Ezechiele Leandro (1905-1981)
All artworks by Ezechiele Leandro (1905-1981)
Il gusto della creazione • 22 artworks
View allUNICO PERIODO DELL'UOMO PRIMA DEL DILUVIO UNIVERSALE • 10 artworks
View allCasa Museo Leandro • 20 artworks
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Nel 1955 inizia a costruire quella che poi sarà la sua casa - museo, prevedendo un grande locale ad[...]
Nel 1955 inizia a costruire quella che poi sarà la sua casa - museo, prevedendo un grande locale ad L, che sucessivamente riempie di quadri sino al soffitto e di sculture ideate con materieli sapientemente assemblati.
Dal 1960 si dedica completamente all"arte, popolando il contiguo giardirno di gruppi statuari di carattere allegorico.
Nel 1960 apre il "Santuario della Pazienza", in casa sua, in uno spazio da lui voluto ed edificato, dove è possibile visitare, ancora oggi, per volontà degli eredi, l"ampia sala delle pitture e lo spazio all"aperto con le sculture. Nella disposizione circolare, col pozzo al centro, gli oggetti/soggetti, che sono intorno, "come naturali, mutano. L"occhio non li sigilla in merce né in funzioni ma li guarda come relazione possibile"(Angela Serafino), in una proposta di traspormazione. Nell"ottobre del 1975 inaugura ufficialmente il "Santuario della Pazienza" realizzando quindi il progetto del museo privalo.
Dal 1977 comincia a pubblicare una piccola parte di quanto ha scritto, e cura soprattutto "la propacanda" e l"immagine della sua opera. Il termine è riportato nei suoi scritti, raccolti tra il 1977 ed il 1979, in tre volumi, pubblicati in lingua parlata, a cui, per volere dell"autore, non sono state apportate correzioni.
Nel Santuario della pazienza la figura ricorrente è Maria. In quella sembianza che non ci sorprende, sapendo, riconoscendo nella forma e nel tempo del Santuario la dinamica dell’Esortazione. Questo, esortare, è uno dei passaggi dell’opera per giungere alla trasformazione. Maria è presente in tutte le varianti: acqua, la cavità del pozzo e della grotta, l’altare rientrante e concavo, il manto, il colore.
Nel santuario a lei dedicato, in compagnia di quelle citazioni che appartengono alla storia dell’umanità ( l’Apocalisse, il viaggio oltretomba, la passione del dio fatto uomo, …) la materia che racconta con dovizia di particolari, non è l’oro, non è il marmo ma la spazzatura. Questo passaggio di consegne delle materie permette di riportare nel qui e ora la storia. Questa operazione è il segno dell’attuazione delle fonti, Natura e Religiosità, in vista della TRASPORMAZIONE.
Leandro in tal modo rende visibile agli occhi dello sciocco la possibilità – reale- della trasformazione, usando il suo stesso mezzo, trasformandone la valenza. In compagnia di Maria, di Natura, cioè di tutto il ciclo della vita, egli non teme lo scarto, la deperibilità. In virtù di quella interna e propria visione circolare, globale, la distanza tra gli oggetti è priva di fuga. Gli oggetti sono intorno, nella commistione delle coordinate spaziali, appartengono ala stessa marca della Natura poiché “come naturali” mutano. L’occhio non “li sigilla” in merce, né in funzioni ma in relazione possibile.
Ancora, attraverso l’uso della spazzatura si ritrova si ritrova nell’opera di Leandro la corrispondenza con lo scenario dell’arte.
Angela Serafino
Dal 1960 si dedica completamente all"arte, popolando il contiguo giardirno di gruppi statuari di carattere allegorico.
Nel 1960 apre il "Santuario della Pazienza", in casa sua, in uno spazio da lui voluto ed edificato, dove è possibile visitare, ancora oggi, per volontà degli eredi, l"ampia sala delle pitture e lo spazio all"aperto con le sculture. Nella disposizione circolare, col pozzo al centro, gli oggetti/soggetti, che sono intorno, "come naturali, mutano. L"occhio non li sigilla in merce né in funzioni ma li guarda come relazione possibile"(Angela Serafino), in una proposta di traspormazione. Nell"ottobre del 1975 inaugura ufficialmente il "Santuario della Pazienza" realizzando quindi il progetto del museo privalo.
Dal 1977 comincia a pubblicare una piccola parte di quanto ha scritto, e cura soprattutto "la propacanda" e l"immagine della sua opera. Il termine è riportato nei suoi scritti, raccolti tra il 1977 ed il 1979, in tre volumi, pubblicati in lingua parlata, a cui, per volere dell"autore, non sono state apportate correzioni.
Nel Santuario della pazienza la figura ricorrente è Maria. In quella sembianza che non ci sorprende, sapendo, riconoscendo nella forma e nel tempo del Santuario la dinamica dell’Esortazione. Questo, esortare, è uno dei passaggi dell’opera per giungere alla trasformazione. Maria è presente in tutte le varianti: acqua, la cavità del pozzo e della grotta, l’altare rientrante e concavo, il manto, il colore.
Nel santuario a lei dedicato, in compagnia di quelle citazioni che appartengono alla storia dell’umanità ( l’Apocalisse, il viaggio oltretomba, la passione del dio fatto uomo, …) la materia che racconta con dovizia di particolari, non è l’oro, non è il marmo ma la spazzatura. Questo passaggio di consegne delle materie permette di riportare nel qui e ora la storia. Questa operazione è il segno dell’attuazione delle fonti, Natura e Religiosità, in vista della TRASPORMAZIONE.
Leandro in tal modo rende visibile agli occhi dello sciocco la possibilità – reale- della trasformazione, usando il suo stesso mezzo, trasformandone la valenza. In compagnia di Maria, di Natura, cioè di tutto il ciclo della vita, egli non teme lo scarto, la deperibilità. In virtù di quella interna e propria visione circolare, globale, la distanza tra gli oggetti è priva di fuga. Gli oggetti sono intorno, nella commistione delle coordinate spaziali, appartengono ala stessa marca della Natura poiché “come naturali” mutano. L’occhio non “li sigilla” in merce, né in funzioni ma in relazione possibile.
Ancora, attraverso l’uso della spazzatura si ritrova si ritrova nell’opera di Leandro la corrispondenza con lo scenario dell’arte.
Angela Serafino
DISEGNI E OLII • 22 artworks
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Disegni
Nei disegni di Leandro, che hanno piena conoscenza della trasmutabilità degli elementi figurali,[...]
Disegni
Nei disegni di Leandro, che hanno piena conoscenza della trasmutabilità degli elementi figurali, quali i punti e le linee, così come dell’incedere del pennello e dell’esperienza del colore, si ha il piacere di incontrare il moto dell’universo.
Promettendo quell’incontro tra grande e piccolo in un semplice foglio di carta.
Gli elementi figurali si moltiplicano, si sdoppiano come per accrescersi non sul foglio ma nel tempo che dal foglio si muove. Questi elementi stringono un sodalizio col tempo, traslando la determinazione dell’hic et nunc. Leandro scrive”tutto ciò che l’umanità butta io raccolgo”. Egli raccoglie, anche nei disegni, tutto ciò che per l’umanità è soltanto istante, consumo, funzione, mentre per lui la durazione.
Prende con sé ciò che Valery chiama “oggetti condannati”.
La condanna è quella di essere fuori dal tempo, nell’uso loro conferito. Hanno, per così dire, vita breve, e sono oggetti che parlano un solo linguaggio. C’è, quindi, bisogno di una metamorfosi perché sia aperta loro la gioia della dimensione. Leandro parlando del suo lavoro, del processo delle sue opere, semplicemente dice:”Vado con la bicicletta e trovo le cose, le bacio e diventano opere d’arte”.
Su quest’azione del baciare quanta della nostra conoscenza si fonda! Il bacio delle favole che trasforma, il bacio che riporta in vita, dopo la lunga morte…Il portare alla bocca, che è luogo primario della conoscenza, “l’arte tocca tutto, caccia fuori il suo respiro” precisa Leandro. E molti sono i riferimenti ulteriori all’uso del corpo come sede complessa e universalmente come luogo magico, ma basterebbe pensarlo come luogo di relazione con l’universo.
Leandro, attraverso il bacio, non blocca, tiene fuori l’incontro col mondo buttato, poiché non è solo un cercatore di spazzatura, ma ri-inventa, ri-ordina, ri-equilibra quella materia deperibile e immonda in materia universale.
Scrive: “ Per l’arte bisogna inzuppare la mente nell’olio più puro”. L’inzuppare e la purezza sono ossimoriche relazioni. Dalla unione di ciò, nella durazione, egli adempie a quella funzione sovrastorica dell’arte,che sappiamo essere, appunto, incontrare il ritmo dell’universo. Poiché Leandro affronta e attraversa uno spazio nel quale il suo ritmo perde la sua autoreferenzialità, noi percepiamo il moto dell’universo nei suoi disegni.
Il primo elemento che colpisce è la natura formale del perimetro dei cerchi, non omogenea quasi a significare che da quel contatto – vischioso- la linea di demarcazione non può restare indifferente, si combina nel movimento della rotazione facendo interagire o modificando i margini. Perché il movimento sia visualizzato, nel moto compiuto, tutti i margini devono essere investiti, venire in contatto con la stessa pulsione.
È interessante notare ancora che se le linee fossero state – lineari- la percezione della rotazione, della relazione, della vischiosità sarebbe stata meno efficace. Il movimento è costruito crescendo, adoperando la ripetizione. Il nucleo formale si dirama compatto dal centro e si sviluppa all’esterno. L’esterno però non è così nettamente distinguibile proprio per natura della forma che compie il suo moto. Questo lascia intendere che lo spazio, pur nel disegno, non è piano, non è risolto in superficie, ma, in profondità, nel di dentro, mantenendo inalterati i termini della interazione delle semplici linee.
Ciò vuol dire in termini formali, figurarsi un evento del quale si è in grado di dedurne le leggi rendendole visibili già sul foglio di carta.
I disegni di Leandro conoscono il gioco del segno. Si noti come lo stesso nucleo formale è visibile nella pittura e come la composizione si enuclei dal centro, rimandando quindi al suo moto primario.
Olii
Nell’opera pittorica il rapporto spaziale, come nei disegni, è risolto nel fondo, non solo attraverso il colore, le coloriture, ma anche dall’apporto di materiali non piani, non omogenei come la carta da parati, sughero, etc.. inoltre là dove il rapporto con il fondo appare – bidimensionale- il fondo è molto intenso e le figure appaiono stagliate per contrasto di colore e a volte dall’uso di un’ulteriore apposizione cromatica che ne marca i contorni creando, così, la profondità. La profondità sta qui non in vece della prospettiva ma dell’aderenza al movimento al moto compositivo. Non sono quasi mai gli ordini spaziali risolti in forma lineare non separando, non dividendo in orizzontale il piano di fondo. Le figure antropomorfe sono spesso date di profilo e ripetute come partecipanti di un evento che si enuclea dal centro e si moltiplica….
Angela Serafino
Nei disegni di Leandro, che hanno piena conoscenza della trasmutabilità degli elementi figurali, quali i punti e le linee, così come dell’incedere del pennello e dell’esperienza del colore, si ha il piacere di incontrare il moto dell’universo.
Promettendo quell’incontro tra grande e piccolo in un semplice foglio di carta.
Gli elementi figurali si moltiplicano, si sdoppiano come per accrescersi non sul foglio ma nel tempo che dal foglio si muove. Questi elementi stringono un sodalizio col tempo, traslando la determinazione dell’hic et nunc. Leandro scrive”tutto ciò che l’umanità butta io raccolgo”. Egli raccoglie, anche nei disegni, tutto ciò che per l’umanità è soltanto istante, consumo, funzione, mentre per lui la durazione.
Prende con sé ciò che Valery chiama “oggetti condannati”.
La condanna è quella di essere fuori dal tempo, nell’uso loro conferito. Hanno, per così dire, vita breve, e sono oggetti che parlano un solo linguaggio. C’è, quindi, bisogno di una metamorfosi perché sia aperta loro la gioia della dimensione. Leandro parlando del suo lavoro, del processo delle sue opere, semplicemente dice:”Vado con la bicicletta e trovo le cose, le bacio e diventano opere d’arte”.
Su quest’azione del baciare quanta della nostra conoscenza si fonda! Il bacio delle favole che trasforma, il bacio che riporta in vita, dopo la lunga morte…Il portare alla bocca, che è luogo primario della conoscenza, “l’arte tocca tutto, caccia fuori il suo respiro” precisa Leandro. E molti sono i riferimenti ulteriori all’uso del corpo come sede complessa e universalmente come luogo magico, ma basterebbe pensarlo come luogo di relazione con l’universo.
Leandro, attraverso il bacio, non blocca, tiene fuori l’incontro col mondo buttato, poiché non è solo un cercatore di spazzatura, ma ri-inventa, ri-ordina, ri-equilibra quella materia deperibile e immonda in materia universale.
Scrive: “ Per l’arte bisogna inzuppare la mente nell’olio più puro”. L’inzuppare e la purezza sono ossimoriche relazioni. Dalla unione di ciò, nella durazione, egli adempie a quella funzione sovrastorica dell’arte,che sappiamo essere, appunto, incontrare il ritmo dell’universo. Poiché Leandro affronta e attraversa uno spazio nel quale il suo ritmo perde la sua autoreferenzialità, noi percepiamo il moto dell’universo nei suoi disegni.
Il primo elemento che colpisce è la natura formale del perimetro dei cerchi, non omogenea quasi a significare che da quel contatto – vischioso- la linea di demarcazione non può restare indifferente, si combina nel movimento della rotazione facendo interagire o modificando i margini. Perché il movimento sia visualizzato, nel moto compiuto, tutti i margini devono essere investiti, venire in contatto con la stessa pulsione.
È interessante notare ancora che se le linee fossero state – lineari- la percezione della rotazione, della relazione, della vischiosità sarebbe stata meno efficace. Il movimento è costruito crescendo, adoperando la ripetizione. Il nucleo formale si dirama compatto dal centro e si sviluppa all’esterno. L’esterno però non è così nettamente distinguibile proprio per natura della forma che compie il suo moto. Questo lascia intendere che lo spazio, pur nel disegno, non è piano, non è risolto in superficie, ma, in profondità, nel di dentro, mantenendo inalterati i termini della interazione delle semplici linee.
Ciò vuol dire in termini formali, figurarsi un evento del quale si è in grado di dedurne le leggi rendendole visibili già sul foglio di carta.
I disegni di Leandro conoscono il gioco del segno. Si noti come lo stesso nucleo formale è visibile nella pittura e come la composizione si enuclei dal centro, rimandando quindi al suo moto primario.
Olii
Nell’opera pittorica il rapporto spaziale, come nei disegni, è risolto nel fondo, non solo attraverso il colore, le coloriture, ma anche dall’apporto di materiali non piani, non omogenei come la carta da parati, sughero, etc.. inoltre là dove il rapporto con il fondo appare – bidimensionale- il fondo è molto intenso e le figure appaiono stagliate per contrasto di colore e a volte dall’uso di un’ulteriore apposizione cromatica che ne marca i contorni creando, così, la profondità. La profondità sta qui non in vece della prospettiva ma dell’aderenza al movimento al moto compositivo. Non sono quasi mai gli ordini spaziali risolti in forma lineare non separando, non dividendo in orizzontale il piano di fondo. Le figure antropomorfe sono spesso date di profilo e ripetute come partecipanti di un evento che si enuclea dal centro e si moltiplica….
Angela Serafino
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