Cébé, Piano celeste, 2014. Acrilico su tela, 80 x 80 cm.
La musica e l’arte rappresentano, senza alcuna ombra di dubbio, due discipline affini che, attraverso l’immaterialità del suono e l’incanto delle immagini, sono in grado di rivelare i sentimenti e il vissuto umano, sia nei suoi lati positivi e gioiosi, sia in quelli più introspettivi e seriosi. Proprio per queste peculiarità, le suddette arti hanno avuto un ruolo di primo piano sin dall’antichità, e in particolare, dagli albori delle civiltà classiche, quando, dalla loro unione, si sono generate due distinte combinazioni: l’arte che racconta la musica e l’arte che supporta la musica. A proposito di quest’ultimo aspetto, basta fare riferimento agli anfiteatri e ai teatri greci e romani, quali, ad esempio, il Teatro di Epidauro (Epidauro, Grecia), che, costruito nel IV secolo a.C., rappresenta un capolavoro di architettura ideata con il proposito di valorizzare al massimo l’acustica.
Policleto il Giovane, Teatro di Epidauro, 340 a.C., Epidauro.
Per quanto riguarda invece l’arte che racconta la musica, tale binomio si è concretizzato nei secoli attraverso l’operato dei maggiori pittori, grafici e scultori, che, volto ad immortalare, sia i musicisti, sia gli strumenti musicali, ne ha conseguentemente documentato anche l’evoluzione. Nei suoi esempi più antichi, questa storia ci viene narrata dalle statuine e dai vasi delle prime civiltà mediterranee, proprio come il Suonatore di lira del II millennio a. C., proveniente dalle Isole Cicladi. La suddetta statuetta in marmo, che raffigura un uomo intento a suonare la lira, è stata realizzata nella più pura schematizzazione geometrica della forma umana tipica dell’arte cicladica. Per rappresentare il rapporto arte-musica nel mondo ellenico, invece, possiamo portare ad esempio l’anfora a colonnette rosse e a sfondo nero, raffigurante Orfeo che suona la lira, opera vascolare proveniente dall’Attica oggi custodita al Pergamon Museum di Berlino. Lo stesso mito “musicale” viene riproposto anche nel mondo romano e, più precisamente, nel pavimento musivo custodito presso il Museo Archeologico di Palermo, decorato con l’Orfeo circondato da animali. Precedenti all’esempio dell’antica Roma sono però gli affreschi etruschi presenti nella Necropoli di Tarquinia, capaci di mettere in luce un aspetto più propriamente ludico del mondo della musica, poiché immortalano suonatori di lira e di aulos accompagnati da dei danzatori.
Suonatore di lira, II millennio a.C., marmo. Atene: Museo Nazionale.
Orfeo circondato da animali, I – II sec. d.C., mosaico pavimentale romano. Palermo: Museo Archeologico.
La storia del legame tra arte e musica continua nel Medioevo, epoca in cui, oltre ai dipinti e alle sculture, anche i codici miniati divennero un importante mezzo di divulgazione del sapere musicale, proprio come il Remède de Fortune del poeta e musicista Guillaume de Machaut, che, risalente al XIV secolo, rappresenta una delle più complete fonti artistico-letterarie sul tema. Sempre a proposito di questo periodo, è importante menzionare anche i portali delle cattedrali romaniche e gotiche, che, in molteplici casi, ospitano sculture di angeli, o di santi, muniti di strumenti musicali. Esempio di questo sodalizio tra arte, religione e musica sono il Portale di Sant’Anna a Notre Dame di Parigi e il Portale della Gloria a Santiago di Compostela.
Guillaume de Macaut, Remede de fortune, sec. IV., codice miniato.
Qualche secolo più tardi, e più precisamente sul finire del Quattrocento, alcuni tra i più grandi maestri fiamminghi hanno narrato il mondo della musica attraverso l’arte, proprio come si evince dagli Angeli musicanti (1485 ca.) di Hans Memling e dal Giardino delle delizie (1480-1490) di Hieronymus Bosch. In quest’ultimo dipinto però, gli strumenti, inseriti nel pannello destro del trittico rappresentante l’inferno, paiono alludere al suono di una melodia tutt’altro che gradevole, ovvero un rumore piuttosto fastidioso e caotico, riscontrabile anche nella combinazione di note trascritte nel pentagramma presente all’interno dell’opera. Come Bosch, anche Caravaggio, nel dipinto Riposo durante la fuga in Egitto del 1595, si è dimostrato essere molto attento ai messaggi lanciati dagli spartiti. Infatti, nelle mani di Giuseppe viene riportata la partitura di un preciso motivetto, quello del compositore fiammingo Noel Bauldewijn, basato sul testo del Cantico dei Cantici e intitolato "Quam pulchra es".
H. Bosch, Trittico delle delizie, 1480. Olio su tavola. Madrid: Museo del Prado.
Caravaggio, Riposo durante fuga in Egitto, 1595. Olio su tela. Roma: Galleria Doria Pamphilj.
Saltando un arco temporale di circa due secoli, l’Ottocento si caratterizza per una visione più intimistica del rapporto tra arte e musica, infatti, i suonatori ritratti in quest’epoca risultano essere maggiormente raccolti nei loro studi e, di conseguenza, nel loro mondo. Esempio di quanto detto è Il Suonatore di cornamusa di Thomas Couture, che, totalmente assorto nella sua pratica, non si cura di quanto lo circonda. Infine, è importante mettere in luce come, con l’arrivo del Novecento, il binomio arte-musica sia stato indelebilmente modificato dalle Avanguardie, inesorabili portatrici di inedite visioni sulla realtà. Emblematica dimostrazione di quanto appena affermato, è la Chitarra (1912-1913) di Pablo Picasso, che, attualmente conservata al Moma di New York, rappresenta un’idealizzazione tridimensionale della musica, volta ad acquisire “concretezza” attraverso una volumetria, uno spessore ed una forma tangibili. In aggiunta, il suddetto capolavoro, essendo a tutti gli effetti capace di riprodurre suoni, non è più soltanto un’opera d’arte rappresentativa di qualcosa, ma anche un mezzo che esprime l’esistenza di uno strumento.
Kristof Toth, Diptych sculpture cellist + harp player, 2020. Scultura, bronzo su pietra, 52 x 30 x 15cm / 10.00 kg.
Karen Axikyan, Melody, 2020. Scultura, Metalli su metallo, 41 x 26 x 10 cm / 1,20 kg.
Il binomio arte-musica nelle opere degli artisti di Artmajeur
L’intramontabile voglia di raccontare il mondo musicale attraverso l’arte continua anche oggi, infatti, tale desiderio anima l’operato di moltissimi artisti contemporanei, tra i quali, quelli di Artmajeur, che, di sovente, sono stati ispirati dai più grandi esempi figurativi del passato. Questa volontà di emulare la più alta tradizione dell’arte, viene però accompagnata da un forte desidero di innovazione, che, volto ad arricchire lo storico legame tra arte e musica, ben si manifesta nelle opere di Pierre Duquoc, Massimo Iacovelli e Jamie Lee.
Pierre Duquoc, Ghost #36, 2022. Fotografia, Fotografia manipolata / Fotografia digitale su carta, 50 x 75 cm.
Pierre Duquoc: Ghost #36
Lo scatto di Pierre Duquoc, intitolato Ghost #36, immortala una suonatrice di violino usando una tecnica un po' paradossale, infatti, come sostenuto dall’artista stesso, per un fotografo non è consuetudine voler rendere sfocate le proprie opere. In realtà però, Duquoc ha spinto la suddetta contraddizione ancora oltre, poiché egli ha ricreato la sfocatura partendo da scatti originariamente nitidi. Questo procedimento persegue l’intento di indagare sulle piccole sparizioni della vita quotidiana, ovvero quei momenti effimeri catturati e immagazzinati nella nostra memoria, che, successivamente, vengono trasformati in ricordi. Le esibizioni sul palco, spesso contraddistinte da movimenti ripetitivi e ordinati, si rivelano essere particolarmente adatti a rendere il concetto di reminiscenza anche perché, i musicisti, una volta terminato lo spettacolo, generano una sorta di “scomparsa” che favorisce le rievocazioni. A proposito della storia dell’arte invece, Ghost #36 presenta molteplici affinità con Le mani del violinista di Giacomo Balla, dipinto in cui il maestro italiano ha catturato, attraverso un effetto ottico vicino alla sfocatura fotografica, il movimento di un musicista.
Massimo Iacovelli, Formidable, 2022. Scultura - legno, 74 x 24 x 24 cm.
Massimo Iacovelli: Formidable
La scultura di Iacovelli, realizzata con un vero violino, è il risultato della scomposizione di quest’ultimo strumento musicale, volta a generare nel fruitore visioni multiple, frammentate e sezionate dell’oggetto. In tale contesto, l’opera d’arte si presenta all’osservatore in tutta la sua relatività, poiché, pur mostrando l’immagine nota di un violino, la ripropone in una modalità inedita e poco convenzionale, svincolata da qualsiasi consuetudine. Inoltre, Formidable ricorda le iconiche sculture scomposte di violini di Arman, concepite con la stessa finalità di mostrare, nello stesso momento, forme e prospettive diverse in un unico oggetto. Esponente insieme ad altri artisti come Yves Klein e Jean Tinguely del Nouveau Réalisme, il suddetto maestro francese ebbe l’abitudine di recuperare oggetti reali e desueti, al fine di scomporli nelle loro forme alterandone la percezione e svelandone l’essenza. Di conseguenza, le peculiarità dell’opera di Iacovelli risultano essere altamente affini alla più alta tradizione storico artistica.
Jamie Lee, Buddy Rich, 2022. Acrilico / vernice spray su tela, 70 x 70 cm.
Jamie Lee: Buddy Rich
Il dipinto Pop di Jamie Lee raffigura, con stilemi presi in prestito da Roy Lichtenstein, il famoso batterista e bandleader statunitense Buddy Rich. Tale scelta di soggetto non ci deve sorprendere, in quanto la Pop art è sempre stata molto legata al mondo musicale, infatti, a partire dal Novecento, le forme più popolari di cultura tesero alla multimedialità, ovvero alla combinazione di parole, musica, immagini e danza che crearono complessi risultati artistici. Inoltre, nel suo continuo rimando alla modernità e ai nuovi fenomeni di massa, il suddetto movimento tenne ovviamente conto della musica e dei suoi protagonisti. Evidenti riferimenti al mondo musicale si trovano nell’operato di Peter Blake, David Hockney, Richard Hamilton e Andy Warhol, cosicché l’opera dell’artista di Artmajeur rientra a pieno in una tradizione di tutto rispetto.