Piet Mondrian: per una giusta interpretazione

Piet Mondrian: per una giusta interpretazione

Olimpia Gaia Martinelli | 11 dic 2022 8 minuti di lettura 0 commenti
 

L’interpretazione di un’opera d’arte astratta risulta, al fruitore, più complessa e meno intuitiva rispetto al suo corrispettivo figurativo, tanto che se osserviamo un ritratto, grazie anche alle informazioni tratte dal suo stesso titolo, è possibile arrivare a capire, sia l’identità dell’effigiato, che il suo rapporto con l’artista, motivo spesso alla base della realizzazione del capolavoro stesso...

Nataliya Bagatskaya, "Lisa visiting Mondrian-3", 2021. Acrilico / lacca su tela, 60 x 60 cm.

Antonella Preti, Dreaming of Bauhaus, 2020. Acrilico su tessuto, 60 x 60 cm.

L’interpretazione di un’opera d’arte astratta risulta, al fruitore, più complessa e meno intuitiva rispetto al suo corrispettivo figurativo, tanto che se osserviamo un ritratto, grazie anche alle informazioni tratte dal suo stesso titolo, è possibile arrivare a capire, sia l’identità dell’effigiato, che il suo rapporto con l’artista, motivo spesso alla base della realizzazione del capolavoro stesso. Al contrario, per apprezzare un dipinto astratto al livello più profondo e nozionistico, è consigliabile documentarsi e studiare con più accuratezza, al fine di entrare in confidenza con il suo contesto storico-artistico di appartenenza e il processo creativo, che lo ha generato, frutto del personale punto di vista sul mondo dell’artista-artefice. Quanto appena dichiarato trova riscontro nell’analisi di Composizione con rosso, giallo e blu (1929) di Piet Mondrian, per molti, “blasfemi”, una semplice raffigurazione di forme geometriche a colori. In realtà, il capolavoro del 1929 racconta una storia molto più profonda, poiché frutto di una ricerca linguistica, che il maestro olandese condusse a partire dal 1907 circa, epoca in cui egli, avvicinatosi alla disciplina spirituale della Teosofia, ne adottò i principi filosofici, aspirando all’unione dell’universale e dell’individuale, dell’interiore e dell’esteriore, mediante l’ideazione di composizioni cromaticamente e formalmente sempre più essenziali ed equilibrate. Di fatto, Composizione con rosso, giallo e blu, il cui popolare stile, molto caro ai designer, è stato concepito nel periodo fra le due guerre mondiali, presenta un’accurata distribuzione delle linee verticali e orizzontali, disposte sul supporto al fine di ottenere campiture quadrate e rettangolari dalla grandezza armonica, all’interno delle quali i tre colori primari alludono ad una precisa simbologia: il giallo è legato all’energia solare, il rosso rappresenta l’unione tra luce e spazio e il blu si associa alla sfera spirituale. In tale contesto, l’equilibrio universale al quale l’artista ambisce è ben rappresentato dal grande quadrato bianco, che, in alto, a destra del supporto, viene armonizzato dalla presenza delle sovra menzionate figure geometriche colorate, che sono disposte nei diversi e opposti angoli della tela. Dopo questa breve descrizione è possibile comprendere le opere “affini” realizzate dal medesimo maestro, collocabili in un arco temporale che va, all’incirca, dagli anni Venti fino agli anni Trenta del Novecento. Successivamente, in opere come Tableau I: Lozenge with Four Lines and Gray, lo stile geometrico del maestro si evolve, per concentrarsi maggiormente sull’esplorazione delle potenzialità della losanga, figura a diamante, che, spostando il più classico orientamento della tela, conferisce alle linee contenute al suo interno la parvenza di una maggiore e indefinita estensione. Infine, a partire dagli anni Quaranta, l’artista, ormai letteralmente incantato dalla vitalità della città New York, luogo intensamente vissuto al ritmo della musica jazz, giunge alla fasa conclusiva del suo operato, contraddistinto dalla distribuzione asimmetrica di quadrati dai colori vivaci, collocati all’interno di linee gialle, volte a sintetizzare il ritmo della sovra menzionata metropoli, proprio come avviene in Broadway Boogie-Woogie (1942-43). Rappresentativo di questo periodo è anche New York City 1, dipinto del 1941 che è stato recentemente oggetto di grande attenzione mediatica, in quanto è stato esposto capovolto per oltre settantacinque anni presso la Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf (Germania). Tale scoperta, che porta la firma dell’artista italiano Francesco Visalli, dimostra ampiamente la tesi sopra sostenuta: l’interpretazione di un dipinto astratto risulta essere, ancora oggi, più complessa e laboriosa di quella di un’opera figurativa.

Dr. Matthias Kerling, Selfsimilar Mondrian squares, 2022. Arte digitale su carta, 50 x 50 cm.

Harouna Andre Guillabert Gacko, Ours Mondrian Pop art, 2022. Scultura, resina / lacca su altro substrato, 45 x 35 x 23 cm / 1.00 kg.

Piet Mondrian: le origini post impressioniste, luministe e cubiste

Il maestro olandese è soprattutto noto per la sovra menzionata indagine artistica di stampo neoplasticista, anche se tale punto di vista è stato da lui raggiunto soltanto attraverso una lunga e laboriosa ricerca “d’identità”, che non si è limita ad essere frutto di orientamenti prettamente filosofici, in quanto essa è stata determinata da un processo conoscitivo graduale, avente luogo nella preliminare conoscenza, e pratica, di alcune correnti figurative precedenti, quali il Post Impressionismo, il Luminismo e il Cubismo. A proposito del primo movimento, Mondrian venne largamente influenzato, agli albori del Novecento, dall’operato di Kees van Dogen, Otto van Rees e Jan Sluijters, post-impressionisti che utilizzavano il colore in modo audace, traendo forte ispirazione dall’operato di Vincent van Gogh. La sperimentazione dell’artista olandese, a seguito dell’esempio dei maestri citati, è riassumibile dallo schizzo di rapida esecuzione del 1907, che, intitolato Nuvola rossa, è contraddistinto da una forte espressività cromatica. Tale punto di vista fu arricchito dall’incontro con Jan Toorop, esponente olandese del Luminismo, la cui indagine artistica, tendete alla realizzazione della luce attraverso una serie di punti o brevi linee di colori primari, incantò Mondrian, che, probabilmente a partire da quel momento, si interessò largamente all’uso delle suddette cromie. Successivamente al periodo luminista e all’influenza spirituale della teosofia, il maestro si avvicinò all’esempio di Paul Cézanne e dei pittori cubisti, tanto da trasferirsi, nel 1912, nella capitale francese, al fine di seguire da più vicino l’operato di Picasso e Braque. I precetti del cubismo nell’operato di Mondrian si esaurirono però al momento del suo ritorno in patria, ovvero nel 1914 circa, quando egli portò il suddetto stile ai limiti estremi, per esaurirlo definitivamente con la fondazione del movimento De Stijl (1917).

Cécile Duchêne Malissin, Hommage à Mondrian, 2015. Pittura, pastello / matita su tela, 30 x 30 cm.

Cécile Duchêne Malissin: Hommage à Mondrian

Il dipinto di Malissin rappresenta un esplicito omaggio all’operato del Mondrian luminista, il quale ha reso palese la sua progressiva evoluzione stilistica verso il Neoplasticismo, proprio attraverso il susseguirsi di capolavori aventi per soggetto gli alberi, facenti parte di un’omonima serie realizzata tra il 1908 e il 1912. In particolare, il “realismo” dell’opera dell’artista di Artmajeur “ricalcherebbe” quello di Albero rosso, dipinto del 1908 circa, in cui Mondrian iniziò il suo processo di sintetizzazione del linguaggio visivo formale, tramite l’eliminazione del tradizionale pittoricismo, resa tramite l’ideazione di una composizione essenziale, in cui un albero, perfettamente al centro del supporto, viene incorniciato dal rettangolo della tela. In aggiunta, la semplificazione ricercata dall’artista si estende alle cromie, tanto ch’egli si limitò all’utilizzo delle sfumature del blu, del nero, del rosso e del giallo. Allo stesso tempo, nonostante il “minimalismo”, gli elementi della narrazione restano fedeli al dato reale, tanto che si intravede l’ideale linea di un basso orizzonte e il cielo sul quale si staglia l’albero con il suo tronco e i suoi rami. Proprio quest’ultime peculiarità conferiscono all’opera stilemi paragonabili all’operato di Vincent van Gogh, con il quale Mondrian condivide una ricca interpretazione emotiva delle forme. 

Emmanuel Passeleu, Mondrian airplane, 2022. Fotografia digitale, 50 x 50 cm.

Emmanuel Passeleu: Mondrian airplane

La fotografia digitale di Passeleu documenta la grande ricorrenza presentata dagli stilemi neoplastici di Mondrian, all’interno del linguaggio architettonico Novecentesco e contemporaneo. Infatti, attraverso la visione dell’opera dell’Artista di Artmajeur è possibile ricordare alcuni edifici cult, che sono stati realizzati con le sopra menzionate geometrie colorate, quali, ad esempio, la Casa Schröder (1924, Utrecht) di Gerrit Rietveld, la Case Study House No.8 (1949) di Charles e Ray Eames e l’edificio del municipio dell'Aia dello Studio VZ (2017). Nel primo caso, la residenza privata risulta essere il più antico esempio d’architettura, volto a rievocare gli stilemi di Mondrian, anche se, in realtà, essa è stata opera di Gerrit Rietveld, maestro dell’architettura neoplastica, influenzato dai medesimi concetti, che hanno ispirato il creatore di Broadway Boogie-Woogie. Infatti, le facciate della casa Rietveld Schröder si configurano come un agglomerato di piani e di linee, il cui cromatismo presenta soventi richiami ai tre colori primari amati da Mondrian: il rosso, il giallo, il blu. A proposito invece della Case Study House No.8, tale struttura prototipica e prefabbricata, contraddistinta dai piani e dalle griglie astratte di Mondrian, rappresenta il tipico frutto del periodo del boom economico (1949), epoca in cui il “pattern” del maestro olandese iniziò ad essere riprodotto in maniera “consumistica”. Infine, parlando di attualità, è bene rendere noto come la popolarità di Mondrian sia rimasta invariata nel mondo architettonico, in quanto, nel 2017, al fine di celebrare il centenario di De Stijl, il Municipio dell’Aia fu decorato con i tipici colori primari del maestro olandese.

Michael Cheung, Composition with red, blue, and yellow retro, 2022. Acrilico su tela, 60 x 60 cm.

Michael Cheung: Composition with red, blue and yellow retro

L’opera dell’artista di Artmajeur Cheung ripropone, in versione figurativa, uno dei più celebri capolavori neoplastici di Mondrian: Composition with Red, Blue, and Yellow (1930). Infatti, in questa originale ed unica versione della suddetta tela, le geometrie del maestro olandese hanno generato un interno, in cui è presente, oltre alle pareti ed un oggetto giallo, disposto in primo piano sulla sinistra, anche la figura di una donna, la cui identità resta celata dietro ad una folta chioma, che si dispone su degli abiti rossi, raffinati ed eleganti. In questo nuovo contesto, l’opera assume inediti significati, divenendo associabile alle più tipiche raffigurazioni di interni con figure, volti a farci immergere nella vita privata delle persone. A proposito del capolavoro di Mondrian, invece, il dipinto del 1930 comprende l’uso cromatico del rosso, del blu, del giallo, del bianco e del nero, raccogliendoli all’interno di una composizione ridotta alle forme rettilinee più semplici del quadrato e del rettangolo, che sono definite attraverso linee verticali e orizzontali. Tale linguaggio viene indicato dall’artista stesso con il termine di “composizione”, poiché l’organizzazione delle forme astratte e asimmetriche sulla tela, concretizza la sintetizzazione delle forze universali.


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