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Gabriella Porpora

Ritorna alla lista Aggiunto il 28 nov 2020

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Derive Linguistiche

Le meraviglie d’oriente sono tramontate nell’Ottocento con la fine delle grandi dinastie cinesi e l’apertura del Giappone agli occidentali dopo un atto di forza della flotta americana. Il resto è esotismo, curiosità e cianfrusaglie, tanto che l’Oriente si è identificato con il Giappone (il “japonisme” è stato un fenomeno anche artistico rilevante alla fine del secolo scorso) dimenticando quanto questo debba alla cultura cinese ben più antica e articolata. E la chiusura comunista che caratterizza ancora la storia attuale del “pianeta Cina” non consente ancora di entrare in contatto con una delle più antiche culture dell’uomo.

I pittogrammi cinesi che Gabriella Porpora riprende in molte delle sue opere, sono in se la forza di una tradizione che registra eventi e modificazioni traducendoli nel linguaggio dei simboli. Il pittogramma della donna registra la sua emancipazione, in senso letterale, cioè la fine della soggezione all’uomo. La conquista della posizione eretta decantata nel simbolo come figura piana, frontale, testimonia di un evoluzione millenaria. E quando l’artista riprende altri pittogrammi come il simbolo della doppia felicità o quello della scrittura tanto preziosa da essere rappresentata da un bimbo sotto tetto, il motivo non è semplicemente il ricordo di un viaggio in Cina, quanto piuttosto il tentativo di far interagire la nostra cultura con quella cinese.

Certamente il movente artistico prevale. Comunque un pittogramma dipinto e riletto dalla sensibilità dell’artista diventa opera d’arte e quindi l’origine linguistica viene in qualche modo “tradita”. Ma Gabriella Porpora non intende giocare su di un facile mistero. Il suo interesse per una cultura così distante fonda il suo operare artistico attuale. La sua ricerca di dati culturali che avvicinino Oriente e Occidente richiama alla mente le mai sopite utopie anni ’60 che cercavano la mediazione fra le distanti culture, quella occidentale inevitabilmente orientata verso l’esterno e l’esteriorità e quella occidentale più spirituale che cerca sempre l’equilibrio dell’uomo nel sistema naturale. Ma in questo caso è il progetto individuale che diventa politico. L’esigenza dell’artista di approfondire una sua esperienza si riflette sulla struttura dei macro-eventi culturali. E che l’arte ricominci a porsi come centrale nella cultura dopo anni di pittura-pittura interessata solo a sé stessa, è un fatto che in questo fine secolo (e di millennio) si sta verificando sempre più spesso. Vi sono date che impongono una riflessione, che costituiscono nell’inconscio collettivo un termine cui confrontare le esperienze passate. Dopo l’edizione di Documenta IX a Kassel, ne riparleremo.

Questo spessore nell’opera di Gabriella Porpora, la sua ricerca quasi filologica d’appropriarsi anche di tecniche cinesi, non deve sorprendere in un’artista che opera da oltre 10 anni confrontadosi con un arte consapevole del ruolo che svolge nella cultura e nella società. I suoi pittogrammi anche se esteticamente pregevoli non sono  rivolti semplicemente ad un’operazione decorativa. L’intervento artistico della Porpora, il suo far proprio un linguaggio lontano geograficamente ma non spiritualmente, rende chiaro il senso di un operare artistico che prova di stabilire dei punti di contatto, che cerca nell’attrito delle derive linguistiche di provocare quello stupore che ogni genuina conoscenza dovrebbe produrre. Anche nelle opere su perspex la ricerca di trasparenza assume il dato linguistico dell’attraversamento e quindi della liberazione della luce e del colore traslucido. Il concetto di “passare oltre” resta lo stesso come nell’immagine della “porta”. Il linguaggio è uno strumento per avvicinarsi alla realtà, come la densità dei cromatismi è uno strumento per avvicinarsi alla luce. Anche in questo caso, nessuna impressione superficiale è quella giusta per avvicinarsi alla pittura dell’artista.

Artmajeur

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