Angry Again Immagine del profilo

Angry Again

Ritorna alla lista Aggiunto il 23 ott 2007

Nel sottosuolo

Nel sottosuolo

L’umana fragilità è fatta a brani. Squarciata, scomposta, fratturata. Oscenamente.
Qualcun altro ha giocato a dadi questi destini. E ha perso tutto con criminale indifferenza. Banalmente. Nascondendo i resti, poi il pensiero dei propri delitti efferati. Agli inferi si può discendere due volte. Con una violenza oscura e feroce che tortura, vendica, elimina, sotterra in nome di appartenenze contingenti, ragioni troppo distanti.
Omicidi sommari, sacrifici umani esige il dio intransigente delle persecuzioni. Follemente pretende tutto: corpo anima identità la memoria di chi resta. Ha mille bocche che chiamano foibe, questo dio criminale.
Nel sottosuolo c’è il freddo che non conosce calore. C’è l’olocausto della luce che cancella i volti.
Poi caverne, gallerie, antri, abissi verticali, tortuosità. Tombe, corpi decomposti. Ci sono uomini spezzati come marionette nel ventre della terra. Rigor mortis.
Si partorisce il buio in questi inferni. Nei sottosuoli delle coscienze assopite.
L’identità è inghiottita, negata dentro una tenebra densa, vischiosa di chi ha perso la speranza della luce, la pelle è un sudario bianco di pietra e terra, di terrore e d’ombra; gli occhi uno spillo torvo di oblio. Sono roccia e buco quei corpi, sono concrezione e ruvidità. I sepolti vivi muoiono per follia, non solo di fame di sete di terrore di vertigine di dolore di odio.
Per Andrea Cardia e Rocco Cerchiara non basta una fossa a tacere, a dimenticare. I morti possono tornare, possono debordare dalle fosse come orde di fantasmi a esigere il ricordo.
Come in una danza macabra, come un grido muto da abissi che non sanno più contenere. Né occultare. I volti che sono identità unica affiorano dai recessi della terra e del ricordo, si riconoscono le ferite, i segni, l’età. Serve il tempo e l’ammissione di un oblio collettivo. E fare archeologia spietata dentro le ferite di un popolo. E purificarle con acqua salata. Senza dimenticare la lacerazione. La catarsi passa solo attraverso la coscienza.
Post-it: la pittura ha il moto collettivo a restituire il ricordo, l’identità. A far luce dentro recessi oscuri e misteriosi, a comprendere. A lenire la brutalità attraverso una immagine evocata.
Non importano più l’appartenenza faziosa, le ragioni.
Resta solo la memoria che è l’unico tributo possibile. E il racconto. Per non permettere di nuovo l’orrore.



Simonetta Angelini per Andrea Cardia e Rocco Cerchiara.

Artmajeur

Ricevi la nostra newsletter per appassionati d'arte e collezionisti