Agatino Raciti Immagine del profilo

Agatino Raciti

Ritorna alla lista Aggiunto il 9 set 2015

Immortal Zugzwang | Ready to die? L’Armageddon della pittura by Eleonora Milani

Uno dei più grandi maestri degli scacchi Garry Kimovič Kasparov, sostiene che:
«A livello più alto, gli scacchi sono un talento per controllare cose prive di
relazione. È come controllare il caos.»
Come si controlla il caos? Non sarà forse un’infimo desiderio barbaro dell’uomo
dare forma a ciò che non si lascia mettere in forma?
Il gioco degli scacchi, apparente pedana regolata da ordine e controllo mentale,
regno d’opposti con le stesse possibilità di mangiare o essere mangiati, è su
questa scacchiera che il momento “mortale” del zugzwang accade. Sembrerebbe
un gioco di parole dadaista, il zugzwang è invece l’attimo d’aporia ludica in cui il
bianco o il nero stanno per soccombere all’altro. La partita delle partite quella
dell’Immortal Zugzwang anche per il pittore contemporaneo Agatino Raciti che
torna a regalarci momenti di intenso dramma pittorico sulle pareti del Palazzo
della Cultura a Catania, sua città d’origine e culla degli echi della tragedia greca,
influenze molto presenti nei temi dei suoi lavori. Un percorso, questo in mostra,
che rivela le radici artistiche di Raciti per poi esplodere negli ultimi lavori presenti
in questa sede.
Inscenare un ordine per poi romperlo, violentarlo; l’esplorazione della figura
umana e della carnalità che tradiscono la bella forma e che mostrano rimandi vivi
alle composizioni figurative di Cézanne, penso in questo momento a
L’Enlèvement del 1867, tela che esplora il tema del rapimento, caro alla mitologia
greca, attraverso un modo vivo e crudo nella resa delle due figure incastrate in un
equilibrio non precario che tuttavia restituisce le masse attraverso un plasticismo
rude. In Warriors (2011) ritroviamo la stessa tensione, cara al momento in cui la
figurazione cambiava in rapporto a sé stessa e allo sfondo, con l’aggiunta di
tonalità cupe che rimandano a una violenza ancestrale, con una carica di
erotismo evidente.
Il leitmotiv della mostra si carica di tre tonalità: il nero, il bianco e il rosso. Il
binomio degli opposti che si battono sulla scacchiera e il rosso, il colore che
sporca tutto, che aumenta il rischio e copre uno dei due “Re”. L’umanità è
costretta in un gioco in cui l’ordine lascia il posto al caos; i corpi di Raciti sono
pedine vive che si cristallizzano all’interno di una spirale drammatica di un tetro
avvenire.
Il teatro della mitologia greca è presente con Clitemnestra (2008), tela in cui la
figura femminile è deteriorata e soffoca all’interno delle sue membra il dolore di
madre ferita, consumata nei lineamenti e nella morbidezza in una modalità che
avvicina l’artista catanese alle sperimentazioni dell’Espressionismo Tedesco, ben
presente nei lavori che fanno parte delle serie Icon e Selfportrait.
Nei lavori più recenti presenti in mostra i corpi assumono una staticità e una
riduzione della silhouette maggiori, trasformandosi in acronimi dell’acronimo
zugzwang, suggerendo così una sorta di percorso immaginario e inesistente del
gioco in corso.
Un tragitto che tocca le corde del macabro quando si incontrano le tele della
serie LSD (Last Supper Drama); questa serie nelle versioni bianco, nero e rosso,
propone una rivisitazione della blasonata Ultima Cena. L’ironia e l’aspetto delle
tele, più vicine al Simposio che al tema biblico, si rivedono nella scelta della
composizione che, pur mantenendo l’iconografia tradizionale del tema che tocca
il suo acme nella rappresentazione artistica con Leonardo, è restituito attraverso
la raffigurazione di corpi rotondi e poco definiti, in un morbido gioco di masse in
grado di suggerire goffaggine. L’atmosfera bacchica si tramuta in queste tele in
qualcosa di oscuro, che copre anche quell’istante di tensione in cui nel cenacolo
si prefigura il tradimento. L’ultima cena è raffigurata dall’artista nelle due visuali,
quella frontale dei personaggi e quella del retro, ed è proprio in queste due
raffigurazioni appartenenti allo stesso momento che entra in scena l’apocalisse: la
guerra fra i due scacchi è iniziata, il bianco e il nero si contendono la tavola e il
bene non è che la faccia del male, le ali nere di Lucifero giocano con l’angelo
buono, le pedine sono ferme al punto in cui il conflitto non si risolve, resta
bloccato nel momento in cui si è “obbligati a muovere”.
Mitologia e dramma infondono le tele di Raciti il quale abilmente, attraverso un
uso forte e bestiale del colore gioca con i volumi di corpi dal sapore grottesco
spesso costretti in torsioni violente o coinvolti in un insieme di equilibri precari.
La simbologia cristiana e mitologica è tradita da nuovi sensi e allusioni che si
muovono a ritmo denso nei dipinti della serie LSD che sembrerebbe chiederci con
tono agghiacciante e sornione “indovina chi viene a cena?” cosciente di invitarci
dentro la rete di un gioco di eros effimero, lotta alla redenzione e vittime del
peccato.
Il momento del dessert si offre allo spettatore nel modo più crudo e vero,
nell’opera che chiude il cerchio della partita: è infatti con Last Supper Dessert
che Raciti tocca le corde del travestitismo e della mise en abyme del tema
cristiano. Una schiera di uomini e donne nudi siedono accanto alla figura
centrale, impersonata dall’artista stesso che diventa il guscio di due semi, uno che
rappresenta la purezza, l’altro il male. Ancora una volta e in una modalità che
non lascia più spazio all’ambiguità della pittura si avverte il senso di un momento
che ci obbliga a fermarci e osservare, tentando di capire chi farà scacco matto tra
il bianco e il nero, il bene e il male.

Artmajeur

Ricevi la nostra newsletter per appassionati d'arte e collezionisti