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Alessandro Lisci

Back to list Added Dec 28, 2010

Alessandro Lisci e l'arte della fotografia

Maria Filippone Colonna
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 22 Aprile 2007, n. 454





La prima cosa che mi viene in mente pensando ad Alessandro Lisci è l'obiettivo della sua macchina fotografica rivolto al mondo per afferrarne la bellezza e all'umanità per conoscerla. E poi, in parallelo, mi vengono in mente Newton e Galileo con i loro cannocchiali puntati sull'universo per carpirne i segreti.
E questo perché la fotografia si colloca in una zona di confine tra più discipline umane: può essere strumento di conoscenza, di testimonianza, di denunzia e infine arte, o comunque un modo per rendere eterna la bellezza. A considerare le sue esperienze espositive, si ha l'impressione che Alessandro Lisci, tenda ad abbracciare tutte le potenzialità della fotografia, come dimostrano le sue due prime importanti mostre rivolte ad un pubblico aperto e intelligente.

Nella recente mostra sul deserto della California lo sguardo di Alessandro è come rapito dalla magia della bellezza femminile, messa in risalto dalla nudità del deserto californiano e delle grandi pietre levigate dal vento dei secoli, sculture naturali a contrasto con la fragile e flessuosa figura di donna ritratta da Alessandro. La purezza delle linee e dei veli che coprono il corpo femminile evocano, sia pure in contesti formali e naturali differenti, la Nascita di Venere, ove al mare su cui è poggiata la conchiglia, sia sostituito l'oceano del deserto e delle pietre: e il vento che nella Venere increspa le onde, nelle immagini di Alessandro muove i veli che coprono e rivelano la bellezza.

In una delle fotografie del deserto, che io definisco "Del cono d'ombra", il rigore dello stile ricorda il linguaggio essenziale della pittura metafisica. Nel grande trionfo della luce, a dominare è il cono d'ombra di un oggetto appoggiato sulla sabbia, intorno al quale si crea la profondità dell'immagine e del suo mistero.


Nel progetto espositivo "Wenzhou, la patria dei cinesi d'Italia" l'obiettivo di Lisci, in collaborazione con la penna della giovane moglie Angela, si impegna a 360 gradi in un'importante e approfondita inchiesta sulla nuova realtà della Cina in ascesa, ma ancora chiusa dentro drammatiche contraddizioni: e questo prendendo come punto di riferimento Wenzhou, capitale economica dello Zhejiang nella Cina del sud, città dalla quale proviene il 90% dei cinesi presenti in Italia.
Come testimoniano le foto di Alessandro Lisci, con un'ampia e significativa documentazione, in questo grande crocevia del commercio internazionale, convivono lo squallore della periferia e della miseria con lo splendore delle macchine di lusso dai vetri oscurati e dei televisori al plasma.

Angela Camuso definisce sinteticamente e intensamente la Cina «un paese in cantiere, dove si abbatte al suolo il vecchio e si costruisce il nuovo». Le case dei vecchi quartieri del centro vengono abbattute a colpi di martello, come si può vedere nella scultorea foto di Alessandro Lisci, che può essere definita un'icona della Cina nel momento di transizione dal vecchio al nuovo.

Alessandro Lisci è riuscito a descrivere con l'anima la dimensione della povertà che convive dolorosamente con la ricchezza soprattutto nelle foto di Wenzhou e di Shanghai, dove lo sguardo del fotografo si china con poesia e ammirazione sulle macerie da cui nasce un nuovo impulso di vita, grazie al "sogno cinese". Questo "sogno" è legato al mito della tecnologia, della bellezza e della griffe occidentale: di un Occidente che, paradossalmente, non è più capace di sognare.

Mi sembra che l'esperienza di Alessandro come fotografo e di Angela come giornalista ci abbia indicato una strada: anche l'Occidente deve ritrovare un sogno se non vuole andare incontro ad una decadenza lenta, forse, ma inarrestabile.

E possiamo dire che, per adesso, il sogno italiano sopravvive nell'atto di guardare con poesia un vecchio muro screpolato di Wenzhou, su cui sono appesi i panni ad asciugare, i bambini che lavorano nelle piccole fabbriche oscure, in violento contrasto con i grattacieli modernissimi che svettano nel cuore della stessa città e infine la bicicletta malmessa di Pechino, appoggiata su un muro di mattoni a calce. Quel muro è tappezzato dalla pubblicità di film con eroi ricalcati sul mito americano. Perché i sogni sono sogni, vanno dove li porta il vento dell'immaginazione.

Una giovane coppia ha viaggiato conosciuto e sognato, rivelando a noi, con parole e immagini intrecciate e in perfetta sinergia, la realtà di un paese in crescente sviluppo che si è affacciato con prepotenza sull'orizzonte internazionale e che non possiamo e non dobbiamo ignorare, se vogliamo rinascere dalle ceneri dell'ormai vecchia società dei consumi, per creare un mondo nuovo, adatto ai giovani che sono ancora capaci di progettare il futuro. E di progettarlo bello e funzionale, coniugando tecnologia e creatività.

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