatto che sono sensibilissimo e recettivo ad ogni tipo di influsso. È che, non provenendo dal mondo accademico, ho gusto per la sperimentazione, per i tentativi che portano ad errori, le false piste. Dal momento che la mia dedizione è per la figurazione, per non banalizzare questo tema (o abusarne in modo qualunquistico), introduco quasi sempre elementi di astrazione (e di action painting) o delle anomalie rappresentative in cui vado a sublimare certo gusto per la provocazione, il grottesco.

Hai un formato o un mezzo con cui ti senti più a tuo agio? se sì, perché?

Direi che la mia tecnica d’elezione è la pittura ad olio. Un formato (di tela) su cui mi trovo a lavorare agevolmente è il 60x80 che mi da modo di accentuare la componente gestuale, facendo largo uso di pennelli larghi, spatole, rulli.

Dove produci i tuoi lavori? A casa, in un laboratorio condiviso o nel tuo laboratorio? E in questo spazio, come organizzi il tuo lavoro creativo?

Realizzo tutto a casa, dove mi sono ritagliato un angolo in cui ho la postazione del PC, un cavalletto da studio, un carrello che contiene colori acrilici e ad olio e che ho modificato in modo che contemporaneamente sia anche un tavolino su cui poggio la tavolozza, più una cassettiera in cui ho acquerelli, matite, pastelli e accessori vari. 

Il tuo lavoro ti porta a viaggiare per incontrare nuovi collezionisti, per fiere o mostre? Se sì, cosa ti porta?

Al momento no, devo ammettere che sono piuttosto stanziale. Frequento solo i galleristi della mia zona e me ne spiaccio, perché vorrei allargare il mio giro.

Come immagini l'evoluzione del tuo lavoro e della tua carriera di artista in futuro?

Approfondire il mio gusto per la figurazione (specializzarmi ancora meglio in questo), e magari tendere di più ad una pittura meno controllata e più materica. Rinunciare, quando possibile, al mio perfezionismo e concedermi sempre più a derive in cui vado a disgregare l’immagine, scomporla, frammentarla ulteriormente… questa potrebbe essere una possibile evoluzione.

Qual è il tema, lo stile o la tecnica della tua ultima produzione artistica?

Si tratta spesso di esempi di femminilità glamour (o per estetica gothic, dark, ma senza esagerare) inserita in contesti stranianti e da cui si desume l’impenitente gusto per la provocazione e l’ironia. Generalizzo, perché vado anche su temi in cui esprimo critica sociale (vedi ad esempio il recentissimo “Gioia e rivoluzione”).

Ci racconti la tua esperienza espositiva più importante?

A febbraio farò una personale (col meglio della mia produzione), presso la galleria Artimmagine, qui ad Altamura. Mi auguro di farne altre.

Se potessi creare un'opera famosa nella storia dell'arte, quale sceglieresti? E perché?

Probabilmente Danae di Gustav Klimt, per la figura rannicchiata in posizione fetale e la posa, che io trovo di una voluttà estenuata e sensualità straziante, senza pari. È un quadro di una bellezza vertiginosa. E la vertigine è ciò che vorrei offrire al mio pubblico, con le mie opere.  

Se potessi invitare a cena un artista famoso (vivo o morto), chi sarebbe? Come gli suggeriresti di trascorrere la serata?

Mi sarebbe piaciuto conoscere Salvador Dalì, per tentare di capire se in occasioni conviviali come questa, avrebbe gettato la maschera; più che altro, considerato il soggetto, avrei lasciato fare a lui.

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