Lo shopping raffigurato nell'arte

Lo shopping raffigurato nell'arte

Olimpia Gaia Martinelli | 23 nov 2021 5 minuti di lettura 0 commenti
 

Il Natale è alle porte e, con esso, anche lo shopping sfrenato! Ma che rapporto ha l'arte con il commercio? Alcune opere d’arte hanno sicuramente rappresentano una preziosa testimonianza dell’evoluzione, avvenuta durante i secoli, delle modalità di vendita e di pubblicizzazione dei beni di consumo...

Lo shopping della società dei consumi di massa

Siamo giunti a quel periodo dell’anno, che ruota intorno all'evento più importante del nostro calendario, il Natale. Proprio in vista di questa festività, lo shopping diventa il protagonista delle nostre giornate, che vengono scandite da un unico obiettivo: trovare il regalo perfetto per i nostri parenti ed amici. Al fine di soddisfare quest’ultimo proposito, le compere diventano fonte di  ansia, compulsive e frenetiche, tanto che le masse si catapultano letteralmente all'interno dei grandi negozi, per acquistare merci relativamente standardizzate e di larga diffusione. 

Quanto descritto fotografa alla perfezione l’atteggiamento tipico della nostra società, quella del consumo e della produzione di massa, la cui nascita, seppur ha origine nella seconda metà dell’Ottocento, si è concretizzata, nella forma in cui la conosciamo noi, durante gli anni del boom economico (1950-60). Infatti, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, la modalità di produzione di beni divenne ripetitiva e massiva, originando prodotti di consumo standardizzati e appetibili per le masse, che finalmente potevano disporre, grazie alla crescita dei redditi, del denaro necessario da convogliare al consumo sfrenato di beni di prima necessità e non.

Simbolo architettonico  di questa nuova società dei consumi è decisamente il centro commerciale, ideato nel 1956 dall'architetto austriaco Victor Gruen, che fu incaricato di progettare il primo esemplare a Edina, Minnesota. 

619cc536c43ea7.16818970_telemaco.jpgTelemaco Signorini, Mercato vecchio a Firenze, 1882 circa.  Olio su tela, 39 x 65,5 cm. Collezione privata.

Lo shopping nell'arte: Telemaco Signorini 

Alcune opere d’arte rappresentano una preziosa testimonianza dell’evoluzione delle modalità di pubblicizzazione e di vendita dei beni di consumo. L’opera di Telemaco Signorini, intitolata Mercato vecchio a Firenze, ad esempio, documenta la presenza di un vivo mercato a Firenze, fulcro del commercio cittadino, prima dell’avvento dei grandi magazzini. 

Questo dipinto, che ha immortalato un contesto cittadino spesso indagato dall'artista, raffigura una scena di vita quotidiana, rientrando così nella tradizione della pittura di genere. Infatti, l’opera di Signorini, nonostante la presenza dello scorcio della via e della cupola del Duomo, si concentra sulla descrizione dell’atmosfera di un mercato ricco di personaggi, che sono intenti a chiacchierare, vendere e osservare. 

A proposito dello stile pittorico dell’opera, Telemaco Signorini fu uno degli esponenti principali del gruppo dei Macchiaioli, movimento artistico nato nel 1856 in Toscana (Italia), che affermava l’inesistenza della forma, poiché essa veniva creata dalla luce attraverso macchie di colore distinte o sovrapposte. Di conseguenza, fare pittura "macchiaiola",  detta anche di "macchia", significava rinunciare alla pratica accademica del disegno, per eseguire con tratto veloce e sintetico un tema.  Sul supporto  venivano direttamente distribuite le macchie di colore, al fine di ottenere una vigorosa resa cromatica di forti contrasti chiaroscurali. Proprio per tutte queste peculiarità pittoriche, i Macchiaioli sono considerati i precursori degli impressionisti.

Per quanto riguarda "la macchia" di Telemaco Signorini, questa riesce ad esprimere al massimo la confusione del mercato, grazie ad una disposizione del colore non omogenea, ma stesa poco per volta tramite tocchi decisi. Il cielo, le nuvole e gli edifici sono invece realizzati attraverso pennellate più ampie e distese.


Antonio Fomez, Invito al consumo, 1964-65. Acrilico su tela, 140 x 150 cm. Collezione privata.

Lo shopping nell'arte: Antonio Fomez 

Dopo la realizzazione del  mercato di Signorini, datato 1882 circa, la società  ha continuato ad evolversi verso il consumismo di massa, che viene immortalato dall'opera di Antonio Fomez, Invito al consumismo, risalente al 1964-65. Antonio Fomez è un esponente della Pop art italiana che, come quella americana, ha spostato l’oggetto d’interesse artistico verso i miti e i simboli della società dei consumi. Infatti, nell’acrilico dell’artista sono stati raffigurati alcuni prodotti cult del consumismo italiano degli anni Sessanta, che erano divenuti un vero e proprio simbolo dello stile di vita del bel paese. Molto probabilmente, questo acrilico di Fomez è stato ispirato dalle opere di Andy Warhol che ritraggono oggetti di consumo di massa, quali ad esempio le lattine Campbell. In aggiunta, la Pop art di Fomez condivide con quella di Warhol anche le seguenti caratteristiche:  il raffigurare beni di consumo per rivolgersi a tutti i ceti della società, senza preoccuparsi di svalutare il valore dell’opera d’arte;  l’esaltare la banalità del quotidiano raffigurando oggetti di uso comune; l’esplicitare l'humus culturale in cui gli artisti sono immersi, e che influenza i loro canoni estetici; trasformando ogni immagine in un’icona, senza avere però intenti dissacratori o ironici in quanto vengono semplicemente documentati i nuovi valori della società dei consumi. 

img-0008-modifica.jpgBruno Geda, Plastic bang, 2017. Scultura in legno, 60x40x40 cm.

Lo shopping nell'arte: Bruno Geda 

Nell'innovativa scultura di Bruno Geda, artista di Artmajeur,  non vengono rappresentanti gli oggetti di consumo di massa cari alla Pop art, ma una busta che, eventualmente, li possa contenere. Di conseguenza, il focus dell’opera si sposta, dall'oggetto dell’acquisto, al luogo dal quale esso proviene, indicato in questo caso dal logo presente sulla busta che, seppur non leggibile, rimanda chiaramente al nome di un noto supermercato. Infine, l’opera di Geda presenta anche dei legami con la Pop art, quali: l’assenza di paura rispetto alla possibile svalutazione di un’opera d’arte, che trae ispirazione dalla quotidianità; l’esaltazione della vita di tutti i giorni e dei suoi luoghi, quali il supermercato; l’esplicitazione del contesto culturale in cui si è formato l’artista, che è quello della società dei consumi. 

img-0293-1.jpgBenoit Montet, Niquols supermarket, 2017. Olio su tela, 80 x 120 cm.

Lo shopping nell'arte: Benoit Montet

Il dipinto ad olio dell'artista di Artmajuer, Benoit Montet, non raffigura, né gli oggetti di consumo, né i loro contenitori, ma il luogo in cui avvengono le compere, ovvero il supermarket. Quest’ultimo, a differenza del mercato di Signorini, non è un luogo che porta alla socializzazione, ma all'isolamento. Infatti, le persone, all'interno del supermarket, si fermano davanti agli scaffali, contemplando gli oggetti di culto della nostra società: i beni di consumo. Anche all'esterno dell’edificio, come raffigurato nel dipinto di Montet, le persone si avvicinano all'ingresso del supermercato divisi per gruppi, proseguendo direttamente verso la porta d’ingresso, senza interagire tra loro. Infine, l’opera di Montet rappresenta magnificamente la realtà del mondo attuale, caratterizzata dalla solitudine e dalla contemplazione dei nuovi oggetti di consumo.

f0bb565c-8efd-4a13-8f2b-783578f46683.jpgAndrea Berthel, Canned koi consumotion/the shopping queen, 2020. Olio su tela, 100 x1 00 cm.

Lo shopping nell'arte: Andrea Berthel

L’opera dell'artista di Artmajeur, Andrea Berthel, pur raffigurando una scatola di pesce, si distacca dalla Pop art tradizionale per diversi motivi: in primo luogo, la scatola del bene di consumo non allude più ad un brand popolare, ma al nome dell’artista stesso. Secondariamente, la scatola di pesce, che è innovativamente aperta, mostra al suo interno alcuni famosi marchi di abbigliamento. Infine, il dipinto che non fa più riferimento a beni popolari, ma di lusso, non rappresenta più gli oggetti cari alle masse, ma ad un élite.

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