10 Fotografi di animali selvatici che dovresti conoscere

10 Fotografi di animali selvatici che dovresti conoscere

Olimpia Gaia Martinelli | 10 ott 2023 12 minuti di lettura 0 commenti
 

Se da bambino guardavi i documentari sugli animali insieme a tua nonna come me, allora non dovresti perdere l’occasione di leggere questo articolo...


Se da bambino...

Se da bambino guardavi i documentari sugli animali insieme a tua nonna come me, allora non dovresti perdere l’occasione di leggere questo articolo, che, riportandoti al tuo infantile amore per la fauna, ti permette anche di acculturarti, in quanto ti svelerà chi sono alcuni dei più noti fotografi di animali selvatici. Ogni fotografo in questione verrà presentato da un suo scatto, e quindi mediante un animale, che, tra i diversi da lui catturati, ho scelto come rappresentante ufficiale del suo lavoro. Prima però di avventurarmi in questa sfida, colgo l’occasione per presentare brevemente il genere della fotografia di animali selvatici, offrendovi l’occasione di comprendere a pieno ciò di cui approfondiremo in seguito. Se con tua nonna guardavi dei filmati che raccontavano le storie di vita degli animali protagonisti, pensa a come la fotografia, mendiante anche un solo scatto, possa alludere a tutto ciò senza pronunciare nemmeno una parola. Tale modo di descrivere il mondo animale selvatico è nato nel 1895, ovvero quando R. B. Lodge ricevette dalla Royal Photographic Society la prima medaglia mai conferita per la fotografia naturalistica, grazie all’immagine di una pavoncella che incubava le uova. Prima di questo evento, e quindi agli inizi dell’era fotografica, tale tipologia di soggetti risultavano essere alquanto rari, poiché era difficile ottenere fotografie di fauna selvatica a causa delle lenti lente e della bassa sensibilità dei supporti fotografici, tanto che generalmente ci si concentrava sul ritrarre animali in cattività. Pertanto, lo sviluppo della fotografia naturalistica si è decisamente legato alla diffusione di emulsioni fotografiche più veloci e otturatori più rapidi, che si sono imposte a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento. Di conseguenza, è da questo momento in poi che si è sviluppato il genere in questione, giungendo alle forme da oggi noi conosciute, che saranno presentate nelle loro varianti dai punti di vista di dieci fotografi noti.

Top 10

1. Brian Skerry

Per presentare Skerry ho scelto il primo piano di una foca, animale che assume un espressione umana di tenerezza, pronta ad entrare in intimo contatto con lo spettatore, seppur il mammifero faccia parte di un altro mondo: quello acquatico. Lo scatto in questione, diffuso dall'Instagram ufficiale del fotografo, è stato arricchito da una scritta, che collocata in alto e alle spalle dell'animale, ha il compito di alludere all'evento The Sentient Sea, mostra di stampe di Skerry che sarà visibile nella città di Siena (Italia) fino al 19 di novembre 2023. Pertanto, nonostante in questo caso la fotografia di fauna selvatica si fonda con quella commerciale, lo scatto in questione è stato da me scelto per presentarvi il fotografo in questione, noto in effetti per il suo legame con l'oceano. Brian Skerry, fotogiornalista e produttore cinematografico americano, specializzato nella vita marina e negli ambienti oceanici, è noto per aver collaborato, sin dal 1998, con la rivista National Geographic, contesto in cui ha realizzato più di 30 reportage, inclusi 6 copertine. Infine, degno di nota è il fatto che nel 2021, Skerry ha vinto un Premio Emmy Primetime per il suo ruolo di produttore di "Segreti delle Balene", "serie documentaria naturalistica che mostra una varietà di specie di balene in diversi habitat.  

2. Joel Sartore

Sartore presenta la fotografia scelta con queste parole: "perché il jerboa egiziano ha zampe posteriori più lunghe di oltre quattro volte la lunghezza delle sue piccole braccia e una lunga coda curva per il bilanciamento? Perché è costruito per saltare! La difesa primaria del jerboa dai predatori è saltare fino a tre piedi in aria e coprire distanze incredibili di nove piedi!" In questo modo la sua muta fotografia, diffusa su Instagram, acquisisce voce, rivelando quello che tutti gli osservatori si erano proposti di scoprire a riguardo del piccolo essere: venire a conoscenza del perchè egli è venuto al mondo con la speciale conformazione fisica in questione, che potrebbe assimilarlo ad una versione ridotta di un canguro! A proposito di Sartore, invece, il fotografo, che non si risparmia mai di dare la sua attenzione alle specie animali più piccole, concentra la sua attività principalmente nell'ambito della conservazione, essendo anche un relatore, un autore, un insegnante e un collaboratore di lunga data della rivista National Geographic, oltre che il capo de "L'Arca della Fotografia", un progetto di 25 anni per documentare le circa 12.000 specie che vivono nei giardini zoologici e nei santuari della fauna selvatica di tutto il mondo. 


3. Christian Ziegler

Il fotografo in questione ci offre una scena che ci fa immedesimare o nel bonobo o nella mangusta. Se ci sentiamo teneri, piccoli e bisognosi di affetto, vediamo noi stessi proiettati nel piccolo animale cullato dalle grandi mani nere, mentre se ci sentiamo desiderosi di prenderci cura di qualcosa che esuli dal nostro essere, e siamo quindi predisposti a custodire altre vite con cura, forse, talvolta, anche per sfuggire dai nostri problemi, assumiamo le sembianze del primate. In questo delizioso racconto interviene però il punto di vista, più realistico e drammatico, del fotografo stesso, che su Instagram scrive: "Tornato da una bellissima vacanza, sono entusiasta di condividere altri momenti con i Bonobo, iniziando da questa incredibile scena con le manguste!...Durante le mie avventure vicino alla stazione di campo LuiKotale nella Repubblica Democratica del Congo, ho avuto un incontro straordinario. Ho assistito a un giovane Bonobo che accarezzava teneramente una piccola mangusta...Tuttavia, questo legame potrebbe non essere così innocente come sembra. I Bonobo occasionalmente includono carne nella loro dieta, ed è probabile che questa giovane mangusta sia stata catturata quando la sua madre è stata cacciata dal gruppo.” Presentando invece  Ziegler, il fotogiornalista tedesco, vincitore del premio BBC Wildlife Photographer of the Year nel 2005 e collaboratore regolare di National Geographic, è noto per le sue fotografie presso lo Smithsonian Tropical Research Institute e una foresta nell'isola di Barro Colorado, utilizzata in un libro scientifico intitolato "A Magic Web," pubblicato dall'Oxford University Press nel 2002. 

4. Cristina Mittermeier

Nella maggior parte dei casi la fotografia di fauna selvatica persegue l’intento di farci vedere, oltre che l’animale, il contesto in cui esso vive. Nel caso di questo squalo, invece, il sapiente uso del bianco e  nero ha cancellato la percezione dell’habitat marino, che viene però reso dalla silenziosa presenza di un branco di pesci, i quali trovano collocazione a destra del terribile predatore, probabilmente intenti a prendere le distanze da quest’ultimo, raggiungendo il bordo del supporto fotografico. Il tutto viene descritto dalla Mittermeier come una danza, la danza tra predatore e preda, volta a sintetizzare l’esistenza di un equilibrio vitale antico e fragile, ma necessario. Di fatto, la fotografa si preoccupa di dichiarare: “anche se sono spesso i primi a essere incolpati quando le reti da pesca iniziano a restituire vuote, gli squali sono raramente i colpevoli della diminuzione delle popolazioni di pesci. Attraverso milioni di anni di evoluzione, ogni specie di squalo si è adattata per mantenere un ecosistema oceanico sano, supervisionando una complessa rete di vita marina. Quando rimuoviamo i predatori in grandi quantità attraverso la pesca eccessiva, il finning degli squali o qualsiasi altro mezzo, distruggiamo quell'equilibrio. Con oltre 100 milioni di squali uccisi ogni anno, il vero colpevole dietro alla perdita di biodiversità e di vita marina del nostro pianeta diventa chiaro: è un sintomo della nostra stessa relazione spezzata con il nostro oceano e pianeta.” Infine, parlando della Mittermeier, la fotografa messicana, conservazionista, biologa e autrice è una biologa marina e attivista che ha introdotto il concetto e il campo della fotografia di conservazione. 


5. Amy Gulick

Un occhio, che, ritratto estremamente da vicino, pare, in alcuni punti, e in un certo senso alquanto fantasticatore e poetico, la visione dall'alto dello stesso mare, che ospita la forma vivente in questione: il salmone. L'identità di tale effigiato ci è svelata dal post Instagram della fotografa collocata alla posizione numero cinque, che ha usato tale immagine per fare pubblicità alla sua serie virtuale, giustamente titolata, Vai a pescare. Ma non è la prima volta che la Gulick usa le sue fotografie per parlare di altre attività da lei svolte, basti pensare a quando ella ha postato sui social l'immagine di un orso che ha in bocca un pesce, medesimo esemplare della specie sopra menzionata, volto, in questo caso, a promuovere il suo libro The Salmon Way: An Alaska State of Mind. A proposito della fotografa, l'americana, specializzata nella natura e nella fauna selvatica, è una delle socie fondatrici dell'International League of Conservation Photographers, le cui immagini sono state diffuse da molte riviste, tra cui le pubblicazioni della National Audubon Society, della National Wildlife Federation, della National Parks Conservation Association e del Sierra Club, così come sulla rivista Nature's Best Photography.


6. Frans Lanting

AHHHHHHH! Questo è il suono che associamo alla fotografia di Lanting, volta a catturare un orango, che, spostandosi sulla sua liana, presenta la bocca aperta, facendoci ricordare di quando, sballottati sulle giostre, nonché spaventanti dalla visione di tutto ciò che si muove velocemente attorno a noi, sentiamo l'irrefrenabile impulso di gridare dal terrore. L'animale in questione però, certamente più coraggioso dell'essere a lui più evoluto, dovrebbe, in realtà, manifestare un urlo di coraggio, che, come una sorta di "all'arrembaggiooooo", accompagnerebbe fieramente lo spostamento della sua figura. Il testo abbinato su Instagram a tale scatto risulta essere invece decisamente più serioso, in quanto il fotografo ha voluto celebrare, mediante la visione in questione, la Giornata Mondiale della Fotografia e la Giornata Mondiale degli Oranghi, animali che Lanting descrive minuziosamente, al fine di denunciare come essi siano in pericolo, a causa della massiccia distruzione del loro habitat forestale e della cattura illegale per il commercio di animali domestici. Di fatto, Frans Lanting, fotografo olandese di National Geographic, nonché autore e relatore, è noto per usare il suo talento al fine di sensibilizzare sulle difficoltà della vita selvatica, amplificando l'importanza di agire insieme per garantire un futuro a tutte le creature viventi.


7Paul Nicklen

Oh mio Dio! Ecco, proprio questa esclamazione, tradotta in tutte le lingue e urlata allo stesso tempo, forse basterebbe per sintetizzare la reazione, che il mio cervello ha avuto quando ha visto quelle zampette palmate di pinguino. Senza nessuna vergogna alcuna, dichiaro appunto di aver desiderato di palparle con gusto, salendo anche più sopra, per sentire la morbidezza e la tenerezza del corpo del grazioso animale in questione, che è accopagnato dal volto di una foca posta in primo piano. Il fotografo pare analogamente essere coinvolto dalla suddetta visione, ma in modo più scherzoso, in quanto dichiara a proposito: "È molto più difficile scattare foto subacquee quando stai scoppiando a ridere mentre una foca leopardo cerca di infilarti dei pinguini in faccia. Nel 2006 mi sono recato in Antartide per un incarico di National Geographic per fotografare le foche leopardo, dove una foca femmina preoccupata ha cercato di nutrirmi di pinguini per quattro giorni di fila. Ha iniziato in modo abbastanza educato, ma è diventata sempre più frustrata quando ho declinato ogni pasto. Il quarto giorno, praticamente mi stava picchiando in testa con i pinguini. La sua ostinata generosità ha cambiato per sempre la mia prospettiva su questa specie spesso fraintesa in quello che ho supposto fosse un incontro unico nella vita. Quando sono tornato sul continente ghiacciato 10 anni dopo con il mio team di SeaLegacy, non mi aspettavo di ricevere la stessa calorosa accoglienza." Infine, parlando di Nicklen, il fotografo, regista e biolog marino è noto per essere l'unico fotografo canadese per il National Geographic Magazine, rivista per cui ha pubblicato undici storie. Oltre a questi risultati, egli è membro dell'International League of Conservation Photographers, ha scritto diversi libri e ha esposto il suo lavoro in importanti mostre, quali, ad esempio, l'Extreme Exposure presso l'Annenberg Space for Photography a Los Angeles, California, nel 2009 e la Paul Nicklen Gallery a Soho, New York City, nell'aprile 2017.


8. Ami Vitale

La visione immortalata dalla fotografia della Vitale potrebbe suggerire l'esistenza di due realtà opposte: una bella e idilliaca, l'altra funesta e miserabile. É possibile, di fatto, immaginare un uomo che "culla" un rinoceronte, cantandogli una ninna nanna per farlo cadere nel più profondo dei sonni. Dall'altra parte lo scatto potrebbe rivelare l'avvento di una disgrazia, resa dall'immagine del funerale del suddetto animale, a cui accorre, per celebrarlo e commemorarlo, un uomo, eletto a rappresentante di tutto il genere. Purtroppo è quest'ultima opzione a cui dobbiamo fare affidamento per l'interpretazione della fotografia, che la Vitale accompagna sui social con questa descrizione: "Cinque anni fa, Sudan, l'ultimo rinoceronte bianco settentrionale maschio conosciuto, è morto presso il Conservatorio OlPejeta in Kenya. Torno spesso a pensare a questo momento, ed è il silenzio che ricordo di più - un silenzio inquietante che sembrava prefigurare come sarebbe stato un mondo senza fauna selvatica. Nel 2019, le NazioniUnite hanno segnalato che l'attività umana sta causando una sesta estinzione - una crisi in accelerazione. Se la traiettoria attuale di uccisione e disturbo ambientale continua, molte altre specie saranno funzionalmente estinte durante la nostra vita. Abbiamo annientato il 50% della fauna terrestre negli ultimi 40 anni. Non serve una matematica complicata per capire che se non agiamo ora, rimarrà ben poco. La natura ha bisogno di noi ora. Imparate da, sostenete e coinvolgetevi con le numerose organizzazioni di conservazione in tutto il mondo che lavorano per costruire un futuro in cui possiamo vivere in armonia con la natura.” A queste parole sarebbe far opportuno seguire la fine dell’articolo, per evidenziare un messaggio che sta effettivamente a cuore a molti fotografi di animali selvatici, ma è tempo di fornire alcune informazioni di base sulla Vitale, fotogiornalista, regista documentarista, educatrice e relatrice americana, nota anche per aver pubblicato, nel 2018, il libro fotografico intitolato "Panda Love", che cattura i panda in cattività e durante il loro rilascio nella natura selvaggia. 

 

9. Tim Laman

Come sono belle in primavera le piante fiorite di rosso, ops, scusate, ho sbagliato soggetto, perché effettivamente la fotografia di Tim Laman cattura un gregge di ibis scarlatti nelle mangrovie, piante legnose alle quali si sovrappongono creando la sopra menzionata impressione. Gli esemplari del volatile in questione sono degli adulti, distinti dal loro piumaggio completamente scarlatto, che può mostrare tinte e sfumature, mentre le punte della ali presentano, discostandosi dal loro colore omonimo, una tonalità nera inchiostro, che, occasionalmente, tende anche al blu scuro. Oltre a quanto descritto lo scatto sintetizza, mediante le chiome della formazione vegetale sopra citata, le fattezza dell’habitat in cui i volatili risiedono, ovvero il Sud America e le isole dei Caraibi, luoghi in cui si radunano disponendosi nelle zone umide e in altri habitat paludosi, tra cui distese di fango, litorali e foreste pluviali. A proposito di Laman, invece, l’ornitologo, il fotogiornalista della fauna selvatica e il regista americano è noto, tra l’altro, per aver documentato tutte le specie di uccelli del paradiso nel loro habitat nativo, durante spedizioni di ricerca con il collega Edwin Scholes del Cornell Lab of Ornithology.  

10. Charlie Hamilton James

Ecco l'immagine di una mamma italiana che imbocca i figli fino alla tenera età di 40 anni! Scusate l'ironia, da italiana, posso sicuramente farlo nel rispetto che nutro per il mio Bel Paese. Ad ogni modo, veniamo a noi: la fotografia scattata da James è a dir poco tenera, perchè presenta la figura della madre, che svolge i compiti imposti dal suo ruolo, nella versione piumata dal genere, dando vita ad un parallelo esistente tra mondo umano e animale, che troppo spesso viene ignorato o dato per scontato. L'immagine in questione è stata sapientemente postata sui social media da James, che, avendola pubblicata nel giorno della festa della mamma, l'ha accompagnata con questo testo: "Buona Festa della Mamma a tutte le mamme negli Stati Uniti, o mamme come le chiamate voi. In particolare a quelle con bambini a cui piace il sushi." Charlie Hamilton James, che con ironia ha fatto riferimento allo spuntino di pesci, associandolo al parallelo costume umano di cibarsi di pesce crudo, è un fotografo, cameraman televisivo e presentatore inglese specializzato in soggetti legati alla fauna selvatica, il cui lavoro è stato commissionato da National Geographic Magazine, dai programmi televisivi Springwatch/Autumnwatch della BBC e da "The Natural World".



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