In una significativa dimostrazione di solidarietà, quasi 200 artisti, curatori e critici sostengono il Palais de Tokyo in seguito al ritiro pubblico di un mecenate a seguito delle accuse riguardanti la posizione politica del museo. Questa controversia è nata quando un sostenitore di lunga data ha rotto pubblicamente i legami con il museo con sede a Parigi per aver ospitato una mostra che affrontava questioni legate alla Palestina.
Una lettera aperta, inizialmente pubblicata su Le Monde e ora distribuita dalla DCA, una rete di musei d'arte contemporanea francesi, esprime preoccupazione per le minacce alle “libertà istituzionali” in Francia. I firmatari affermano che “le nostre istituzioni culturali, come l’arte e gli stessi artisti, devono rimanere indisturbate per evitare l’estinzione”. Sottolineano l'importanza di operare in condizioni favorevoli allo scambio di idee, aspetto essenziale della loro missione.
Tra coloro che sostengono la lettera ci sono personaggi come gli artisti Éric Baudelaire, Camille Henrot, Thomas Hirschhorn e Pierre Huyghe; Emma Lavigne, ex direttrice del Palais de Tokyo; Alexia Fabre, curatrice della prossima Biennale di Lione; e il mercante d'arte Jocelyn Wolff.
La discordia viene da Sandra Hegedüs, ex membro degli Amici del Palais de Tokyo, che ha criticato il museo per una mostra che secondo lei presentava una visione unilaterale della lotta palestinese. Hegedüs ha accusato il museo di promuovere narrazioni che sostengono “ideologie sveglie, anticapitaliste e filo-palestinesi”.
Al contrario, Philippe Dian, presidente degli Amici del Palais de Tokyo, ha sostenuto che i visitatori non dovrebbero criticare i temi scelti dal museo. Guillaume Désanges, direttore del museo, ha difeso il suo ruolo nel promuovere il dialogo e nel collocare le questioni contemporanee nel contesto storico.
Il dibattito ha attirato l’attenzione dei media conservatori, con la rivista di destra Causeur che ha accusato il museo di diffondere “propaganda”. Questo incidente segna la seconda grande controversia al Palais de Tokyo in due anni, la prima riguardante un dipinto di Miriam Cahn, che ha dato origine ad accuse di promozione della pedofilia, accusa respinta dalla giustizia francese.
La lettera aperta ricorda anche la disputa sul lavoro di Cahn come un altro esempio di “targeting” dei musei, evidenziando le continue sfide che le istituzioni devono affrontare nel mantenere i loro mandati educativi e culturali nonostante le pressioni politiche.