Autoritratto contemporaneo: tra selfie e tradizione

Autoritratto contemporaneo: tra selfie e tradizione

Olimpia Gaia Martinelli | 13 mar 2022 6 minuti di lettura 0 commenti
 

Ogni giorno vengono scattati all’incirca 93 milioni di selfie in tutto il mondo, i quali, per la maggior parte, sono destinati ad arricchire le piattaforme social, con la finalità di accaparrarsi qualche manciata di "like". Ma siamo sicuri che questo nuovo “trend”, in apparenza molto superficiale, non abbia ricalcato atteggiamenti profondi, già indagati dai più grandi maestri del passato?

Anastasia Shchurina, 2021, 2021. Pittura, Acrilico / Lacca / Tempera su tavola MDF, 75 x 55 cm.

Il genere dell’autoritratto 

L’autoritratto è una rappresentazione figurativa, che l’artista realizza al fine di immortalare sé stesso. Tale genere artistico, che rappresenta una sottocategoria del ritratto tradizionale, nacque in Italia all’interno del rinnovamento apportato dall’indagine pittorica rinascimentale, indissolubilmente legata alla nuova concezione antropocentrica dell’individuo. Infatti, questa nuova esaltazione dell’essere umano, portò gli artisti a prendere coscienza del loro ruolo, rivendicando l’importanza della loro stessa creazione artistica. Il questo contesto, l’autoritratto divenne una sorta di firma sulla produzione, ovvero uno strumento attraverso il quale i grandi maestri si imposero in seno al loro operato. Questo cambiamento nella percezione del proprio valore e la stessa volontà di sottolinearlo di fronte al pubblico, sono testimoniate dall’iconico autoritratto di Dürer (1500), in cui il pittore si dipinse nelle sembianze di Cristo. Da questo momento in poi, la storia dell’autoritratto ha attraversato i secoli, evolvendosi negli stili, nelle prospettive di raffigurazione e nell’esaltazione dell’introspezione psicologica, come evidenziano i popolari ritratti di Tiziano, Rembrandt, Goya, Van Gogh e Warhol.

Katalin Macevics, Selfie, 2021. Acrilico su tela, 59.4 x 42 cm.

Ivaan Hansen, Chippado e o macaco com smartphone, 2019. Pittura, acrilico / Stampa digitale / Pittura digitale su tela, 180 x 150 cm.

Il selfie: l’autoritratto contemporaneo

Ogni giorno vengono scattati all’incirca 93 milioni di selfie in tutto il mondo, i quali, per la maggior parte, sono destinati ad arricchire le piattaforme social, con la finalità di accaparrarsi qualche manciata di "like". Ma siamo sicuri che questo nuovo “trend”, in apparenza molto superficiale, non abbia ricalcato atteggiamenti profondi, già indagati dai più grandi maestri del passato? A questa domanda potremmo rispondere con un’affermazione, proprio perché, la contemporanea ossessione per l’immagine, sembrerebbe rappresentare una vera e propria forma di espressione personale, volta a perseguire il sovra menzionato intento di celebrare ed emancipare la propria identità. Infatti, già nell’Autoritratto a tredici anni di Dürer, realizzato nel 1484, l’artista aveva voluto esaltare sé stesso, immortalandosi in un modo  piuttosto spontaneo e naturale,  che risulta essere molto vicino alle tendenze della nostra epoca. Anche nell’Autoritratto con pelliccia lo stesso maestro si avvicinò al mondo contemporaneo, poiché, evidenziando il suo status sociale, ha anticipato i selfisti, che tendono a presentarsi come persone uniche e distinte, ostentando beni e atteggiamenti d’élite. In aggiunta, gli autoritratti ed i selfie, condividono anche il fatto di essere nati dall’idea, o dal desiderio, di congelare una fetta di vita significativa, nonostante il fatto che, i secondi, siano spesso poco autentici. Effettivamente, i selfie sono il più delle volte, costruiti, simulati e modificati, al fine di trasmettere un'immagine specifica del corpo, che, piuttosto eufemistica e autosuggestionante, è davvero lontana dalla realtà. A differenza di quanto detto, Dürer, nei suoi autoritratti, non idealizzò mai il suo aspetto esteriore, ma lo rappresentò in modo letteralmente iperrealistico. Infine, anche se i selfie contemporanei sono prodotti con alta frequenza e spesso modificati, essi mirano a fornire messaggi simili a quelli degli autoritratti più iconici, poiché si fanno portavoce di un desiderio insito nella natura umana, quello di documentare la propria vita, la propria personalità, il proprio aspetto, la propria quotidianità e i propri sentimenti. 

Emilia Amaro, Got to be real. Acrilico su tela,  80 x 100 cm.

Emilia Amaro, Do you satisfy?, 2013. Acrilico su legno, 100 x 70 cm.

L’autoritratto nell’arte contemporanea tra remake, riferimenti ai classici e innovazione

L’operato degli artisti di Artmajeur è in grado di fornirci una sintetica ed esaustiva istantanea di ciò che rappresenta l’autoritratto nel mondo dell’arte contemporanea, genere spesso sperimentato al fine di reinterpretare i celebri capolavori del passato, fare riferimento alla più alta tradizione e dar vita a innovative interpretazioni. Al fine di illustrare quanto detto verrà fatto riferimento all’indagine artistica di Mathilde Oscar, Roman Rembovsky e Nikita Van Chagov.

Mathilde Oscar, Smoking Van Gogh, 2019. Fotografia digitale, 60 x 40 cm.

Mathilde Oscar: Smoking Van Gogh

L’opera dell’artista di Artmajeur, Mathilde Oscar, rielabora attraverso il mezzo fotografico e, di conseguenza, in maniera innovativamente iperrealistica, il celebre autoritratto di Vincent van Gogh del 1887-88, intitolato Autoritratto con il cappello di feltro. Quest’ultimo dipinto, conservato al Rijksmuseum di Amsterdam, rappresenta un decisivo spartiacque stilistico all’interno dell’operato del maestro olandese, poiché egli, che aveva conosciuto Paul Signac a Parigi, reinterpretò il pointillisme, costruendo l’immagine attraverso l’uso di ampie pennellate parallele fra loro. In aggiunta, anche la gamma cromatica dell’opera risulta essere nuova a van Gogh, in quanto essa, prediligendo l’uso di cromie più chiare e luminose, ha subito con evidenza l’influenza dell’arte di Gauguin e di Toulouse-Lautrec. Sicuramente però, questo capolavoro è reso iconico anche dall’espressione seriosa in cui il maestro si è voluto ritrarre, infatti, egli rivolge allo spettatore uno sguardo intenso e malinconico che, accompagnato da una bocca leggermente incurvata, ha la finalità di rendere esplicito il suo dramma interiore. È proprio questa palpabile sofferenza a conferire al ritratto quel forte magnetismo e coinvolgimento emotivo, che lo hanno reso unico nel suo genere. In questo contesto, la fotografia di Oscar appare molto affine all’originale, perché lo sguardo del modello si posa fissamente sullo spettatore, anche se, la bocca celata dal fumo, rende l’atmosfera più misteriosa che tragica.

Roman Rembovsky, Self-portrait, 2006. Olio su tela, 100 x 90 cm.

Roman Rembovsky: Self-portrait

L’opera dell’artista di Artmajeur, Roman Rembovsky, rappresenta un autoritratto dell’artista catturato all’interno del suo studio, location che si collega indelebilmente all’interno di una vasta tradizione a cui fanno capo maestri del calibro di Rembrandt Harmenszoon van Rijn, Francisco de Goya e Amedeo Modigliani. Ciò nonostante, l’attitudine della ricerca artistica di Rembovsky pare più vicina a quella dell’Autoritratto realizzato da Giorgio de Chirico nel 1935, in cui il l’artista italiano è immortalato, con il pennello in mano, mentre fissa intensamente lo spettatore. In quest’ultimo caso però, il maestro pare quasi colto di sorpresa nel momento in cui stava dipingendo, mentre, nell’olio di Rembovsky il cavalletto appare stranamente libero da tele. Probabilmente, l’intento di quest’ultimo artista è quello di prediligere la celebrazione della sua immagine, piuttosto che quella della sua attività. Allo stesso modo anche de Chirico, in molti altri suoi autoritratti, ha voluto esaltare maggiormente il suo personaggio, proprio come nelle opere realizzate in costume. Infine, le caratteristiche dell’olio di Rembovsky lo collocano all’interno della più alta tradizione della ritrattistica.

Nikita Van Chagov, Mentalist self portrait, 2020. Olio su tela di lino, 52.1 x 47 cm. 

Nikita Van Chagov: Mentalist self portrait

Infine, per quanto riguarda gli autoritratti, che rappresentano una personalissima versione del genere, possiamo indicare il dipinto dell’artista di Artmajeur, Van Chagov, intitolato Mentalist self portrait. Proprio quest’olio, dal forte approccio surrealista, vuole essere un caratteristico ed unico manifesto dell’identità dell’artista, che si rivela nella sua vera natura robotica. Tale voglia di stupire lo spettatore è però riscontrabile anche nell’Autoritratto molle con pancetta fritta di Salvador Dalì, del 1941, che, allo stesso modo, ha fornito un’inedita e fantasiosa versione dell’artista.


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