The Bridge (2024) Pittura da Graziana Checchia Pantaleone

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Banca d'immagine d'arte
  • Opera d'arte originale (One Of A Kind) Pittura, Olio / Acrilico su Tela
  • Dimensioni Altezza 23,6in, Larghezza 15,8in
  • Condizioni dell'opera d'arte L'opera d'arte è in perfette condizioni
  • Incorniciatura Questa opera d'arte non è incorniciata
  • Categorie Simbolismo Spiritualità
The Bridge era il ponte del cambiamento. Non era affollato, non era sicuro e a tratti la sabbia negli occhi impediva persino di capire dove stessimo poggiando i piedi. Era silenzioso, per gran parte del tempo. Non c'era cattiveria su quel ponte, non c'erano sguardi torvi, solo comprensione e solitudine. Nessuno era stato obbligato, nonostante le circostanze [...]
The Bridge era il ponte del cambiamento.
Non era affollato, non era sicuro e a tratti la sabbia negli occhi impediva persino di capire dove stessimo poggiando i piedi.
Era silenzioso, per gran parte del tempo.
Non c'era cattiveria su quel ponte, non c'erano sguardi torvi, solo comprensione e solitudine.
Nessuno era stato obbligato, nonostante le circostanze suggerissero il contrario, ognuno ci si era ritrovato camminando, un passo dopo l'altro.
Erano anime pure e spaventate.
C'era chi piangeva, chi tremava, chi sorrideva.
Si parlava di consapevolezza, di necessità, di speranza, di disagio.
Eravamo tutti disagiati, pensai, ai nostri occhi e a quelli degli altri.
E iniziai a ridere e a ricordare tutti i momenti in cui una risata ci avesse salvato la vita.
Io ero lì per quello, per ridere, di me in primis e poi di tutto il resto.
Mi ci ero messa da sola in quella situazione, pensando di dover magari solo girare l'angolo.
Avevo scordato il tempo, pur sentendo la stanchezza.
Non avevamo nulla di materiale, solo pensieri e bagagli ricolmi di parole.
Alcune scappavano via col vento, altre le stropicciavano i sorrisi, le più belle giocavano a rincorrere gocce di pioggia.
Non c'era nulla all'orizzonte, nessuna certezza, nessun luogo sicuro.
Solo una flebile speranza, una scintilla di coraggio che ci portava a vacillare e a ristabilire l'equilibrio.
Mi mancava stringere le sue mani, voltarmi e trovarlo lì.
Mi mancava aggrapparmi al suo giaccone durante le salite, mentre già lì con le mani al cielo articolavo in maniera confusa frasi che per i più non avrebbero avuto alcun senso.
Quel ponte, tutte quelle mattonelle incastonate alla rinfusa, erano un punto di non ritorno, un nuovo inizio, una vecchia visione.
Era la voglia di ritrovarsi e non lasciarsi più, non una meta e nemmeno il viaggio, ma il coraggio di saper guardare e di poter vedere.
Era l'invisibile che ci aveva sempre accompagnato e che con un sorriso smagliante ci aveva condotto l'uno dinanzi all'altro.

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Audela è una storia; di schegge, pioggia, buio, luce e mani fredde. È commedia, tragedia, smarrimento, contraddizione e rinascita. È saltare sulle nuvole mentre sei in caduta libera; un sorso di Martini, una ciliegia [...]

Audela è una storia; di schegge, pioggia, buio, luce e mani fredde.
È commedia, tragedia, smarrimento, contraddizione e rinascita.
È saltare sulle nuvole mentre sei in caduta libera; un sorso di Martini, una ciliegia appena raccolta, un cucchiaino di gelato.
È pittura ovunque, coraggio di andare oltre, voglia di tenersi la mano e stringere, stringere quanto basta.

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