Marcello Aprea
Critica di presentazione alla esposizione personale "Dalla ricerca allo sviluppo", Cascina , 2004. (Dino Carlesi)
Le emozioni giungono fino a noi
La realtà del mondo ha un suo fascino, ma fascino maggiore nasce dall’inventarla, dal rapirla nelle sue geometrie interne, nell’unire segno e colore facendo leva volta a volta sull’inconscio e sulla razionalià. In Aprea si realizza uno strano connubio tra realtà e irrealtà penetrando il suo atto creativo nel tessuto naturale per coglierne le interiori verità. In lui diventa logico perfino il gesto vagante nell’aria in attesa che poi cali sul foglio e renda iconica la realtà. Pittore eclettico e sconcertante, in un primo momento amante dell’opacità e della secchezza della tempera, poi fedele ai mutamenti materici misti obbedienti ai nuovi pensieri interni e infine pittore ad olio quasi per ufficializzare un’attività professionale. Le categorie fanno ressa alla mente di Aprea: la geometria suggerisce angoli e rette per cogliere il brivido delle due dimensioni (la “terza” smarrita come cielo e matafisica inutili). L’ironia accompagna ogni forma per quel disincanto ormai acquisito dopo il “dio è morto” di Nietzsche e il desiderio di non precipitare nella tragedia mentale e, infine, l’astrazione come sottofondo concettuale del reale da leggersi come forma inedita e personalissima. La gestualità comporta l’abbandono all’io più segreto; è l’emozione che porta in sé ciò a cui poi la cultura darà un nome: in questo senso Aprea è cubista e surreale, informale e realista, figurativo e astratto, concettuale e minimalista: il linguaggio muta in rapporto alle urgenze espressive, allo spazio e al tempo entro cui far nascere l’atto creativo. Il “vero” non esiste, perfino il pittore barocco tradisce la realtà e la verità è solo quel sogno che ciascuno si inventa dentro, magari nel ricordo di Mirò, di Klee, di Atanasio Soldati e di Osvaldo Licini, che scoprì i fantasmi per farne dei simboli di grande attualità esistenziale. Il colore nasce col segno, lo riempie e lo esalta, mossi entrambi da logica e immaginazione che si fondono sui sentieri rigorosi dell’essenzialità. Le tensioni si dirigono verso rotondità abnormi o rigidità minacciose, sempre disposte a favorire un problema di conoscenza e di gusto a livello di possibile comprensione, magari ricorrendo ad un mondo di memoria, di cose viste, di rimpianti rispettati.
Le lontane “Avanguardie storiche” riemergono dai capricciosi tracciati che chiudono oggetti e fantasie dentro spazi che vivono di una loro inedita sintassi, la donna ironica congiunge la piramide naso-seno; l’uomo-albero inventa la poesia dell’albero romantico; la sensualità gode del proprio moto circolare; speculari le code dell’elefante ironico creano allegria; gli occhi guardano il rovescio delle cose; il lampo scrive il suo alfabeto di fuoco azzurro; l’aragosta diventa un catamarano rosso; il fungo nasce sulle rive del mare; l’uccello va in cerca della sua pace; le due maschere aiutano a tradire se stessi; il rubinetto versa la fanfara dei suoi colori; le goccioline diventano triangolari; le ombre creano per gioco il proprio fantasma; l’albero ricorda a Mondrian che esiste anche il verde; il cespuglio si decide a prendere il volo; l’uomo sdraiato smarrisce nei tre triangoli la propria identità; il serpente suona i suoi sonagli; i neuroni cercano disperatamente un’altra forma; il battello e triglia giocano a nascondino; la malinconia si rifugia verso golfo Aranci; le note del pentagramma si alzano e si abbassano; i muri di Gabbro rifiutano sdegnosamente il verde delle colline; Castel Sonnino tenta di riapparire nel tramonto dei macchiaioli; Atanasio si riposa nel notturno post-cubista; il labirinto verticale rende omaggio alla geometria; il labirinto obliquo rende omaggio a Capogrossi; la periferia di campagna è eseguita per onorare l’infanzia; la poesia delle ciminiere illumina la Livorno industriale; le molecole si uniscono nella danza dei segni.
Tutte ipotesi interpretative e significati possibili. Aprea sa arricchire il mondo con la sua creatività: come direbbe A.M.Rilke egli aggiunge alla terra qualcosa che ieri non c’era. È l’unico modo per sacralizzare la vita degli uomini. Se le sue emozioni giungono fino a noi vuol dire che hanno diritto di esistere.
Dino Carlesi, Pontedera, settembre 2004.