Laurence Blanchard, Migrants - somewhere on the planet eart, 2020. Olio su tela, 46 x 61 cm.
Mar Mediterraneo: un luogo di cultura condivisa
Nell’antichità il Mar Mediterraneo ha sicuramente rappresentano uno spazio comune, ovvero un luogo di storia, di cultura e di arte condivisa. Purtroppo, nella realtà odierna, fort da conflitti, principalmente dovuti alla colonizzazione e ai suoi postumi, è venuto meno questo spazio di “identità mediterranea”. Allo stesso tempo sono sorti numerosi problemi legati agli scambi e agli espatri, tanto che gli ultimi anni sono stati indelebilmente segnati dai drammi legati alle migrazioni di popoli provenienti da vari paesi in preda a cruenti conflitti, che, spesso mal gestiti da una Comunità europea poco coesa e incapace di arginare tali flussi, o di prestare l’assistenza necessaria alle persone, ha trascurato le necessità di popoli che preferiscono rischiare la vita salpando il Mediterraneo, piuttosto che restare nei luoghi di origine. Nonostante ciò, non possiamo permettere a questa grave situazione di offuscare una storia di unità culturale millenaria, che, risalente addirittura alla Preistoria, dovrebbe essere costantemente curata, valorizzate e messa in evidenza.
Morgese Giovanni, Eldorado, 2011. Acrilico su legno, 80 x 63.5 cm.
Betty Hanns, Migration 3, 2020. Scultura, carta / metalli su metallo, 60 x 40 cm.
L’arte contemporanea che narra dell’arrivo dei migranti in Sicilia, Italia
Le migrazioni del Mediterraneo, ormai al centro dell’attenzione mediatica mondiale già da alcuni anni, hanno affascinato, incuriosito e ispirato gli artisti di tutto il mondo, che, in alcuni casi, si sono concentrati in particolar modo sui quei flussi diretti verso la Sicilia (Italia), come, ad esempio, Mimmo Paladino, Jason deCaires Taylor, Vik Muniz e Lucy Wood. «A proposito di Mimmo Paladino, la sua Porta d’Europa, scultura in ceramica installata nel 2008 su di una scogliera vicino al porto di Lampedusa, rappresenta una delle prime opere realizzate sulla suddetta tematica, volta a perseguire la finalità di simboleggiare, sia un caloroso benvenuto ai migranti in arrivo, che una moderna "porta del non ritorno", ovvero una soglia capace di cambiare per sempre il destino di chi la varca»[1]. «Porta d'Europa presenta una superficie dorata, che combina la bellezza all’orrore, poiché al trionfo dell’oro si aggiunge la presenza di una serie di numeri confusi, volti ad alludere alla drammatica cifra imprecisata dei migranti morti in mare»[2]. «In aggiunta, dalla scultura sporgono teste, mani, scarpe e ciotole rotte, che simboleggiano tutti quei tristi reperti di viaggio ormai dissotterrati nel fondo del mare»[3]. «Infine, Porta d'Europa funge sicuramente da memoriale dell'isola, luogo in cui le persone si riuniscono spesso a riflettere su di un argomento “cult”, che, troppo spesso, si trovano ad osservare in prima persona»[4]. «Per quanto riguarda invece l'artista britannica Lucy Wood, ella si recava regolarmente a Lampedusa per raccogliere e documentare le esperienze dei migranti attraverso oggetti trovati, fotografie e interviste» [5]. «Successivamente, l’artista ha trascorso nove mesi sull'isola, al fine di preparare il suo progetto TO6411, per il quale ella chiese alle autorità italiane di poter avere una barca di migranti salvata, con l'intenzione di farla navigare da Lampedusa a Londra» [6]. «Dopo due anni di insistenza, alla Wood è stata offerta la barca TO6411, nome derivato dal codice ufficiale attribuitole dalla dogana italiana quando essa fu sequestrata vicino a Lampedusa nel 2012 con, al suo interno, 36 migranti nordafricani»[7]. «In seguito al restauro dell'imbarcazione, e dopo aver seguito un breve corso di navigazione, la Wood salpò per un viaggio in solitaria di 4000 miglia, che da Lampedusa la portò a Londra quasi quattro mesi dopo»[8]. «Durante la sua epica traversata, l’artista sperimentò in prima persona il tipo di instabilità, che rende le imbarcazioni dei migranti così insidiose per le traversate in mare»[9]. «Inoltre, la Wood salpò circondandosi degli oggetti realmente abbandonati dai migranti a bordo dell’imbarcazione, che furono arricchiti dalla presenza di altri reperti da lei stessa raccolti per l’occasione» [10]. «Infine, dopo aver raggiunto Londra, la T06411 è stata ormeggiata vicino ai Surrey Docks, dove il pubblico è stato invitato a salire a bordo»[11]. «Purtroppo, la barca non ha ancora ricevuto l'esposizione o il riconoscimento che merita, nonostante essa abbia il potenziale storico e significativo per avere un impatto sul pubblico” [12]. «Infatti, attualmente la T06411 sta raccogliendo muschio in un ormeggio a Sheerness, anche se la Wood parla del suo desiderio di riportarla dal proprietario originale, ovvero in Libia, luogo in cui fu rubata dai contrabbandieri» [13].
Ln Le Cheviller, Exil 3, 2019. Disegno, inchiostro su carta, 50 x 70 cm.
Jose Higuera, El otro Mediterráneo. Olio su tela, 116 x 81 cm.
I migranti del Mediterraneo nelle opere degli artisti di Artmajeur
Le tristi storie dei migranti del Mediterraneo hanno affascinato, colpito ed impressionato anche gli artisti di Artmajeur, che, all’interno della loro ricerca figurativa, hanno voluto dare voce al dramma di chi attraversa il mare in cerca di un futuro migliore. In questo contesto ben si collocano i dipinti di Benito Leal Gallardo, Iure Cormic e Alain Dambès, che, oltre a fare esplicito riferimento alla crisi europea dei migranti, manifestano di avere stretti legami con alcune delle più iconiche opere d’arte del genere.
Benito Leal Gallardo, Migrantes, 2021. Acrilico su tela, 116 x 150 cm.
Benito Leal Gallardo: Migrantes
Alla Biennale di Venezia del 2015, l'artista brasiliano Vik Muniz costruì una nave di legno di 45 piedi, che, intitolata Lampedusa, ricoprì con articoli di cronaca riguardanti le morti dei migranti avvenute nei pressi dell'isola italiana. Il critico d'arte Jonathan Jones reagì furiosamente alla visione di tale installazione, poiché riteneva che "la risposta delle arti alle morti dei migranti avrebbe dovuto essere molto più aggressiva", in quanto soltanto poche settimane prima dell'inizio della Biennale, ben 900 migranti erano annegati nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Tale aneddoto sul mondo dell’arte contemporanea ci riporta al dipinto di Benito Leal Gallardo, dove, su di una simile tipologia d’imbarcazione “cartacea”, è stata aggiunta la più significativa presenza di quattro migranti bambini, perseguendo l’intento di far riflettere proprio sulla vulnerabilità delle persone, che costituiscono la migrazione tra paesi e comunità con notevoli differenze di sviluppo.
Iure Cormic, Migrant child. After Bansky, 2020. Acrilico su tela, 133 x 95 cm.
Iure Cormic: Migrant child. After Bansky
Proprio come da titolo, il dipinto di Iure Cormic rappresenta un personale ed esplicito remake del Migrant Child di Bansky, graffito comparso a Venezia nel 2019, durante l’inaugurazione della Biennale Internazionale d’Arte. Lo stencil del writer inglese raffigura un bambino con un giubbotto nautico, intento ad alzare in alto il braccio destro, mentre, impugna nella mano, il fusto di una pianta dalla quale si sprigiona un fumo rosa, che lascia dietro di sé una grande scia sul muro. Quanto descritto è ciò che appare visibile dell’opera, in quanto i piedi e una parte delle gambe del bambino sono immerse nell’acqua del canale. L’intento di questo graffito è quello di mettere a confronto i lussuosi yatch, che solcano le acque della laguna con l’estrema povertà delle navi dei migranti. Nel dipinto di Iure Cormic la visione di Bansky viene arricchita da intensi colori Pop e da immagini, che, appartenenti al mondo consumistico, paiono rincarare la dose di quanto già denunciato dall’artista britannico.
Alain Dambès, Rives de l’eldorado d’après “Le radeau de la Méduse”, 2013. Olio su tela di lino, 73 x 92 cm.
Alain Dambès: Rives de l’eldorado d’après “Le radeau de la Méduse”
Parlando di capolavori senza tempo, il dipinto di Alain Dambès allude sicuramente, nella tematica affrontata, nella composizione, nelle pose e nelle attitudini dei personaggi, a La zattera della Medusa di Théodore Géricault. Allo stesso tempo però, collocando l’opera in un contesto più propriamente contemporaneo, essa ci pare parlare del dramma dei migranti del Mediterraneo, divenendo molto affine al messaggio trasmesso da un altro remake del dipinto del grande maestro francese, ovvero Raft of Lampedusa di Jason deCaires Taylor. Nel 2016, quest’ultimo artista britannico-guyanese ha realizzato i calchi di tredici migranti, e di un gommone abbandonato nel cemento, facendoli affondare a 46 piedi sott'acqua al largo della costa di Lanzarote (Spagna). Nonostante l’espressione di calma, quiete e soddisfazione dei protagonisti dell’opera, Raft of Lampedusa è stata concepita come un crudo promemoria della responsabilità collettiva della nostra comunità ormai globale. Infine, in questo ricco rimando alla storia dell’arte, l’opera dell’artista di Artmajeur appare essere un’ulteriore testimonianza del fascino immutabile dei grandi capolavori del passato, che sono spesso d’ispirazione per trattare le più popolari tematiche del nostro presente.
Ressources:
- Notes [1] to [13] : "Reframing the debate: The art of Lampedusa" published in 2016 in Crossings: Journal of migration & Culture, Volume 7, Issue 2, Oct 2016. https://www.mayaramsay.co.uk/blog/post.php?s=2018-11-23-reframing-the-debate-the-art-of-lampedusa-article-by-maya-ramsay