Aggiunto il 22 ago 2008
Mia Dea, mio fuoco.
Hai aperto le braccia ed io sono sprofondato nel baratro dei tuoi occhi.
Il mio corpo ha tremato e si è fatto pietra.
Ho contenuto il cuore in anelli d’acciaio per paura che esplodesse, per non sentire più il suo battito impetuoso: lo scalpitare di cento cavalli è racchiuso nel mio petto.
Ritorno a te sconfitto.
Mi rannicchio sul tuo grembo. Ti scavo, riposo nel tuo utero caldo ed accogliente.
Mi cedo a te che mi plasmi come creta pulsante.
Il tuo seno mi disseta.
Ti respiro, ti assorbo. Sento la tua forza attaccare le mie viscere.
Il mondo è un’emanazione di te, è parte di te e di te ha l’essenza.
Sei la notte. La morte e la devastazione ti sono compagne di gioco e seguono le tue regole per forgiare nuova vita.
Il suolo si frantuma al tuo passaggio e nuovi germogli crescono tra le crepe.
Le acque chete trasformi in tempesta.
Mia sposa, mia madre.
Ti percepisco in ogni alito di vento, in ogni petalo, in ogni lingua di fuoco. Rivedo il tuo furore e la tua dolcezza nello sguardo di ogni donna.
La malizia non ti appartiene.
La tua voce mi culla e mi scuote ed io rimango attonito, sopraffatto, stordito dal tuo profumo.
La Dea madre, la Grande Madre.
Da millenni questa divinità femminile primordiale rappresenta il legame dell’essere umano con la terra e con tutte le forze che muovono l’Universo. Il suo culto risale al Neolitico o forse addirittura al Paleolitico. Una presenza “istintiva” che, in vesti differenti (Cibele, Gea, Iside, Ninhursag e via dicendo fino ad arrivare alla Vergine Maria), ha sempre guidato l’umanità.
Questa mostra nasce dall’esigenza di capire in che modo e dove oggi si manifestino i segnali della sua presenza.
Non quindi il Mito relegato a mito ma presenza attiva e dominante nella vita di tutti i giorni.
Chi e dove è quindi oggi la Dea e come si manifesta?
A questo hanno cercato di dare una risposta gli artisti Kindia, il duo artistico Rosario Trapani - Giovanna Calabretta e Rossella Buscemi. Ognuno di loro ha indagato aspetti differenti della Dea. Ne sono scaturite riflessioni interessanti legate, ovviamente, al proprio sentire artistico e personale. Affrontare un simile tema li ha portati ad intraprendere un viaggio dentro se stessi al termine del quale il loro “occhio” sul mondo è risultato mutato. Un’esperienza sensoriale e mentale che ha reso possibile dare forma contemporanea ad un mito arcaico.
Ma in che senso e quali aspetti sono stati trattati?
Primo aspetto: Dea, colei che ha in sé la fierezza femminile e la consapevolezza del proprio potere.
Kindia
Le donne di Kindia sono fiere e potenti anche nella loro apparente fragilità.
Esse recano addosso i segni della propria essenza, del loro appartenere ad una cultura millenaria che trae forza e vigore dalla terra. Fiori, semi, segni appaiono su corpi eburnei ricollegandoli a forze primigenie.
Come nella ritrattistica sviluppatasi in epoca manierista, nelle opere di Kindia l’animo umano e la valenza socioculturale dei soggetti rappresentati sono indagati con molta attenzione. Kindia però va oltre. Esalta i lati nascosti dei suoi personaggi; riplasma le sue “Sibille” arrivando a crearne gli Alter Ego. Nei loro sguardi, fermi e decisi, c’è la piena consapevolezza di un potere ancestrale. Le sue donne sono lo specchio dei tempi, le sue modelle sono archetipi femminili, dee contemporanee detentrici inconsapevoli di segreti millenari che traspaiono dalla loro pelle, sacerdotesse dell’eros.
Secondo aspetto: Madre, colei che tutto crea e tutto distrugge.
Rosario Trapani – Giovanna Calabretta
Il lavoro di Trapani-Calabretta si è concentrato sull’aspetto materno-materico della Dea Madre.
Essi l’hanno sezionato in tre diversi aspetti primari e in successivi pezzi ancora più minuti. Ne hanno indagato il significato, l’essenza.
La Dea Madre è divenuta la Dea Triplice. Le tre età della donna si sono trasformate in tre Ere: quella della pietra, quella del vetro e quella della plastica.
La Dea, quindi, come madre assoluta presente nella materia stessa con cui è fatto il mondo; una materia che, a volte, noi stessi creiamo dando vita a nuove civiltà.
Nuovi simboli, nuovi linguaggi si accavallano, si trasformano col susseguirsi delle generazioni.
Il Mito è uscito dal suo guscio di pietra, è divenuto fragile come il vetro e indistruttibile e “tossico” come la plastica. La Dea è “ora e adesso”, presente in ogni luogo e in ogni creatura.
Il corpo ascolta i battiti pulsanti di un eros in trasformazione; genera vita, la nutre, ne sente i respiri.
Terzo aspetto: Donna, colei che nutre il mondo.
Rossella Buscemi.
I dipinti di Rossella Buscemi sono privi di tormento. Tutto è calmo in un gioioso e pacifico stato bucolico contemporaneo. La Terra è la Dea buona pronta a ritemprare gli animi. La donna è la madre amorevole. Un soffio di malinconia, ogni tanto, muove i colori, ammorbidisce la carne e la rende quasi fluida, parte di un mondo avulso dal tempo: una bolla di silenzio sopravvissuta alle intemperie della vita.
Il quadro è una finestra aperta su un pomeriggio estivo in cui l’acqua cheta, con il suo principio vitale, si fa testimone discreta e creatrice benevola della nostra esistenza.
La donna è la sacerdotessa, la fata dei boschi che, con la sua levità, sparge amore sul mondo.
Tre aspetti, quindi, tre interpretazioni, in un omaggio al principio vitale che tutto comanda.
Isola delle femmine, 7 luglio 2011 Vinny Scorsone