Giuseppe Persia
Tutte le opere di Giuseppe Persia
Arte digitale • 13 opere
Guarda tuttoVarie • 22 opere
Guarda tuttoNUS–NOÛS • 47 opere
Guarda tuttoGiovanna Calvo Di Ronco.
Pep Art • 19 opere
Guarda tuttoDette immagini multiple sono congeniali per l’ interpretazione, appunto, delle fotografie NUS–NOÛS. Le immagini colorate a destra sembrano raffigurare corpi umani o parti di esso, in realtà è un peperone ma è l’osservatore che vuole vederceli. Quando si osserva una qualsiasi cosa, anche una situazione, la osserviamo in maniera emozionale e per questo, spesso, ci facciamo trarre in inganno.
L’immagine a sinistra, in bianco e nero, rappresenta lo stesso soggetto ruotato, in questa posizione non ha lo stesso significato delle immagini colorate, questo dura solo un tempo minimo, il tempo che le aree della mente si accorgano dell’inganno.
“Pep(per) Art” was born with the purpose of explaining the reading mechanism of “NUS-NOÛS” photographs and refers to Pop Art, artistic movement born in England in the 50s, whose most popular exponent was Andy Warhol, with his multiple images of marilyn. These images are congenial for the interpretation of the NUS-NOÛS” photographs.
The colored images on the right seems to represent human bodies or parts of them, in reality they are a pepper, but it’s the observer who wants to see them.
When we look at anything, even a situation, we observe it in an emotional way and this is why we often mislead ourselves. The black and white picture on the left represents the same rotated object. In this position it does not have the same meaning as the colored images. But this lasts for a very short time, the time the time that the areas of the mind become aware of the deception.
I mitici anni 70! • 65 opere
Guarda tuttoQueste immagini si rifanno appunto al neorealismo fotografico, scene di vita prese dalla strada. Non era una fotografia facile, niente messa a fuoco automatica, si usava il telemetro oppure si stimava la distanza “a occhio” e si riportava sull’obbiettivo, dopo la messa a fuoco avveniva la misurazione della luce, molte macchine fotografiche non avevano l’esposimetro incorporato, esisteva l’esposimetro esterno, si rivolgeva verso il soggetto, si sovrapponevano gli indici e si riportava la “coppia” tempo/diaframma sulla macchina fotografica, poi avveniva lo scatto.
Anche le pellicole avevano i loro problemi, scarsa sensibilità e una grana vistosa. Si poteva ovviare alla luce scarsa, nel caso di interni, con il flash, non quello elettronico, ogni lampo si buttava la lampadina vecchia e si inseriva la nuova. Fare una foto tecnicamente perfetta, cioè con il soggetto a fuoco e ben esposta non era facile e per attenuare gli errori dell’esposizione poco precisa, le pellicole non erano molto tolleranti, ci si atteneva ad una regola semplicissima ma efficace; ”Esporre per le ombre e sviluppare per le luci.”
Le foto bianconero del neorealismo hanno però fatto la storia della fotografia. Purtroppo questo tipo di immagine è scomparsa. Il giornalismo ha abbandonato l’immagine fissa sostituendola con brevi filmati, spesso fatti con i cellulari. Anche i grandi fotografi sono scomparsi.
Queste foto sono state prese tra l’inizio e la fine degli anni 70 e mostrano come si viveva allora.
Nelle foto, tecnicamente scarse, se paragonate a quelle digitali, si ricercava però una composizione armoniosa con un taglio preciso e molta importanza avevano la luce e le ombre.
Ultimamente non si punta più sul contenuto, non si racconta qualcosa, si vuole, anzi, si vorrebbe stupire con gli “effetti speciali”, in sintesi le belle fotografie, quelle da appendere, non esistono quasi più, esistono invece, nelle memorie elettroniche dei telefonini e delle macchine fotografiche digitali un numero enorme di file, questi oggetti, superelettronici, sono in pratica i cimiteri della fotografia.
Il Castello di Ragogna • 18 opere
Guarda tuttoStoria. (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera)
Secondo alcuni storici, la denominazione Reunia, citata per la prima volta da Venanzio Fortunato - secolo VI - e da Paolo Diacono - secolo VII - è un termine di origine indoeuropea, etimologicamente legato alla presenza del fiume Tagliamento.
La presenza più antica sulla base delle ultime scoperte archeologiche risale al V millennio a.C., documentata da rinvenimenti di epoca meso-neolitica appartenuti ad una società agricola sulle colline del lago. La zona risulta successivamente abitata nella tarda età del Bronzo.
L'epoca romana è documentata dalla presenza di numerose "ville rustiche" e per la presenza del guado sul Tagliamento - Tabine. È in questo periodo che sorge a San Pietro di Ragogna il Castrum Reuniae, fortificazione lungo la pedemontana friulana a difesa della strada romana che portava al Norico.
In epoca longobarda diventa un importante centro in cui si rifugiano le popolazioni in occasione della invasione degli Avari; dalla fortezza muove, intorno al 695, il nobile Ansfrido per usurpare il ducato del Friuli. Dei secoli successivi - VIII, IX, X, XI - non si hanno informazioni, ma alcune testimonianze artistiche di notevole interesse documentano l'importanza che riveste il sito in questi secoli.
Verso il 1100 Ragogna risulta proprietà della famiglia tedesca degli Eppenstein (Duchi della Carinzia), i quali nel 1218 cedono il feudo ai von Wallenstein di Carinzia (imparentati con Albrecht von Wallenstein) che cambieranno il cognome in Ragogna. È il momento del massimo splendore. Durante le lotte fra il Patriarca d'Aquileia e i duchi d'Austria, i Ragogna si schierano con questi ultimi diventando famosi soprattutto per numerose operazioni di brigantaggio, finché nel 1365 il Castello viene espugnato dal Patriarca.
Nel XV secolo Ragogna diventa proprietà della Repubblica Veneta; successivamente, nel 1503, i conti di Porcia acquistano il feudo ed il Castello che, restaurato, diventa una residenza secondaria. Il terremoto del 1511 e l'incendio del 1560 sono fatali: il sito viene abbandonato definitivamente alla fine del secolo XVIII e donato al comune.