Gennaro Corbi è nato nel 1943 a Napoli, dove vive e lavora. I dipinti e i disegni di Corbi parlano di mistero, memoria, a volte dei lati più oscuri dell'anima. Per comprendere meglio la sua opera, è necessario superarne il valore esoterico e non cercare di darne un'interpretazione razionale. Le figure sconosciute che rappresenta sono scale, paesaggi, ritratti, nudi, spiriti, e si ispirano alla letteratura di Kafka, o ai temi e ai motivi di artisti come Chagall e Klimt. Nella costruzione di spazi e aree cromatiche, simboli e gesti, Corbi usa foglie d'oro per esaltare il misticismo, come le usavano i pittori sacri nel Medioevo. Partendo da figure legate al suo passato, o da episodi che segnano o hanno segnato la sua vita, Corbi dà vita e libertà ai pensieri e ai demoni più profondi dell'umanità.
Il perché della mia pittura
“Nel 1989 un mio carissimo amico (Luigi Castellano/Luca) mi definì “venditore ambulante di fronte a un muro”; oggi, a distanza di tanti anni, mi accorgo di aver sostituito il muro con un sistema di specchi attraverso i quali ho l’illusione di guardarmi dentro.
Nelle mie opere non ci sono figure umane; ci sono solo io che osservo quel che ho visto, non quello che vedo ogni giorno. Le cose viste mi lasciano dentro tracce, significati, pensieri che mi aiutano a capire quella parte di me che non conoscerò mai del tutto. Mi servo di quello che, assorbito dalla mia coscienza, diventa la mia storia, la mia vita di cui sono semplice regista; le luci non sono mai dirette ma solo restituite dallo specchio della mia memoria/coscienza.
Le immagini sono sfocate, informali perché non rispondono alle geometrie dell’ottica; sono sommarie e non rispettose dello spazio cartesiano, che peraltro è visto da me molto criticamente, richiamato per fasce, campiture tracciate per creare spazi apparentemente non abitati se non dal proprio pensiero.
Il mio è un semplice diario dei miei ottanta anni conservato, spesso in modo indistinto nel fondo di un cassetto accessibile solo per sensazioni; sono convinto che tutti abbiano un diario nascosto nel proprio animo; io tento solo di dare, con le mie opere, un pretesto per accedere a ciò che ognuno si porta dentro spesso inconsciamente.
Non dipingo per gli occhi degli altri ma per la loro impalpabile emozione di spettatori del proprio esistere.
Storie certamente diverse dalla mia ma con l’infinita ricchezza di vite comunque vissute che ogni giorno reclamano rispetto.
Davanti ai miei quadri chiudete gli occhi e pensate a voi, guardatevi dentro e vi troverete, l’unica vera ricchezza che è la vostra storia; solo così avrà senso il mio mandare in giro le mie opere; se ciò non accadrà vuol dire che non hanno alcun valore per voi altri ed allora sono servite solo a me.”