Tutte le opere di Morea Nicola
CORNICI INVASE • 3 opere
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OPERE ESEGUITE NEL 2012 CON CORNICI INVASE
CORNICI INVASE • 9 opere
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OPERE DEL 2012, TUTTE CON CORNICI INVASE
AMERICAN GRAFFITI • 10 opere
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UNA MOSTRA TRA SCIENZA E FANTASCIENZA
OPERE 2012 • 8 opere
Guarda tuttoOPERE 2011-2012 • 9 opere
Guarda tuttoOpere 2011 - 2012 • 8 opere
Guarda tutto54^ BIENNALE DI VENEZIA • 10 opere
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OPERA AMMESSA A PARTECIPARE ALLA 54 ^ BIENNALE DI VENEZIA TENUTASI A TORINO DAL 17 DICEMBRE 2911 AL[...]
OPERA AMMESSA A PARTECIPARE ALLA 54 ^ BIENNALE DI VENEZIA TENUTASI A TORINO DAL 17 DICEMBRE 2911 AL 30 GENNAIO 2012 PRESSO IL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI - SALA NERVI - L'ARTE NON E' COSA NOSTRA - A CURA DI VITTORIO SGARBI
ENIGMI • 9 opere
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ENIGMI
Numerosi sono gli interrogativi che l’uomo si pone nel corso della sua esistenza, la maggior[...]
ENIGMI
Numerosi sono gli interrogativi che l’uomo si pone nel corso della sua esistenza, la maggior parte dei quali rimane senza risposta, divenendo dei veri e propri enigmi, ostacoli invalicabili per il raggiungimento di una piena conoscenza.
Essi costruiscono il filo conduttore in questa mostra di Nicola Morea, che apparentemente sembrerebbe rifarsi all’esperienza dell’Espressionismo Astratto di Jackson Pollock. Il condizionale è d’obbligo, poiché in realtà la ricerca dell’artista procede su un doppio binario: quello dell’inconscio e quello della ricerca autodeterminata. I segni che caratterizzano le tele di Morea, configurano un’immagine a prima vista caotica ed irrazionale, frutto della gestualità tipica dell’Action Painting. Gli elementi segnici, però, più che rifarsi ad un incontrollabile impulso dell’IO più profondo, si estrinsecano e nascono da un determinato progetto, scaturito dalla volontà di esprimere il fascino che alcune problematiche irrisolte esercitano sull’animo dell’artista.
Le opere sono caratterizzate da una “ sequenzialità cromatica ” evidente nelle tele dedicate alla tematica del BIG BANG: l’esplosione che avrebbe dato origine all’universo. Sulla tela monocroma , di un bleu verde intenso da rasentare il nero, si materializza un punto, particella elementare della grammatica visiva, che con il susseguirsi delle tele si trasforma in linee policrome, che sembrano muoversi secondo un effetto doppler: la frequenza delle onde di colore dà l’impressione di diminuire con l’aumentare della distanza dalla loro sorgente. Isolate sulla superficie, esse sembrano scaturire dal linguaggio scientifico e, più precisamente, dall’analisi matematica che applica nozioni infinitesimali alle funzioni complesse.
Nicola Morea ci suggerisce, anche attraverso i titoli, il rimando ad uno spazio quadrimensionale nel quale alle tre dimensioni viene collegato il fattore tempo come coordinata aggiuntiva. E come se all’osservatore, attraverso gli occhi dell’artista, fosse data la facoltà di ‘ uscire ’ dalla realtà circostante per osservare lo spazio dell’universo che si arricchisce anche di simboli arcani e misteriosi.
Si materializzano così elementi iconografici legati al patrimonio di antiche civiltà:
- l’astronauta, l’orca, la scimmia ed il ragno di Nazca (inseriti dall’artista in un turbine di colori ), facenti parte di oltre ottocento disegni/sculture presenti sull’altopiano arido di quel deserto, nel Perù meridionale, visibili soltanto dall’alto.
Geoglifi che, secondo alcuni studiosi, avrebbero un significato astrale, per altri sarebbero da collegare al culto del popolo Nazca per l’acqua.
- Il lingam di Mohenjo Daro, città della civiltà dell’Indo, in Pakistan, simbolo dell’Assoluto trascendente, senza principio né fine, considerato una forma simbolica di Shiva.
- Il monumento megalitico di Stonehenge, in Inghilterra, forse osservatorio astronomico nell’età neolitica.
- I Moai, imponenti sculture dell’Isola di Pasqua ( Rapa Nui ), che riproducono ossessivamente lo stesso modello, forse un antenato o forse una divinità venuta da lontano, rivolti con le spalle verso il mare e lo sguardo all’interno dell’isola.
- Le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, nella piana di Giza, disposte secondo l’allineamento della Cintura di Orione all’epoca della loro costruzione.
Questi sono soltanto alcuni dei quesiti, ancora oggi, non compiutamente risolti presentati dall’artista su trenta tele, utilizzando smalti ad acqua, glitter, porporine, mezzi con i quali Nicola Morea crea delle textures vibranti e tattili, ed in alcune di esse l’elemento materico viene enfatizzato anche grazie all’utilizzo di piccole tessere musive.
La ricerca pittorica di Morea non si esaurisce solo nell’ambito dell’Espressionismo Astratto ma sconfina anche verso taluni aspetti della POP ART e del NEW DADA.
Egli ci propone infatti, come aveva già fatto con la bandiera americana nel 1945 il pittore Jasper Johns, una bandiera italiana, dove ai colori tradizionali Morea aggiunge il collage di lettere di legno che formano la parola ENIGMI, simbolo della ‘Patria degli Enigmi’. Opera paradigmatica dalla forte valenza ironica. Non essendo più solo un feticcio inerte e stereotipato, essa diventa mezzo di riflessione intellettuale su noi, sulla nostra storia gravida di enigmi irrisolti.
In questa sua ‘personale’, Nicola Morea sempre alla ricerca di nuovi stimoli, ci propone quindi un percorso cognitivo che, partendo dai contenuti non ancora compiutamente risolti del nostro mondo, vuole accompagnare coloro che guarderanno le sue ‘creature’, se non alla consapevolezza critica, almeno al raggiungimento, come scrive Arthur Schnitzler di ‘ un territorio intermedio tra conscio ed inconscio ’.
Valeria Nardulli
Numerosi sono gli interrogativi che l’uomo si pone nel corso della sua esistenza, la maggior parte dei quali rimane senza risposta, divenendo dei veri e propri enigmi, ostacoli invalicabili per il raggiungimento di una piena conoscenza.
Essi costruiscono il filo conduttore in questa mostra di Nicola Morea, che apparentemente sembrerebbe rifarsi all’esperienza dell’Espressionismo Astratto di Jackson Pollock. Il condizionale è d’obbligo, poiché in realtà la ricerca dell’artista procede su un doppio binario: quello dell’inconscio e quello della ricerca autodeterminata. I segni che caratterizzano le tele di Morea, configurano un’immagine a prima vista caotica ed irrazionale, frutto della gestualità tipica dell’Action Painting. Gli elementi segnici, però, più che rifarsi ad un incontrollabile impulso dell’IO più profondo, si estrinsecano e nascono da un determinato progetto, scaturito dalla volontà di esprimere il fascino che alcune problematiche irrisolte esercitano sull’animo dell’artista.
Le opere sono caratterizzate da una “ sequenzialità cromatica ” evidente nelle tele dedicate alla tematica del BIG BANG: l’esplosione che avrebbe dato origine all’universo. Sulla tela monocroma , di un bleu verde intenso da rasentare il nero, si materializza un punto, particella elementare della grammatica visiva, che con il susseguirsi delle tele si trasforma in linee policrome, che sembrano muoversi secondo un effetto doppler: la frequenza delle onde di colore dà l’impressione di diminuire con l’aumentare della distanza dalla loro sorgente. Isolate sulla superficie, esse sembrano scaturire dal linguaggio scientifico e, più precisamente, dall’analisi matematica che applica nozioni infinitesimali alle funzioni complesse.
Nicola Morea ci suggerisce, anche attraverso i titoli, il rimando ad uno spazio quadrimensionale nel quale alle tre dimensioni viene collegato il fattore tempo come coordinata aggiuntiva. E come se all’osservatore, attraverso gli occhi dell’artista, fosse data la facoltà di ‘ uscire ’ dalla realtà circostante per osservare lo spazio dell’universo che si arricchisce anche di simboli arcani e misteriosi.
Si materializzano così elementi iconografici legati al patrimonio di antiche civiltà:
- l’astronauta, l’orca, la scimmia ed il ragno di Nazca (inseriti dall’artista in un turbine di colori ), facenti parte di oltre ottocento disegni/sculture presenti sull’altopiano arido di quel deserto, nel Perù meridionale, visibili soltanto dall’alto.
Geoglifi che, secondo alcuni studiosi, avrebbero un significato astrale, per altri sarebbero da collegare al culto del popolo Nazca per l’acqua.
- Il lingam di Mohenjo Daro, città della civiltà dell’Indo, in Pakistan, simbolo dell’Assoluto trascendente, senza principio né fine, considerato una forma simbolica di Shiva.
- Il monumento megalitico di Stonehenge, in Inghilterra, forse osservatorio astronomico nell’età neolitica.
- I Moai, imponenti sculture dell’Isola di Pasqua ( Rapa Nui ), che riproducono ossessivamente lo stesso modello, forse un antenato o forse una divinità venuta da lontano, rivolti con le spalle verso il mare e lo sguardo all’interno dell’isola.
- Le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, nella piana di Giza, disposte secondo l’allineamento della Cintura di Orione all’epoca della loro costruzione.
Questi sono soltanto alcuni dei quesiti, ancora oggi, non compiutamente risolti presentati dall’artista su trenta tele, utilizzando smalti ad acqua, glitter, porporine, mezzi con i quali Nicola Morea crea delle textures vibranti e tattili, ed in alcune di esse l’elemento materico viene enfatizzato anche grazie all’utilizzo di piccole tessere musive.
La ricerca pittorica di Morea non si esaurisce solo nell’ambito dell’Espressionismo Astratto ma sconfina anche verso taluni aspetti della POP ART e del NEW DADA.
Egli ci propone infatti, come aveva già fatto con la bandiera americana nel 1945 il pittore Jasper Johns, una bandiera italiana, dove ai colori tradizionali Morea aggiunge il collage di lettere di legno che formano la parola ENIGMI, simbolo della ‘Patria degli Enigmi’. Opera paradigmatica dalla forte valenza ironica. Non essendo più solo un feticcio inerte e stereotipato, essa diventa mezzo di riflessione intellettuale su noi, sulla nostra storia gravida di enigmi irrisolti.
In questa sua ‘personale’, Nicola Morea sempre alla ricerca di nuovi stimoli, ci propone quindi un percorso cognitivo che, partendo dai contenuti non ancora compiutamente risolti del nostro mondo, vuole accompagnare coloro che guarderanno le sue ‘creature’, se non alla consapevolezza critica, almeno al raggiungimento, come scrive Arthur Schnitzler di ‘ un territorio intermedio tra conscio ed inconscio ’.
Valeria Nardulli
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