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Jason

Roma, Italia
Artista (Pittura, Scultura)
Nato a 1950

Giacomo Sonaglia è nato a Roma il 19 giugno del 1950. E’ difficile definire il momento della sua vita che segna il suo incontro con l’arte, ed interrogato risponde: “lo faccio da quando ho memoria”. Dopo l’istruzione dell’obbligo, spinto da difficoltà economiche tipiche del periodo, inizia giovanissimo a lavorare presso la bottega artistica del pittore e pubblicitario Fernando Ribaudo. Qui, cominciando dalle mansioni più umili, affronta una rigida gavetta. Col tempo collaborerà alla realizzazione di bozzetti per il cinema, arrivando a perfezionare disparate tecniche artistiche, anche grazie ad un percorso formativo di studi conseguito nello stesso periodo.

Quattordici anni di lavoro di bottega coincidono con il primo periodo artistico di Sonaglia, ispirato dal Surrealismo di Dalì e dalla Metafisica di De Chirico. Lavorerà successivamente presso una ditta di cartellonistica pubblicitaria artigianale, senza mai dimenticare la sua vera passione. Possiamo dire che la vita di questo pittore sia stata accompagnata da un sogno: quello di poter vivere solo d’arte.

E’ proprio questo desiderio che lo motiverà ad aprire, assieme alla moglie Anna Rita, la ditta “Arte e Pubblicità”, nel 1984. Quello della vita da pittore sembra un obiettivo assai ambizioso per la ditta, che per il suo primo decennio vive principalmente di grafica pubblicitaria e cartellonistica. Ma con gli anni la dedizione artistica di Sonaglia lo ripaga. Infatti agli albori del 2000 la ditta lavorerà prevalentemente di commissioni artistiche: dai ritratti agli affreschi, dalle copie d’autore alle opere proprie. In tale periodo il pittore sente il bisogno di novità, concretizzato successivamente in uno stile particolarmente espressivo e personale. Supporti materici, immagini forti, colori vividi, sono peculiarità evidenti nei dipinti più recenti di questo dedito artista.

Ad oggi lavora assiduamente, vendendo ed esponendo in ambito internazionale, e si può per certo dire che abbia coronato il sogno di una vita, di una vita per l’arte.

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15 opere da Jason (Selezione)

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Ritratti • 15 opere

Il Ritratto ( cenni artistici e storici sulla ritrattistica ) ______________________________________________________________________________________________________Il[...]
Il Ritratto ( cenni artistici e storici sulla ritrattistica )
______________________________________________________________________________________________________Il ritratto, ovvero, il desiderio, l’ambizione o la necessità di tramandare ai posteri la propria immagine come testimonianza del proprio passaggio, così come un disegnatore lascia uno schizzo su un foglio di carta. L’origine di un istinto sicuramente molto vicino a quello della procreazione, poiché sempre di “creazione” si tratta, sebbene artistica. I tempi moderni ci portano costantemente ed inconsciamente a contatto con il ritratto in ogni momento della giornata, basti solo pensare a come l’uomo usa quotidianamente i mezzi multimediali: giornali, manifesti, televisione e pubblicità di ogni genere. Ciò che ha sicuramente contribuito alla rivoluzione del ritratto passando da una commissione élitaria ad un’altra su larga scala rivolta successivamente al business ed ai numeri del mercato è stata certamente l’invenzione della fotografia verso la metà del 1800. Attraverso l’uso della fotocamera il senso ed il valore odierno del ritratto è stato ormai “banalizzato”, nonostante validi fotografi abbiano saputo trasformare questa disciplina in una vera e propria nuova arte a sé stante. Chiunque di noi si sarà imbattuto in qualche vecchia foto che ritrae un vecchio antenato o magari i leggendari personaggi della frontiera americana, immagini che trasmettono fascino e curiosità, ma per poter trovare le origini artistiche ed il pathos dei ritratti dei Grandi Maestri occorre tornare indietro di qualche secolo. Nel 1300, grazie alla scoperta dell’olio di lino come legante per i pigmenti colorati, nasceva la pittura ad olio, probabilmente non solo con la complicità dei fratelli Van Eyck. L’Italia era allora importante crocevia di cultura, mercati e finanza con i tanti feudatari e prìncipi che governavano la penisola. Era logico pensare che fossero proprio questi il volano per la nuova pittura che si stava affacciando in Europa. Crescendo il loro potere economico, si faceva allo stesso tempo sempre più grande anche il desiderio di lasciare la testimonianza della propria esistenza e non solo. Diveniva così blasone avere a corte maestranze di artisti il cui scopo era quello di creare artefatti di valore encomiastico e di decorare le residenze principesche dei nuovi mecenati. Il supporto usato in questo periodo è l’intonaco delle pareti per la pittura a fresco (affresco) e le tavole di legno per quella ad olio od a tempera. Compaiono così nelle pareti dei palazzi, incorniciati da pregevoli stucchi e con tendaggi preziosi od arazzi a far da quinta, meravigliosi dipinti in cui i prìncipi del tempo si rispecchiavano in atteggiamenti contemplativi al cospetto di santi e madonne. Gli stili pittorici dell’epoca risultano piuttosto standardizzati da
un’etichetta comune, un’iconografia legata ad una prospettiva bidimensionale, dovuta esclusivamente al fatto che i ritratti più prestigiosi eseguiti fino a quel tempo erano quelli del verso delle monete o delle medaglie e perciò rigorosamente di profilo. Le opere eseguite fino al 1470 circa (Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Pisanello, Cosmè Tura, Antonio Pollaiolo), ne sono un tipico esempio ed i loro ritratti ad olio rifiniti spesso con meravigliose velature di tempera all’uovo non erano che l’inizio di un percorso artistico che il ritratto stava per compiere. Il seme era appena stato gettato e da quel germoglio sarebbero nati i grandi capolavori che avrebbero reso grandi decine di artisti fino ai giorni nostri. Il 1400 rappresenta la chiave di svolta del ritratto. Le nuove scienze umanistiche e la filosofia che voleva l’uomo al centro dell’universo, rompono definitivamente col passato aprendo finalmente gli orizzonti di tutte le discipline artistiche. Nel ritratto le prime innovazioni vengono espresse da Antonello da Messina, il quale, studiando anche le nuove tendenze dell’arte fiamminga apre per primo in Italia una nuova prospettiva sul ritratto aggiungendo la “profondità”. Nasce così il ritratto di tre quarti con il coinvolgimento dello spettatore in un’atmosfera di partecipazione totale. I muri artistici sono abbattuti: ora, ritrattato e spettatore possono comunicare insieme le proprie emozioni. Non si dirà più guardare un quadro, quanto piuttosto vivere un quadro per il coinvolgimento sentimentale e totale che le nuove opere d’arte infondono. Un vero e proprio punto di non ritorno. D’ora in poi gli artisti migliori saranno anche quelli che meglio sapranno interpretare gli spazi nella tela come in un piccolo teatro. L’arte del ritratto non sarà perciò solo ricerca somatica ed encomiastica eseguita con raffinata tecnica stilistico-pittorica, ma anche una nuova finestra nella realtà delle emozioni in senso completo. I ritratti eseguiti dai Bellini (v. le Gallerie dell’Accademia a Venezia), ne sono un vivido esempio. Il 1500 si avvia così verso un nuovo modo di trattare la pittura. Il supporto artistico, fino a questo momento legato alla tavola, viene ora quasi interamente sostituito dalla tela, più economica, leggera e facilmente trasportabile. Alcuni artisti, sviluppando e maturando tecniche personali arriveranno addirittura a scegliere i nuovi tipi di supporto a seconda della loro trama e ordito, onde sfruttarli come mordente per la stesura del colore alla ricerca di particolari effetti pittorici. Nel Veneto: Giorgione, Tiziano, i Palma, Sebastiano del Piombo, Tintoretto, Veronese, … in centro Italia: Michelangelo, Raffaello, Pontormo, Rosso Fiorentino, Bronzino, … (solo per citarne alcuni), grazie alle numerose committenze dei nuovi prìncipi, papi e reali d’Europa, consegneranno alla storia dell’arte la più ricca e solare produzione di opere d’arte di tutti i secoli. I ritratti della prima parte di questo secolo sono caratterizzati da colori morbidi e passaggi tonali delicati spesso ambientati in sfondi luminosi e paesaggi arcadici e celesti. Alla ricerca di incarnati cromaticamente ricchissimi di mezzitoni e plasticissime sfumature dipinte dai veneti (di cui Tiziano è stato il maggior esponente), viene invece proposta dai pittori del centro Italia una ritrattistica sicuramente fatta più di disegno, dove il pennello spesso sembra seguire anche i tratti dei lineamenti ancor prima della scelta del colore. Mentre infatti toscani, umbri e marchigiani sostenevano che il disegno era in primis alla base di tutte le arti figurative (e che perciò, prima di dipingere, scolpire o progettare strutture era necessario creare un disegno preliminare ben definito), i veneti ribattevano che ognuna di queste discipline era invece indipendente e a sé stante, dimostrando che si poteva benissimo dipingere direttamente sulla preparazione della tela con larghe pennellate di abbozzo per incominciare a definire le masse ed i volumi dei soggetti dell’opera, preferendo così abbandonarsi alla pittura con la ricerca vera e propria del colore. Questa sana sfida filosofico-stilistica, fu un importante principio del successo della competizione artistica di questo secolo. Le commissioni delle corti reali europee erano quasi sempre indirizzate a pittori italiani chiamati spesso a ricoprire incarichi come artisti di corte. In questo secolo emergono in Lombardia, Veneto ed Emilia nuove tendenze stilistiche quasi in concomitanza con quanto accade nelle fiandre. I bresciani Savoldo (maturato nella laguna veneta), il Moretto ed il bergamasco Moroni, approdano con la loro pittura ad un nuovo tipo di realismo sicuramente meno ideale di quanto proposto dal classicismo di questo periodo, in cui alla tonalità degli sfondi in chiave alta fanno da contraltare tonalità più basse ricercate nelle terre e nelle ombre naturali e bruciate. Già Tiziano prima della sua morte, avvenuta nel 1576, era evoluto con la sua straordinaria esperienza pittorica in questa direzione, sebbene in maniera del tutto personale. Studiando la storia e la lunga evoluzione dell’artista veneziano, passato da una tavolozza iniziale di tredici colori ad una di soli cinque, ci si può fare un’idea della panoramica di tutta la storia dell’arte. La ricchezza cromatica del 1500 era passata con lui ad una sintesi di pochi colori in cui sfruttandone le innumerevoli sfumature e potenzialità nulla facevano rimpiangere, per atmosfera, le tele del pieno classicismo. Contemporaneamente anche la pennellata diveniva meno particolarista, mutando in una ricerca cromatica fatta di transizioni ed abbozzi cromatici stesi in vari strati e lasciati quasi in fase preparatoria. Il colore ed il modo strutturalmente spesso di stenderlo nella tela diviene, con Tiziano, un nuovo modo di interpretare il carattere del soggetto. In questo percorso vi è tutta la storia dell’arte ed i quadri di questo grande artista saranno ispirazione e coscienza anche per i nuovi pittori che traghetteranno l’arte del ritratto in un altro straordinario secolo di espressione, il 1600. Nel 1591 arriva a Roma un giovane lombardo già allievo di Simone Peterzano, artista maturato nella bottega di Tiziano a Venezia. Il giovane pittore, perciò di estrazione artistica lombardo-veneta, portava già con sé le esperienze pittoriche del naturalismo lombardo e dopo qualche anno di difficili esordi in varie botteghe romane, vide la propria pittura esplodere con grande fragore nell’occasione delle sue prime importanti commissioni. Codesto giovane era Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Tutto il 1600 sarà caratterizzato dalla sua pittura, fatta di cogliere cose e persone dal vero naturale attraverso il dramma della luce che caratterizza il momento fatto di contrasti chiaroscurali bilanciati da straordinari equilibri cromatici tipici della pittura delle sue origini. I suoi soggetti sono caratterizzati da una grande umanità, colti nello straordinario realismo dell’azione che stanno per cogliere. Caravaggio è il pittore dei moti dell’animo, il più grande drammaturgo del pennello che sia mai esistito e tutto ciò che dipinge (figure umane, angeli, santi e madonne), vanno contro il decoro dei canoni tradizionali che la controriforma cattolica impone. Caravaggio, per primo, insegna come muore un martire e non come dovrebbe morire, contravvenendo all’ideale con il reale. Nulla comunque può fermare questo ciclone di rinnovamento che si sta compiendo e che caratterizzerà e libererà gli artisti a venire dai classici schemi imposti dal passato. Saranno di questo secolo artisti come: Rubens, Rembrandt, Vermeer, Velasquez e Van Dyck. Pittori che interpreteranno con stili molto personali la ritrattistica del loro tempo. Rubens e Van Dyck, arrivati in Italia in momenti diversi attratti dalle ricche collezioni di quadri da studiare e dalle forti commissioni di ritratti delle corti, sono considerati italiani d’adozione. Il loro stile celebrativo ed encomiastico fu certamente quello che seppe meglio interpretare le esigenze del momento. La ritrattistica di Rubens è caratterizzata da una florida pittoricità che ricorda i lavori dei pittori veneti. Dame e nobili di corte sono dipinti con incarnati sensualmente madreperlacei e rubicondi: una pittura rivolta sicuramente al piacere istintivo dell’osservatore. Van Dyck fu invece alla ricerca più del realismo della materia epidermica con poche licenze ed il suo pennello seppe essere straordinario indagatore ed interprete del carattere e della personalità psicologica dei suoi soggetti con realismo toccante. La pittura di Vermeer, che come Rembrandt lavorò esclusivamente in Olanda, è invece caratterizzata da soggetti posti quasi sempre in interni vicino ad una finestra che distribuisce una delicatissima luce all’interno di una stanza. L’effetto dei suoi ritratti è qui profondamente diverso. Non sono più i soggetti a venirci incontro con il loro realismo, ma siamo noi a tuffarci in un’atmosfera onirica ed a ritrovarci coinvolti con personaggi sognanti che paiono distratti dalla nostra presenza nello svolgimento delle loro azioni, immersi in una quiete assoluta. Nello stesso momento, Rembrandt scrive una nuova pagina della ritrattistica. Quasi avesse assistito alla creazione delle opere tarde di Tiziano, la sua pittura e la stesura del colore si fanno più corpose e spesse divenendo quasi un bassorilievo cromatico. Le luci risaltano vivide negli sfondi bruni ricchi di terre, ocre ed altre sfumature calde e verdastre e le pennellate grasse vengono distribuite con piccoli colpi di dimensioni ridotte. Si trattò sicuramente di una ricerca artistica molto personale e senza compromessi, poiché le opere prodotte da Rembrandt nella sua fase più matura non erano certo indirizzate ai gusti di una clientela dai gusti descrittivi e fedelmente somatici. Struttura del colore e sensibilità cromatica delle luci e delle ombre furono comunque la chiave del successo di questo pittore. Altro grande maestro che caratterizzò la ritrattistica del 1600 fu sicuramente Velasquez. Visse el siglo de oro spagnolo insieme ad altri grandi artisti iberici, ma fu egli che investito della carica di pittore di corte della corona borbonica potè meglio esprimere e rappresentare la ritrattistica del suo tempo in Spagna. Già Carlo V ed i Borboni erano stati buoni committenti di Tiziano, sì che Velasquez ebbe l’opportunità di studiare da vicino a Madrid alcune opere del pittore veneziano ed apprezzarne così l’evoluzione. Nei suoi due viaggi in Italia ebbe poi la possibilità di approfondire le conoscenze sulla pittura italiana. Tornato a Madrid continuerà la sua produzione liberandosi di alcuni schemi, così come altri pittori prima di lui fecero in età matura. Rappresentò con le sue tele ed il colore la malinconica attesa del secolo d’oro spagnolo che andava scemando e perdendo quel potere che ne aveva caratterizzato gli anni tra il 1560 ed 1660. I molteplici ritratti eseguiti a Filippo IV ed a tutta la sua corte, in cui vi è una piacevole ricerca del colore come effetto, divengono col tempo sempre meno nitidi e abbozzati e le pennellate dei prestigiosi vestiti baroccati si fanno sempre più sciolte ed improvvise, lasciando trasparire la tela appena preparata con un impasto di terra di Siena, terra d’ombra e bianco. Il 1700 vede le corti italiane assogettate alle dominazioni straniere. Il centro economico-culturale non è più retaggio della penisola italica, ma delle nazioni europee più grandi, ormai divenute veri e propri imperi grazie alle loro colonie sparse in tutto il mondo. In Italia, la Serenissima merita un discorso a parte. Anche se il suo potere risulta indebolito, nella città lagunare c’è sempre spazio per le commissioni dei nobili e della borghesia veneziana che si esprimono anche negli affreschi delle nuove ville palladiane della terraferma. Sono di questo periodo artisti come Tiepolo, Longhi, Rosalba carriera ed il Piazzetta. Nelle arti, il nuovo modello è il neoclassicismo e la ritrattistica sembra tornata ai vecchi canoni celebrativi in cui si avverte anche il vezzo del rococò veneziano. Negli affreschi ritornano in auge i colori dalle chiavi tonali più alte, mentre nelle tele i toni più cupi del seicento vengono rialzati e le pennellate più volte si slegano dal manierismo. Negli affreschi del Tiepolo vengono celebrate allegorie mitologiche e Venezia viene impersonificata da una donna bella e prosperosa dipinta con toni squillanti. Sembra l’apogeo della luce e della magnificenza e nulla sembra presagire la fine della Serenissima per mano delle truppe napoleoniche allo scadere del secolo. Il Piazzatta merita una menzione a parte essendo l’unico a dipingere con diversa atmosfera. Dalle sue tele, preparate con fondo a base di Terra di Siena bruciata, emergono sfondi in chiave tonale bassa, mentre i soggetti sembrano risaltare illuminati delicatamente da raggi luminosi che penetrano l’aria. Atmosfera che ricorda il 1600, ma la leziosità dei movimenti e dei soggetti sono tipici della Venezia settecentesca. Nella scultura, Antonio Canova realizzando splendidi marmi neoclassici porta le nuove tendenze accademiche del fine ‘700 verso il romanticismo che già si stava sviluppando nelle arti e nella letteratura europea. In questo clima cresce un altro straordinario artista veneziano: Francesco Hayez. Dopo i primi studi svolti nella città lagunare (ormai memore dei fasti d’un tempo a causa della sua caduta per opera di Napoleone), trascorse la sua esperienza artistica tra Milano e Roma, città che sapevano meglio offrire committenze agli artisti che uscivano dalle accademie. Oltre ai ritratti eseguiti alla nobiltà e ad altri personaggi illustri della sua epoca, i suoi temi sono rivolti alle salienti vicende storiche, classiche e bibliche raccontate con straordinaria capacità coloristica, luminosa e da una pittura fatta di grande capacità disegnativa nella tradizione accademica del tempo. Verso il 1840, nelle accademie di Venezia, Firenze ed altre città italiane, come si respirasse un desiderio comune alimentato da una certa insofferenza al rigido achema del copione classico-romantico, si mise in luce una nuova generazione di giovani pittori. I Macchiaioli (così si chiamarono i proseliti di questa nuova disciplina artistica), dipinsero soprattutto paesaggi (ma anche ritratti), cercando di esaltare l’effetto della luce con i contrasti scenici e ricche pennellate cromatiche stese con freschezza unica. Il colore perciò torna ad essere il principale protagonista ancorchè la precisa linea accademica appena studiata nelle scuole d’arte. La macchia (da cui il loro nome), diviene così il tocco rapido steso di getto, dettato da una straordinaria conoscenza del colore e di tutte le sue sfumature, in cui si avverte la profonda coscienza di una ricerca pittoricamente realistica. Sono di questo momento: Fattori, Signorini, Lega, Borrani, Boldini, Favretto, Zandomeneghi, Nono, i Ciardi, solo per citarne alcuni. Contemporaneamente in Lombardia si sviluppa la Scapigliatura ad opera di altri due straordinari esponenti (Ranzoni e Cremona), che nei loro ritratti sembrano sposare le atmosfere romantiche del periodo con uno stile in cui i bordi e le linee sembrano sparire per dar vita a soggetti che vivono in fantastiche sfumature cromatiche senza confini definiti ed in cui il colore è veramente l’unico artefice dell’opera. L’Italia del tempo è però assoggettata alle dominazioni europee ed i primi moti popolari (che animeranno molti di questi artisti), portarono alle guerre d’indipendenza ed a sforzi economici che la nostra povera economia del tempo non poteva sostenere. Con un periodo in anticipo di dieci anni vivevamo comunque l’esperienza artistica che in Francia verrà chiamata Impressionismo e sarà proprio Parigi (capitale economicamente ricca e ponte tra vecchio e nuovo continente), ad ospitare i nuovi artisti italiani in cerca di quei consensi e di quel successo che non poteva essere riconosciuto in patria. Le biennali al Salon de Paris erano infatti l’esposizione più importante del tempo ed un ottimo trampolino di lancio a cui i pittori erano fortemente interessati. L’esperienza francese degli artisti italiani, al di là del successo e della fama che gli conferirono, non portarono comunque dei miglioramenti stilistici. Il francesismo adottato nelle loro nuove opere con pennellate troppo sciolte e allungate, faceva perdere la plasticità dei contrasti prima creati con sapienti fusioni di molteplici pennellate. Ma tant’è, la storia ha insegnato che un artista solo senza committenze e mecenatismo ha scarse capacità di espressione. Dei pittori italiani dell’ 800 restano comunque i loro straordinari quadri di ogni dimensione, anche se la storia dell’arte deve ancora riconoscere loro il giusto valore che meritano. A cavallo tra ‘800 e ‘900 la scena artistica assiste, tra nuovi stili e forzature, alla rivelazione di alcuni pittori che diranno (a volte solitariamente), qualcosa di nuovo nel campo dell’arte. E’ la volta di Klimt, artista di grande sensibilità che nel periodo d’oro dipinse con morbidezza sensualissimi ritratti di figure femminili ambientate in sfondi che paioni veri e propri mosaici. E poi Dalì con bellissime figure immerse nel suo surrealismo, od Annigoni in cui il manierismo fiorentino sembra rivivere nella modernità. Per restare ancora in Italia, Balla prefuturista, o Gola; ma la nuova repubblica francese post-imperiale aveva avviato un nuovo sistema economico-moderno scoprendo la forza dei nuovi media e la pubblicità al fine del business e del profitto. L’antico schema del binomio (artista + mecenate e committenza = opera d’arte) era retaggio del passato. Una nuova classe di imprenditori aveva fiutato l’affare e si imponeva come intermediario per la vendita dei nuovi prodotti artistici. Di lì a poco, anche le accademie, spinte dalle nuove tendenze, perderanno le profonde conoscenze delle tecniche pittoriche che avevano forgiato generazioni di grandi pittori. Il grande pathos emozionale, frutto di sensibilità e coscienza artistica che si respirava ammirando le opere dei grandi maestri del passato, sarà eredità del percorso personale e solitario di rari pittori figurativi che umilmente affronteranno dopo sperimentazioni personali un nuovo percorso artistico.
Pittura intitolato "Erica" da Jason, Opera d'arte originale
Erica - Pittura, 19,7x15,8 in ©2007 da Jason -
"Erica"

Pittura | 19,7x15,8 in

Non in vendita
Pittura intitolato "A mia madre" da Jason, Opera d'arte originale
A mia madre - Pittura, 27,6x19,7 in ©1982 da Jason -
"A mia madre"

Pittura | 27,6x19,7 in

Non in vendita
Pittura intitolato "Monica Bellucci" da Jason, Opera d'arte originale
Monica Bellucci - Pittura, 23,6x19,7 in ©2007 da Jason -
"Monica Bellucci"

Pittura | 23,6x19,7 in

Non in vendita
Pittura intitolato "Omaggio a Anna Magn…" da Jason, Opera d'arte originale, Olio
Omaggio a Anna Magnani - Pittura, 39,4x21,7 in ©2010 da Jason - Ritratto Anna Magnani ad olio su pannello
"Omaggio a Anna Magnani"

Olio | 39,4x21,7 in

Non in vendita
Pittura intitolato "Ilaria" da Jason, Opera d'arte originale
Ilaria - Pittura, 19,7x15,8 in ©2007 da Jason -
"Ilaria"

Pittura | 19,7x15,8 in

Non in vendita
Pittura intitolato "Ritratto bimba" da Jason, Opera d'arte originale
Ritratto bimba - Pittura ©2007 da Jason -
"Ritratto bimba"

Pittura

Non in vendita
Pittura intitolato "Michelle Pfeiffer" da Jason, Opera d'arte originale
Michelle Pfeiffer - Pittura, 19,7x27,6 in ©2007 da Jason -
"Michelle Pfeiffer"

Pittura | 19,7x27,6 in

Non in vendita
Pittura intitolato ""Rimmel"" da Jason, Opera d'arte originale, Olio
"Rimmel" - Pittura, 39,4x20,5 in ©2010 da Jason - "Rimmel" olio su pannello nero scabroso e cornice, cm. 52x100
""Rimmel""

Olio | 39,4x20,5 in

Non in vendita
Pittura intitolato "Emanuele" da Jason, Opera d'arte originale
Emanuele - Pittura ©2007 da Jason -
"Emanuele"

Pittura

Non in vendita
Pittura intitolato "Ilaria e Erica" da Jason, Opera d'arte originale
Ilaria e Erica - Pittura, 13,8x19,7 in ©2007 da Jason -
"Ilaria e Erica"

Pittura | 13,8x19,7 in

Non in vendita
Pittura intitolato "Nicole Kidman" da Jason, Opera d'arte originale
Nicole Kidman - Pittura, 27,6x19,7 in ©2006 da Jason -
"Nicole Kidman"

Pittura | 27,6x19,7 in

Non in vendita
Pittura intitolato ""Marlene"" da Jason, Opera d'arte originale, Olio
"Marlene" - Pittura, 35,4x25,6 in ©2010 da Jason - "Marlene" olio su pannello nero scabroso cm.65x90
""Marlene""

Olio | 35,4x25,6 in

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Pittura intitolato "Ritratto d'uomo" da Jason, Opera d'arte originale
Ritratto d'uomo - Pittura, 27,6x19,7 in ©2007 da Jason -
"Ritratto d'uomo"

Pittura | 27,6x19,7 in

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Pittura intitolato "Scarlet Johanson" da Jason, Opera d'arte originale
Scarlet Johanson - Pittura, 27,6x19,7 in ©2006 da Jason -
"Scarlet Johanson"

Pittura | 27,6x19,7 in

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Pittura intitolato ""Marilyn con cuscin…" da Jason, Opera d'arte originale
"Marilyn con cuscino" - Pittura, 29,5x49,2 in ©2009 da Jason - Olio a spatola su pannello
""Marilyn con cuscino""

Pittura | 29,5x49,2 in

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